Ricevo dall’arch. Stefano Brachetti e pubblico nel mio Blog nella speranza che il messaggio venga raccolto da chi di competenza. Luigi Pica.
All’indomani del terremoto del 6 febbraio 1971, Tuscania appariva più ricca di oggi: più ricca di beni storico-artistici, più ricca di infrastrutture, più ricca di progetti. Per assurdo, il terremoto, sembrava non aver menomato la ricchezza e le potenzialità della città, ma averle esaltate, “tirate fuori”. Poi, vuoi per l’incapacità amministrativa locale, vuoi per la discontinuità dei supporti offerti dall’amministrazione centrale, vuoi per il progressivo travolgimento della crisi (assai anticipata in un paese fondato, economicamente, sull’agricoltura) non solo lo sviluppo della città si è bloccato, ma è addirittura regredito.
I monumenti restaurati dopo il sisma sopravvivono in uno stato manutentivo assai precario; opere d’arte e beni storico-artistici continuano a scomparire per furti, abbandoni o deperimento; le infrastrutture sono parzialmente inutilizzate inutilizzabili e comunque non più adeguate se non a costi insostenibili per l’economia locale.
Per fermare tutto questo ed invertire la tendenza si rende necessaria un’azione determinata e forte sulla struttura fisica della città. Questa azione potrebbe essere compiuta facendo convergere le esigenze funzionali con il recupero degli strappi presenti nel tessuto urbano. Ovvero con un progetto articolato realizzabile per lotti e dilatabile in un arco temporale significativo (e quindi economicamente più sostenibile e tecnicamente semplificabile) che preveda una serie di recuperi e rifunzionalizzazioni.
Non è questo l’ambito dove elencare tutte le strutture da recuperare, né dove specificare le molteplici funzioni individuate, ma si vuole porre l’accento su due elementi che rientrano pienamente nel progetto bellezza@governo.it.
Si tratta di due complessi architettonici che, per loro natura, costituiscono un rilevante patrimonio culturale (contemporaneamente storico, artistico e paesaggistico) e che contengono – in nuce – le potenzialità per rispondere ad istanze culturali della comunità di Tuscania.
Le due strutture sono l’ex Convento di S. Agostino e l’ex Palazzo Vescovile (già Donnini). Per ambedue le strutture, i proprietari stanno pensando alla vendita, ma con quale utilizzo? E con quali conseguenze per uno dei centri storici più preziosi d’Italia?
L’ex Convento di S. Agostino sorge al centro della città, sulle mura urbane medievali, caratterizzando la veduta da ovest (ovvero dall’ingresso principale) della città storica. È un complesso di origine medievale che ha conosciuto una serie di interventi interessanti nella seconda metà del Quattrocento e sullo scorcio del Seicento; risulta formato da una chiesa ad aula unica e da una serie di ambienti organizzati attorno ad un caratteristico chiostro. Fu convento agostiniano, quindi seminario diocesano, poi scuola, poi ricetto di rifugiati durante le Guerre Mondiali. Al suo interno venne ospitata la prima biblioteca pubblica della città.
L’ex Palazzo Vescovile sorge al centro della città storica, in posizione dominante, da dove dialoga direttamente con il più importante gioiello artistico di Tuscania (e non solo) la chiesa di S. Pietro. Il suo complesso, formato dal palazzo vero e proprio, le scuderie e circondato da giardini, ne fece la dimora privata più significativa della città che, dal 1651 – per volere testamentario dell’ultimo proprietario – venne destinata alla residenza dei vescovi pro tempore. L’immagine che di Tuscania si ha dal Colle di S. Pietro è vincolata all’aspetto di questo edificio e, viceversa, da questo edificio si ha un’immagine unica del complesso ecclesiastico extraurbano. Al di là del valore storico, c’è quello paesaggistico che lo rende un elemento preziosissimo della città.
Ma cosa farne? Ebbene, se Tuscania possiede – da un lato – questi due complessi significativi in stato di abbandono ed il cui riutilizzo futuro dovrebbe essere vagliato attentamente al fine di mantenerne l’importante ruolo urbano e salvaguardarne i caratteri storici ed artistici loro propri, dall’altro, sempre a Tuscania, esiste l’esigenza di trovare una sede congrua ad una serie importanti di attività culturali che, in questi due luoghi, avrebbero la loro dimora ideale.
