● - BACKSTAGE – ARSENICO E VECCHI PROBLEMI (MAI RISOLTI). Di Nicola Savino - Succede a Tuscania - Toscanella - 2018


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● - BACKSTAGE – ARSENICO E VECCHI PROBLEMI (MAI RISOLTI). Di Nicola Savino

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Fonte: LaFune.eu
 
Gli ultimi dati diffusi da Arpa Lazio, dopo le rilevazioni effettuate dalla Asl, dimostrano che il problema dell’arsenico nell’acqua è tutt’altro che risolto. In ben 15 comuni della provincia di Viterbo (cioè uno su 4), la soglia massima è stata superata, in alcuni casi anche in maniera significativa. Non ci sono particolari distinzioni geografiche perché il problema colpisce praticamente ogni angolo della Tuscia. Nei primissimi posti della graduatoria dei peggiori Sutri, Fabrica di Roma e Nepi; poi a seguire Ronciglione, Farnese, Capranica, Villa San Giovanni; e ancora Tuscania, Bagnoregio, Vitorchiano, Civitella d’Agliano e Caprarola. Chiudono l’elenco Monterosi e Gallese, mentre a Castel Sant’Elia già da agosto è in vigore la non potabilità.
 
Una situazione complessa che obbliga i sindaci ad intervenire con ordinanze che vietano il consumo dell’acqua che fuoriesce dai rubinetti e che costringono i cittadini ad approvvigionamenti dalle casette idriche (dove ci sono) o a comprare l’acqua minerale. Problemi e costi che dovevano essere superati con i dearsenificatori installati a spese della Regione con costi elevatissimi sia per gli impianti che per la manutenzione. La scelta dei dearsenificatori non fu all’epoca condivisa dagli esperti del settore, in quanto si tratta di macchinari delicati e soggetti ad usura precoce. Per la precisione, va detto che questo sistema funziona bene solo se le tarature dei filtri sono sempre perfette: bastano spostamenti, anche piccoli, e la “pulizia” dell’acqua non è più perfetta.
 
Non è dato sapere quanto fino ad oggi siano costati i dearsenificatori: sicuramente si è nell’ordine di diverse decine di milioni di euro. Cifre importanti per un metodo che non garantisce affatto una soluzione efficace e duratura. Va anche ribadito, per amore di verità, che Zingaretti e l’allora assessore Refrigeri, ereditarono la patata bollente dalla Polverini e, con l’irrigidimento da parte della Ue che aveva concesso già diverse proroghe, furono costretti a trovare una soluzione che evitasse la procedura di infrazione da parte di Bruxelles. E così si scelse la strada più breve, ma pure la più costosa: in tutta la Regione, se ne installarono un’ottantina per una spesa complessiva di oltre 35 milioni di euro, ai quali vanno aggiunti quelli per la manutenzione (pure molto costosa).
 
Ma l’opinione dei tecnici è di tutt’altro segno: per risolvere il problema dell’arsenico, l’unica strada davvero utile è miscelare le acque. Cioè mescolare quelle che contengono il veleno con altre che ne sono prive, in proporzioni variabili  in base alla quantità di arsenico presente. Il problema è che la politica (d’ogni colore) spesso non percepisce i consigli delle persone che hanno studiato i problemi e che cercano una soluzione con proposte serie. E allora nel Lazio e quindi anche nella Tuscia, non è stata scelta la strada del mix, sollecitata ripetutamente dagli esperti della materia, ma quella dei dearsenificatori. Che è molto più costosa sia nella fase di installazione sia in quella successiva della gestione e della manutenzione.
 
E intanto, le bollette si pagano senza sconti per un prodotto che non è potabile.
Nicola Savino



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