• - IL FOTO…LAICO - IL PARERE DI UN VECCHIO CONTADINO MONTEBELLESE - Succede a Tuscania - Toscanella - 2019

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• - IL FOTO…LAICO - IL PARERE DI UN VECCHIO CONTADINO MONTEBELLESE

Pubblicato da in Blog Toscanella ·
 Uno scorcio di Montebello

Ricevo questa testimonianza da questo cittadino che esprime il suo parere sulle energie alternative e pubblico nel mio blog:

Alcuni parole raccolte sul web:
 
  • ACCORATO APPELLO AL NOSTRO PRESIDENTE ZINGARETTI.
  • Ecco un riepilogo fotografico della zona del territorio di Tuscania oggi a rischio di scomparire per via dei numerosi progetti energetici.
  • Sulle colline di Tuscania, invece di mantenere l'agricoltura e promuovere il turismo, vogliono portare 500 ettari di fotovoltaico.
  • Il suolo è un bene collettivo primario e non riproducibile.
  • Salviamo Tuscania dai megaimpianti energetici
  • Loc. S. Giuliano (Tuscania): un'ultima immagine crepuscolare... Un'allegoria del tramonto definitivo del magnifico paesaggio etrusco sotto i colpi della speculazione energetica più disgustosa,
  • una parte dell'Italia rurale da preservare, o meglio da salvare.
  • Insomma si rischia di consegnare ai nostri figli e ai nostri nipoti un tappeto di specchi che ucciderà la naturale vocazione economica di un territorio la cui economia per oltre un terzo è legata ad agricoltura e turismo
  • ecco un altro scorcio tipico del paesaggio rurale storico della Maremma e della Tuscia, qui conservatosi perfettamente: una quercia getta la sua ombra sul campo, ove le greggi andranno a riposare nelle ore più calde della primavera e dell'estate. Un paesaggio determinato dalla millenaria rotazione colturale dei campi, periodicamente utilizzati a seminativi o a pascolo o lasciati a riposo
  • Orizzonti bucolici a San Giuliano di Tuscania.
  • TUSCANIA NON SI TOCCA!
  • Nessuno può pensare sia giusto trasformare un territorio così bello e con tale potenziale agricolo e turistico, in una zona industriale destinata alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili
  • sconcerto  per  la  scarsa  consapevolezza  con  cui  ci  si appresta a sconvolgere un territorio antico e fragile.


Immagine di repertorio..
 
ALCUNI PENSIERI:
 
PAROLE. Queste sono alcune, molto poche per la verità, delle parole che da qualche tempo, quotidianamente e a ritmo martellante, invadono i commenti e riempiono pagine, appositamente create, dei social forum locali. Queste parole compongono interviste e comunicati stampa, convocano incontri pubblici, invocano interventi di autorità e scuotono le coscienze di tutti coloro che si preoccupano delle future generazioni. Spesso sono parole eleganti, ricche di retorica e con citazioni colte, in un post ho riletto con piacere anche l’Infinito di Leopardi. Ma se le leggiamo bene, se riflettiamo con attenzione sui contenuti composti da queste parole, una certa inquietudine non può non manifestarsi. Soprattutto quando si riflette sul fatto che questi testi manifestano l’avversione, quasi con spirito da crociata, alla costruzione di impianti fotovoltaici nelle campagne tuscanesi.  
 
LA PROSPETTIVA. Mi colpisce subito la prospettiva. Nel senso che tutte queste parole sono pronunciate osservando il paesaggio, la campagna, da lontano. Da una prospettiva ben distante dalla terra. La descrivono dall’alto, ne colgono gli aspetti bucolici, i colori, le sensazioni, le linee. Tra i numerosi autori di questi testi, e tra gli ancor più numerosi commentatori, non sono riuscito a riconoscere il parere di nessuno che osservi la campagna da una prospettiva diversa. Non c’è nessuno di quelli che la terra la vedono sempre a pochi centimetri dalla faccia, perché la schiena è piegata e fa male e non si riesce a sentirne l’odore. Di quelli che l’unico martellare che conoscono è quello della zappa. Di quelli che il suolo, “bene collettivo e primario”, lo hanno strappato, insieme ai loro nonni, ai sassi e ai rovi. Di quelli che hanno perso il conto delle albe e dei crepuscoli spenti dal sudore e dalla angoscia del domani. Di quelli che sono loro stessi questo paesaggio. Di quelli che se lo portano dentro e che lo lasciano affiorare solo negli occhi e nelle rughe. Di quelli che questo paesaggio lo modellano da generazioni, che lo hanno dipinto con le lacrime e con la paura. Di quelli che hanno riscattato queste terre pagando vite sacrificate, che del mare conoscevano solo il vento e non avevano mai visto le onde.
 
