Fonte: ViterboPost.it
L’opinione comune dalle parti del centrodestra, ma non solo, è che la Regione si sia voluta “vendicare” di quei comuni che non sono entrati in Talete Con una precisazione doverosa; nella società (pubblica) di gestione idrica fra la trentina e passa di amministrazioni che non mai voluto metter soldi in quel carrozzone che nel corso degli anni è diventato Talete ci sono giunte di ogni colorazione politica: dai centristi di Tuscania, ai forzitalioti di Montalto di Castro, a Corchiano, Vitorchiano e Gradoli da anni governate dal centrosinistra. E questo solo per citare i primi nomi che vengono in mente. Così come, quote dell’azienda sono nelle mani di comuni ugualmente amministrati da coalizioni di ogni genere. Tanto per dire, Viterbo vi entrò con Gabbianelli sindaco e Marini presidente della Provincia e vi è rimasta con Michelini primo cittadino. Insomma, la scelta o meno di partecipare è assolutamente bipartisan. E le proteste pure.
Al centro dell’attuale contendere la vicenda dei dearsenificatori, installati dalla Regione nei primi mesi dello scorso anno, dopo che l’Unione europea aveva ripetutamente sollecitato il Lazio ad adeguarsi alle normative vigenti che prevedevano limiti severi alla concentrazione di arsenico nell’acqua potabile. Con la minaccia di pesanti sanzioni qualora non si fosse provveduto e visto che di proroghe ce n’erano state già abbastanza. Insomma, la Pisana spende una paccata di milioni, impianta i costosi aggeggi e li gestisce per l’intero 2015. Con tanto di spese annesse. Solo che adesso siamo ormai nel 2016 e da Roma non hanno più alcuna voglia di pagare la manutenzione e il funzionamento di quelle macchine: roba da 200mila euro l’anno, fra annessi e connessi, per ogni impianto. In totale, un bel pacchetto di milioni (di euro, naturalmente).
A questo punto, siamo negli ultimi giorni del dicembre scorso, ai Comuni che non sono in Talete arriva una lettera. Mittente? La Regione Lazio, of course. Con una intimazione molto chiara: o prendete voi direttamente in gestione i dearsenificatori (impensabile, visti i costi elevati che nessun Comune italiano può permettersi) oppure il servizio passa a Talete. E voi, cioè i cittadini, dovete pagare i costi, anche se noi daremo un contributo alla società per le spese. Deduzione libera, ma logica: il presidente Zingaretti e il fido assessore Refrigeri un po’ di soldi sono disposti a tirarli fuori, ma non intendono fare sconti alle amministrazioni comunali che non ne hanno mai voluto sapere di entrare in Talete.
“E’ inconcepibile – interviene Fabio Bartolacci, sindaco di Tuscania – quello che sta accadendo. Anzi inaccettabile. La Regione farà pagare due volte l’acqua ai nostri cittadini: una volta per il servizio idrico vero e proprio e l’altra per la dearsenificazione. Noi abbiamo risposto per le rime alla missiva romana: vedremo come andrà a finire”. Come si dice in Val d’Aosta: cornuti e mazziati. Da segnalare ancora che qualche mese fa, la Regione sembrava aver imboccato la strada del pugno di ferro verso quelle amministrazioni che si erano rifiutate di aderire a Talete, minacciando addirittura il commissariamento. Che fine hanno fatto quei propositi? Non si sa. Certo è che allora ci fu una sollevazione con tanto di ricorso a Tar da parte di alcune amministrazioni. Oggi, quando ormai di tempo ne è trascorso parecchio, i propositi bellicosi sembrano finiti in chissà quale polveroso cassetto degli uffici di via della Pisana.
Su questa vicenda, che già di per se è abbastanza anomala (quanto meno denota parecchia approssimazione), se ne inserisce un’altra, che apparentemente non c’entra nulla. “Il 22 gennaio scadono i termini – fa sapere Silvia Blasi, tarquiniese e consigliere regionale del Movimento Cinquestelle – per la valutazione della proposta di Acea Spa di fondersi con Acea Ato2 e Acea Ato 5, gestori del servizio idrico delle province di Roma e Frosinone e dal giorno dopo, grazie al silenzio assenso, potrebbe mettersi in piedi questa operazione che svilisce il senso della legge popolare sull’acqua pubblica”. E allora? Qual è il problema per Viterbo? Risposta pronta sempre della Blasi: “Acea Spa già controlla i gestori di Toscana e Umbria e ha mire su Acqualatina e sul Ato 1 di Viterbo. Se si realizzasse anche questa fusione ci troveremmo davanti a un monopolista, ovvero l’esatto contrario di quanto auspicato dalla legge 5. La Regione dovrebbe intervenire prima della scadenza, difendendo la legge approvata dal Consiglio, ma finora si è dimostrata assolutamente immobile sul tema, come dimostrato dai continui rinvii della discussione sulla proposta di ridefinizione degli ambiti di bacino”. Conclusione dell’esponente grillina: “La Giunta e il Pd laziale devono essere chiari, spiegando se il loro obiettivo è affidare tutto in gestione ad Acea o rispettare la volontà popolare. Centinaia di migliaia di cittadini, attivisti e membri dei comitati per l’acqua pubblica aspettano una risposta diversa da quella che la cronaca sta formulando, nell’indifferenza di Zingaretti e dei suoi assessori”.
In sintesi, il fantasma di Acea che continua ad aleggiare su Roma, su Frosinone e, forse, anche sulla Tuscia. E io pago, come diceva Totò…
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