• - NICOLA DI PAOLO E FRANCESCO ZACCHI DETTO IL BALLETTA : DUE GRANDI ARTISTI DEL 1400 A TUSCANIA - Succede a Tuscania - Toscanella - 2019

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• - NICOLA DI PAOLO E FRANCESCO ZACCHI DETTO IL BALLETTA : DUE GRANDI ARTISTI DEL 1400 A TUSCANIA

Pubblicato da in Mauro Loreti ·
di Mauro Loreti (le foto sono di Ennio Staccini)
 
Nel 1426  Nicola di Paolo di Siena , faber ferrarius, fu chiamato a realizzare la cancellata che è da considerare un’opera che continua l’esperienza medievale ma  è già protesa verso il rinascimento.  Si trova nella Cappella dei Santi Martiri Protettori,  Secondiano, Veriano e Marcelliano,  all’interno  dell’antica chiesa di San Lorenzo , di cui notiamo la facciata di fronte al lato destro dell’edificio comunale.   Un’altra analoga,  eseguita nel 1436 dallo stesso e dai suoi figli,  si trova  nella cappella del palazzo comunale di Siena : infatti i quadrilobi sono identici a quelli di Tuscania.
 
Nel 1440 giunse a Toscanella Francesco Zacchi  da Viterbo detto il Balletta. Anch’egli come altri pittori nella Tuscia, si era formato sui pittori senesi e pisani: qui produsse  il trittico a due facce: in una c’è Gesù Redentore benedicente tra sua Madre e San Giovanni Evangelista e  nella cuspide l’Agnello Pasquale, nel retro c’è la Madonna orante tra San Giovanni Battista vestito di pelli e Santa Cristina da Bolsena  con il vaso,  un angelo cherubino ed altri due angeli musicanti. Si nota la Madonna inserita nella mandorla come la dipinsero gli aretini nella chiesa di Santa Maria Maggiore.
 
Questo trittico  si trovava anticamente in questa chiesa  dove ancora ammiriamo anche un  suo affresco della Madonna in trono col Bambino.  Alla fine del 1800 i dipinti furono spostati nella chiesa di San Lorenzo.  Ora tutti questi capolavori sono  nella Concattedrale di San Giacomo. L’arciprete Giuseppe Di Lorenzo nel 1883 scrisse che “pregevole per vivacità di colorito, ricchezza di contorni, dignità nelle figure, maestà nel partito di panni e di pieghe è la tavola … posta in un altare sulla foggia antica, distaccato dalla parete e visibile da tutti i lati. In questa pittura si rileva una maniera tanto più graziosa in confronto delle descritte pitture, più ordinata, meglio espressi gli affetti sicché pare che le figure abbiano vita; perché, a buon diritto, dobbiamo considerarla assai vicina alla terza età nella quale l’arte giunse al suo perfezionamento. Seduta sopra un seggio di porpora,  circondata da belle teste di serafini, che le fanno da sgabello, è nostra Signora assunta in cielo colle mani giunte innanzi al petto, nel di cui volto è ritratta quella onesta gravità e grazia che nella madre del figliuolo di Dio può essere fatta dall’arte.
 
Ha la veste di color rosa chiaro girata da ricca trina di oro; un maestoso ammanto, screziato con arabeschi di belle tinte e disegni,  le scende dal capo sulle spalle e, ripiegandosi maestosamente sulle ginocchia a larghe pieghe,  si diffonde sui piedi. Al lati della vergine sono due angeli di belle sembianze e vagamente vestiti: uno di essi suona il cembalo, un altro due liuti che sostiene con l’una e l’altra mano. A destra di nostra Donna è S. Giovanni Battista vestito d’un abito violetto scuro, sotto di cui si lascia vedere l’irsuta pelle che, a modo di cilizio, gli copre le membra.
 
