Dal Corriere di Viterbo del 23/03/2018
I dati di Asl e Arpa Lazio confermano la presenza di fluoruro e arsenico sopra la norma. A febbraio le località erano 13.
A febbraio erano 13. a marzo sono diventati 15. Aumentano, anziché diminuire, i comuni della Tuscia tuttora alle prese con le acque contaminate da arsenico e fluoruri a otto anni dalla fine delle deroghe concesse dall'Unione europea. A questi 13 vanno aggiunti altri 15 paesi border line, dove cioè i valori sono al limite. In sintesi: quasi la metà dei centri del Viterbese ha ancora un problema. In alcuni di questi sono da anni in vigore ordinanze di non potabilità, a cominciare da quello di Nepi, dove i potabilizzatori, a quanto pare per problemi di portata, non riescono ad abbassare le concentrazioni di entrambe le sostanze. 1 dati sono quelli ufficiali pubblicati dalla Asl di Viterbo e relativi ai controlli a campione eseguiti ogni mese dall'Arpa Lazio. Gli unici che facciano fede, gli unici a cui i sindaci devono attenersi per le ordinanze.
Tra i comuni che sforano c'è anche Viterbo, dove nel solito acquedotto di Pratoleva, quello che alimenta la Teverina e le frazioni di Sant'Angelo. Roccalvecce, Grotte Santo Stefano e Fastello, il valore dei fluoruri è inchiodato a 1,65 (il massimo consentito è 1,50). Per quanto riguarda l'arsenico, nel serbatoio 3000 del capoluogo la concentrazione è invece al limite (10 microgrammi).
L'arsenico continua a contaminare anche le acque di Bagnoregio, Capodimonte, Castiglione in Teverina, Civitella d'Agliano, Fabrica di Roma (record assoluto nell'acquedotto di Faleri: 43 µg). Farnese, Marta, Monte Romano. Ronciglione, Tuscania e Villa San Giovanni in Tuscia. Troppi, a distanza di tre anni dall'entrata in funzione dei dearsenificatori finanziati, con oltre 20 milioni di euro, dalla Regione Lazio. "Il problema è ancora lontano dall'essere risolto", attacca Paola Celletti del comitato "Non ce la beviamo", che domani scenderà di nuovo in piazza, stavolta a Roma, in occasione della giornata nazionale per l'acqua pubblica indetta dall’omonimo forum.
"I dearsenificatori erano necessari ma, se hanno abbassato i valori, non hanno però risolto il problema alla radice. A Viterbo il sindaco Michelini - continua la Celletti - in occasione di un nostro sitin sotto il Comune aveva promesso di finanziare uno studio dell'Università della Tuscia per individuare nuove sorgenti decontaminate, ma tutto è rimasto lettera morta. Nel frattempo in alcune zone della città si registrano ancora sforamenti nei fluoruri, sulla base dei quali, a rigor di legge, andrebbe emanata un’ordinanza di non potabilità". Il comitato segnala poi il problema dei comuni che non hanno aderito a Talete - da Fabrica di Roma a Tuscania, da Montalto a Grotte di Castro - e che pertanto non hanno mai beneficiato dei finanziamenti regionali per la costosa manutenzione dei dearsenificatori. "Una intollerabili discriminazione tra cittadini - conclude Celletti - a cui va messa fine".
Ciò probabilmente avverrà, ma non perché la Regione aprirà i rubinetti ai comuni "ribelli" ma perché li chiuderà anche a Talete, costringendo la società idrica a scaricare i maggiori costi sul solito Pantalone.
Massimiliano Conti