E INVECE BANCHETTANO.
Con un rapporto debito/pil del 118,4% ed una congiuntura economica mondiale non certo espansiva, Silvio Berlusconi non può proprio incantare più nessuno.
Prassi vuole in questi casi, che debba essere il premier ed il suo partito a pagare dazio, così come confermano i sondaggi.
Nessuno vuole veramente andare alle elezioni, perché il trend non indica nulla di deciso, sopratutto poiché non esiste una forza capace di attrarre il forte astensionismo previsto.
Si vive alla giornata, si "traccheggia", si "tira a campare", nell'attesa di un evento favorevole, di un "coupe de theatre", ancor meglio di un colpo di fortuna.
In questi casi potrebbe essere un avviso di garanzia.
Il massimo che ci si poteva aspettare da una ripresina economica drogata dagli aiuti statali è già avvenuto, già successo; al più ora possiamo solo sopravvivere, aspettando che prima o poi succeda il "disastro".
Si continuano a far discorsi inutili e fuorvianti, dimenticando che il vero costo di questa democrazia "cancerogena", sono i 60 miliardi annui sottratti al paese dalla corruzione di fatto endemica.
Ma se anche fossero appena la metà, saremmo comunque di fronte ad una manovra finanziaria gigantesca per dimensioni.
Sommando questo ai sicuri 70 miliardi annui che la nazione è costretta a pagare per rifinanziare il debito pubblico, ci troviamo davanti ad una zavorra, ad un handicap non più sostenibile.
Malgrado le barzellette e l'ottimismo del premier e della sua misera servitù "tinta" e "ossigenata".
Un governo serio, o che si ritenesse tale, saprebbe benissimo "dove" tagliare ; innanzitutto l'organico della sua corte e dei suoi maggiordomi.
E invece l'unica cosa che fanno è banchettare a Roma in piazza Montecitorio.
Alemanno, la Polverini e Bossi, banchettano molto probabilmente aspettando che arrivino i nuovi barbari o semplicemente che arrivi la fine.
Luigi Cardarelli