Un primo gruppo di funzioni riguarda il consistente patrimonio bibliografico ed archivistico della città. L’attuale Biblioteca Comunale ha un’intensa attività culturale e svolge una serie di attività di altissimo valore sociale ed educativo, ma non dispone di locali idonei. Attualmente infatti ha sede nell’ex Chiesa di S. Croce, location bellissima ma inadeguata: gli ambienti destinati a sala di lettura non sono accessibili ai disabili, così come la sala conferenze; l’Archivio Storico Comunale, che ha sede nello stesso complesso, non è ospitato in ambienti atti alla conservazione delle preziose testimonianze del passato tuscanese (pergamene e documenti cartacei dal XII sec. ad oggi) né, anche questo, risulta accessibile ai disabili. Lo spazio a disposizione delle numerose attività che vengono svolte, spesso solamente per l’alta sensibilità del bibliotecario e l’impegno di associazioni culturali, non hanno spazi sufficienti per poter essere espletate appieno senza interferire una con l’altra.
A Tuscania esiste poi un altro importante e prezioso archivio annesso alla ex cattedrale: si tratta del complesso degli Archivi Ecclesiastici di Tuscania anche questi con testimonianze dall’età medievale ad oggi. Poi si sa che gli archivi tendono a crescere nel tempo: dove andranno i vari archivi correnti attuali? Quello del Comune, quelli delle parrocchie, quelli degli enti pubblici (Ente asilo, ad esempio)?
Per finire, esiste ancora il fondo della prima biblioteca pubblica di Tuscania, che era quella a disposizione del Seminario Diocesano e che oggi è in deposito, parte al CEDIDO di Viterbo e parte presso il complesso di S. Maria della Quercia sempre a Viterbo, un fondo librario che va dal 1500 al 1800 di circa cinquemila pezzi.
Sarebbe ideale riunire questo patrimonio archivistico e bibliografico e tutte le funzioni che ruotano attorno nell’ex Convento di S. Agostino. Differentemente alle sedi attuali, tutto il piano terra del convento e la chiesa, sarebbero accessibili ai disabili ed hanno spazio sufficiente per tutte le attività che vengono svolte attorno a questo patrimonio. Al secondo piano potrebbero ospitarsi i vari archivi cittadini, ognuno con i suoi ambienti ben individuati. Si unirebbe così il recupero del complesso alle economie di scala nella conservazione e gestione dei fondi archivistici e librari, facilitandone conservazione e consultazione e creando gli spazi idonei per le attività didattiche che oggi faticano ad essere svolte nelle sedi attuali.
Un secondo gruppo di funzioni, sempre legato all’attività culturale, vede coinvolto il cospicuo patrimonio storico artistico della città oggi più che mai in grave pericolo di dispersione. Senza entrare in merito ad una serie di atti che stanno spogliando la città dei suoi beni (oltre che furti e distruzioni), poniamo l’accento su alcuni aspetti.
Innanzi tutto il bellissimo Museo Nazionale Archeologico di Tuscania, progettato negli anni Settanta per ospitare il materiale antico e medievale proveniente dagli scavi, si trova – per la ricchezza dei ritrovamenti – a non disporre di spazi sufficienti per ospitare i reperti delle due epoche, per cui la sezione medievale è ancora nei depositi. Molto altro materiale poi, si trova in depositi esterni, quindi assai maggiori sarebbero le sue potenzialità se avesse altri spazi dove esporre. A seguire c’è tutta una serie di opere d’arte che, in conseguenza ai restauri novecenteschi di diverse chiese e – ancor di più – in seguito ai restauri post-sisma, hanno perduto la loro sede originaria e non hanno spazi idonei alla loro conservazione.
A questi si affianca tutta una serie di arredi liturgici (anche preziosi), paramenti, etc. che oggi restano depositati in sagrestie e magazzini, spesso non idonei alla loro conservazione, ma che per il loro valore storico, artistico ed etnoantropologico, meriterebbero di essere conservati, esposti e fruiti dagli studiosi. Infine, manca a Tuscania, uno spazio atto alle esposizioni temporanee o alle attività didattiche legate allo studio dell’arte antica e contemporanea (Tuscania è residenza di molti artisti di fama internazionale, viene richiesta spesso per ospitare i corsi estive di accademie italiane e straniere, etc.). Tutte queste funzioni si potrebbero raccogliere nell’ex Palazzo Vescovile, dove si potrebbe allestire la sezione medievale del Museo Nazionale Archeologico, una sezione ospitante il Museo Civico Diocesano, una serie di spazi da destinare alle esposizioni temporanee ed, infine, nelle ex scuderie del palazzo, laboratori artistici.
Tuscania, 26 maggio 2016
Stefano Brachetti