A sinistra è S. Cristina: una grandiosa aureola di oro riccamente grafita dà bel risalto all’angelico di lei volto. Sopra la veste di color rosso assai vivace si spiega un ampio manto di color rosa che tutta e vagamente la circonda. Ha nella destra mano una palma, nella sinistra un vaso dorato nella di cui superficie si lascia vedere il sangue che essa versò nel suo glorioso martirio. Nella parte posteriore della tavola in aspetto maestoso e sereno è il Salvatore seduto, al di cui volto accresce splendore e grazia una doppia aureola dorata e grafita con vari disegni, nella quale è dipinta una croce greca di color rosso. Un manto a fondo d’oro con capricciosi arabeschi gli scende dal braccio sinistro e, ravvolgendosi dietro le spalle, riesce a destra a va  a cadere con maestosi seni sulle ginocchia e sui piedi.

Sostiene colla sinistra un libro fermato sul ginocchio, ha elevata la destra in atto di benedire. Qua e là intorno alla figura si vedono teste di serafini e, ai lati, due angeli con sembiante umile e devoto giungono le mani in adorazione. A sinistra del Salvatore è una figura per leggiadria di viso per regolare andamento delle vesti rimarchevole: tiene colla destra una penna quasi in atto di scrivere nel libro che, semiaperto, ha nella sinistra mano: sotto alla medesima è scritto a carattere gotico “ S. Ioannes Evangelista”.
 
Ma di care sembianze e di dolci affetti che si pajono in tutta la figura è l’immagine di nostra Signora dipinta su fondo d’oro a destra del Salvatore. Colle mani giunte in atto pietoso a lui è rivolta. Indossa una veste di color di rosa adorna di ricca frangia d’oro nobilmente grafita di tale espressione e grazia che si può ragionevolmente chiamare il vero ritratto della preghiera. Anche ai piedi  questa tavola è scritto “ S. MARIA MATER DEI”.
 
Nella chiesa di San Biagio c’era  l’affresco della Madonna in trono con Gesù Bambino con le dita in bocca   con ai lati due aquile in basso e due leoni in alto.  Anche questo ora è al Duomo . Il nostro concittadino Mario Tizi, studioso  della storia tuscanese  ha scritto che  qui “ la Madonna è raffigurata con un manto blu su veste rossa, ha una stella sulla spalla sinistra e siede su un marmoreo con tarsie cosmatesche. Il Bambino che sorregge con le braccia ha la mano destra benedicente e le dita della sinistra vicino alla bocca. La nostra attenzione è attirata dal gesto del Bambino che invita al silenzio, dai due animali che decorano i braccioli e dalla stella.
 
Quest’ultima allude alla luce di Dio che inonda la Vergine, la gratia plena dell’annuncio dell’angelo. Un’altra interpretazione è quella della cometa che guidò i Magi fino al Salvatore ed ambedue appaiono pertinenti. L’invito al silenzio era caratteristico delle iniziazioni ma il suo simbolismo possiede una semantica molto più profonda e rappresentava anche lo stadio di consapevolezza ancora in evoluzione. La presenza di aquile e leoni nel seggio della Vergine crediamo possa attribuirsi all’onda lunga di un simbolismo largamente usato nel mondo pagano che a Tuscania conserva il suo potere ancora nel Quattrocento.
 
Sia l’aquila che il leone sono animali solari e questo ci permette di collegarli al contesto storico-religioso espresso da Tuscania dove numerosi indizi ci consentono di ipotizzare diffusi culti solari. Non dimentichiamo che l’aquila è l’allegoria di Cristo che vede il Padre, così come accadrà per i redenti e che la sua funzione è quella di innalzare l’anima verso Dio, senza farla appesantire dal peso del mondo. La presenza dei due animali  nell’immagine tuscanese non può essere disgiunta dall’identificazione cara ai cristiani dei primi secoli tra leone, aquila, sole e Cristo, il vero sole che illumina ogni uomo.” Il Balletta è da considerare un pittore tardo medievale e tardogotico ed operò molto nella sua città, Viterbo, di cui fu anche consigliere e priore comunale.



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