La tanto odiata globalizzazione abbinata alla delocalizzazione degli impianti produttivi e delle manifatture, ha permesso l'uscita dalla fame di masse enormi e sostenuto il boom demografico dell'Asia. Questo nuovo e possente mix di capitalismo anche selvaggio, coadiuvato da una leva finanziaria quasi esponenziale, ha generato colossali fortune e potentissimi tycoons.
Anche paesi non tipicamente industriali ma detentori di materie prime(commodities), usufruiscono ancora di questo trend favorevole, vedi Russia, Brasile, Venezuela, Iran etc.
Ogni giorno migliaia di moderni "faraoni" volano nei cieli e solcano i mari a bordo di lussuosissimi panfili ed aerei, gioielli tecnologici dal prezzo adeguato. Tutto questo che ho evidenziato presenta però una ricaduta terrificante sull'ambiente, un impatto devastante sulla biosostenibilità e sulla vivibilità presente e futura del pianeta nostro.
Il problema si presenta altresì spinoso, considerando che tutti i popoli hanno diritto alla "crescita" ed a consumi di qualità,; purtroppo le risorse terrestri sono depauperabili, non infinite. Quella che la new economy prospetta come "decrescita", altro non è che uno sviluppo sostenibile, rispettoso del nostro biosistema, che vorrebbe impedire almeno all'uomo un consumismo selvaggio e brutale, come quello visto finora.
Non è praticamente possibile un "modus vivendi" che torni al modello spartano della forza, della giustizia e delle muse, ma l'uomo "sapiens" non necessita affatto di 3 automobili, 4 case e altrettanti telefonini. Prima che l'uomo del futuro sia costretto ad emigrare su altri pianeti, il nostro ingegno ci permetterà di mettere a coltura i deserti e di abitare aree del mondo finora inospitali, ancora proibitive per noi. Prima che i discendenti di Noè debbano dar ragione al capo Sioux Toro seduto che avvisava "Quando avranno inquinato l'ultimo fiume, abbattuto l'ultimo albero, preso l'ultimo pesce, solo allora si accorgeranno di non poter mangiare il denaro accumulato nelle loro banche". LUIGI CARDARELLI