ASSOCIAZIONE CULTURALE ‘’TUSCANIA NUOVA’’
I SARCOFAGI DIMENTICATI
“FALSI D’AUTORE”
Tra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento si fece sempre più febbrile in Etruria l’attività dei mercanti d’arte romani probabilmente stimolati dalla crescente domanda proveniente soprattutto dal mercato statunitense che mirava ad arricchire i nuovi musei che andavano via via nascendo.
In questo quadro si inserisce il caso di cinque sarcofagi in tufo dipinti, rinvenuti in quegli anni in Etruria.
Tra il 1903 e il 19017 furono visti e pubblicati da molti studiosi che li giudicarono nei modi più disparati: F. Von Stryck ritenne uno di questi (quello a Berlino) uno straordinario esempio di arte etrusca arcaica, come fece pure L.A. Milani, mentre A. Rumpf, dopo un attento studio, arrivò a concludere che le pitture dei sarcofagi erano false.
Dopo il 1917 comunque, i cinque sarcofagi verranno dimenticati fino al 1991, quando Maria Paola Baglione, professore associato della facoltà di scienze umanistiche dell’Università di Roma La Sapienza, in un interessante articolo sull’attività dei mercanti d’arte romani nel XIX secolo, tornerà ad occuparsi di loro. Ad ogni modo, quello che sino ad oggi il grande pubblico ha ignorato, è che tre di questi furono, probabilmente , rinvenuti a Tuscania. Ma andiamo con ordine, perché vale la pena raccontare questa storia che ci permette di gettare un rapido sguardo in un mondo ormai tramontato dove le concezioni di archeologia o di patrimonio culturale appaiono lontanissime dal nostro attuale modo di pensare.
Nel 1898 compare, nel museo di Berlino, un grande sarcofago in tufo riccamente dipinto, al quale abbiamo già accennato, per il quale era indicata la provenienza da Civita Castellana; in quello stesso anno era stato acquistato da Ludwig Pollak, insieme alla famosa tegola di Capua, presso i fratelli Antonio ed Alessandro Jandolo, noti antiquari romani. Un secondo sarcofago, molto simile al primo e altrettanto falso, arriva nel 1912 a Lipsia proveniente da Londra: andrà completamente distrutto durante i bombardamenti dell’ultima guerra. In un articolo di F. Tarbell del 1917 dove l’autore parla del rinvenimento di questo gruppo di sarcofagi, è riportata parte di una lettera di Alessandro Jandolo ad E. Ayer secondo la quale questo sarcofago era stato acquistato, forse, da un famoso commerciante di birra di Copenhagen.
Gli altri tre, acquistati sempre da E. Ayer, arriveranno a Chicago, al Field Museum of Natural History dove sono tuttora conservati, due nel 1899 e uno nel 1911. Nella stessa lettera sopra citata, Alessandro Jandolo dichiara di aver acquistato i cinque sarcofagi con suo fratello Antonio, nelle vicinanze di Toscanella.
M.P. Baglione nel suo studio, dopo un attento esame, conclude che anche gli esemplari di Chicago sono il prodotto di un falsario che attinge a vari repertori iconografici tratti sia dalla ceramografia che dalle pitture tombali di epoche diverse. Le numerose riproduzioni fotografiche di Moscioni ed Alinari alla fine dell’800, rappresentavano di certo una fonte di modelli di facile accesso per i falsari che ricorrevano spesso a questo stratagemma per “impreziosire”, dal punto di vista commerciale, oggetti altrimenti poco interessanti. E’ proprio il figlio di Antonio Jandolo che racconta questo procedimento nel suo libro di memorie pubblicato nel 1935.
Sempre secondo M.P. Baglione i tre sarcofagi potrebbero essere pertinenti ad un unico contesto di provenienza e le loro caratteristiche formali sembrano ricondurre a produzioni dell’area falisca.
Se è vero comunque che la prima indicazione di provenienza fu proprio Civita Castellana, è pur vero che questa fu fornita solo per il sarcofago di Berlino. L’indicazione di Toscanella non va forse completamente scartata; questa è comunque da mettere in relazione, come opportunamente fa notare la Baglione, con un’attività da parte dei fratelli Jandolo, esercitata sicuramente anche in questa zona grazie ai rapporti personali che li legavano a personaggi come Francesco Mancinelli Scotti che compì numerosi scavi nel territorio di Tuscania.
Il professor Richard De Puma dell’Università dell’Iowa, si è occupato a più riprese dei materiali etruschi presenti nei musei americani e pubblicherà presto anche quelli conservati nel Field Museum di Chicago: ad una nostra richiesta di notizie sui sarcofagi egli, tra l’altro, asserisce: ”Sono questi gli unici oggetti di Tuscania presenti nel Field Museum…”
Un’affermazione che sembra non voler mettere la parola fine a questa vicenda ma lascia forse spazio a nuove ipotesi di studio.
Dott.ssa SARA COSTANTINI.