Marcello Lippi ed i suoi ricchi "soldati" tornano a casa, come Napoleone dopo il disastro della Beresina; sconfitti ma soprattutto umiliati Non ci strappiamo certo le vesti per la nazionale, non ci strappiamo certo i capelli per uomini che guadagnano milioni l´anno.
Tanto questo ormai non è più neanche uno sport, ma solo fiction e spettacolo superpagato. Almeno finirà sui media questa videocratica e massonica celebrazione di uno pseudopatriottismo, commerciale e stantia, di tutti i tanti italiani che con la "Patria" ci vivono bene, ci sguazzano alla grande.
Dai militari in missione strapagati, ai soloni istituzionali, ai dipendenti Rai ed ai burocrati di Stato, tutti diventati opportunisticamente, da un paio di decenni a questa parte folli adoratori del tricolore: in specie quando paga stipendi d´oro.
Si direbbe che i milioni di poveracci e lavoratori veri, non sappiano proprio cosa farsene della patria e della bandiera, quasi fossero anch´ essi extracomunitari.
Questo patriottismo interessato e fasullo che esplode solo e sempre per i mondiali o per il tennis, ma che dimentica quotidianamente i problemi veri del suo popolo.
Agitano il tricolore come agitano le bandiere neroazzurre o giallorosse, tifano per i calciatori italiani come tifano per quelli del "grande fratello" o della "pupa e il secchione".
In vero, in tutto questo di nazionale c´è esclusivamente la degenerazione e la confusione mentale.
Dopo tanto bailamme, il gran carrozzone del calcio nostrano va in ferie; qualcuno continuerà ad ingrassarsi di euro in Qatar o in Spagna, dopo aver fatto sontuose ferie da vip.
Intanto i vertici politici della federazione, quelli che i soldi li prendono comunque senza rischiare mai brutte figure, resteranno ben saldi al loro posto.
Anzi, saranno gli artefici del cambiamento dovuto.
Seguendo il tipico stile berlusconiano; i colpevoli che processano gli innocenti.