I CONTADINI. Tanti sono contadini a parole, pochi lo sono davvero. La terra a Tuscania ha sempre rappresentato il bene sicuro, la traiettoria che orientava intere generazioni, l’obiettivo di speranze tramandate attraverso le famiglie. Per i veri contadini la terra è la sposa e l’amante, il mondo nel quale piantare la propria vita. Oggi sono pochi i contadini perché il loro mondo è stato invaso dalla fame. Il latte versato dai pastori nelle strade sarde è solo uno dei tanti simboli di un’economia malata. E’ il sangue di un mondo pazzo, dove chi raccoglie guadagna niente e dove chi non ha le mani sporche di terra guadagna di più. Di un mondo dove l’Europa ha seminato illusioni con contributi ora sempre più dilazionati destinati a sparire per sempre.
 
Non si ascoltano parole indignate accanto ai pastori sardi. Non si ascoltano quando il grano viene venduto sempre a meno, o quando la grande distribuzione, da anni, strozza i contadini.
 
Tempo fa un regista straniero ha girato un film documentario intitolato “Days in Maremma”. Anche il trailer è linkato tra le ondate di post che alimentano questa vicenda. Ma il trailer non è sufficiente. Guardate il film per intero. E’ una testimonianza di uno scontro che non verte sulle diverse visioni ambientalistiche. A me appare come una vera e propria contrapposizione sociale, tra categorie sociali. Quella più genuina per me è sicuramente la parte dei contadini. E per partito preso si sta sempre con loro, con gli ultimi
 
La convenienza, l’opportunità, della produzione di energia attraverso gli di impianti fotovoltaici non mi interessa. O meglio non so esprimere un parere a proposito. Sicuramente è fondamentale il rispetto dei vincoli paesaggistici. Ma se i vincoli paesaggistici non ci sono perché invocarli? Perché imporli? Perché impedire ai legittimi proprietari della terra di ricavare sussistenza dal sole e dalla terra come hanno sempre fatto e come oggi non riescono più a fare? Perché impedirgli di assicurare non il futuro, ma il domani ai propri figli.
 
Mi sfugge il motivo di tutto questo accanimento, l’astio, lo spirito di crociata che esala da questa vicenda. L’estrema attenzione posta su questo particolare problema ambientale.
 
Per questo mi domando dove si rivolgono o se mai si sono alzate queste stesse voci, questi stessi occhi, queste associazioni matrici di parole, di fronte al problema dell’arsenico, o della raccolta differenziata, o della discarica, o dell’imbruttimento del centro storico, o di un turismo che è solo propaganda, o di un paese alla deriva sociale ed economica. Sono dieci anni e più che sento parlare del progetto sulla via Clodia, assisto a incontri e ascolto parole squillanti, ma purtroppo alla prova dei fatti sono parole che si sgonfiano subito, sono parole risultate vuote, lontane. Pronunciate dall’alto, dalla cattedra, parole che non coinvolgono. Parole pronunciate senza abbassare la faccia sulla terra, senza alla fine sporcarsi le mani. Possibile che il problema più grave di Tuscania sia l’impianto fotovoltaico a Pian di Vico, a Poggio della Ginestra e a Montebello?
 
A meno che, come spesso oggi accade, lo spirito di crociata che anima questa battaglia non nasconda altri interessi, legittimi ma privati, garantiti e velati dalla salvaguardia del paesaggio. Sarebbe l’ennesimo esempio di come gli ideali si piegano al particolare. Di come le parole talvolta assumano la stessa consistenza e lo stesso colore della nebbia.
Un vecchio contadino montebellese



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