Anche quest'anno per la ormai morente agricoltura italiana, si prospetta una stagione brutta e stagnante, a dir poco a reddito zero; se tutto va bene.
La campagna nostrana, il giardino d'europa, madre e fonte invidiata della cucina più famosa del mondo, in completa ed assoluta agonia.
Da lustri numerosi, l'infida e parassitaria eurocrazia di Bruxelles ha ridotto l'italico contadino in uno stato di stridente miseria: proponendo esclusivamente politiche di "sussidi", i quali più che farla sopravvivere, hanno dato all'agricoltura una lunga e lenta agonia, una vera e propria tortura cinese.
Distrutta la nostra zootecnia padana, la nostra cerealicoltura centro-meridionale, in crisi perfino la nostra frutticultura mediterranea ed i nostri ortaggi tanto cari e pregiati.
Secondo la nuova e trendy filosofia global, mangiamo carne argentina, beviamo latte tedesco, degustiamo olii maghrebini e frutta tropicale.
La stragrande maggioranza di tutto ciò taroccata ed artefatta, manipolata, comprata e pagata centesimi e rivenduta ad euro, seguendo i ferrei diktat della grande e dominante distribuzione.
La quale compra in monete svalutate ed incassa in moneta europea.
Unica padrona e sovrana delle nostre tavole.
La sola cosa che regge ai mercati, fra le antiche colline popolate di vecchi e di smagriti nordafricani, sono i vigneti doc; miracolati da una ristrutturazione ben fatta e dalle raffinate tecniche industriali, commerciali e pubblicitarie.
In sintesi anche il vino da anni è etichettato, un prodotto fine e "griffato".
Possenti e "spaziali" trattori , rossi o verdi, attraversano dei campi economicamente perdenti, bancariamente ipotecati, con proprietari quasi falliti e depressi.
Talvolta, addirittura suicidi.
Sono molti di più i burocrati, gli impiegati che compilano le innumerevoli ed estenuanti "domande", dei piccoli imprenditori avviliti che le richiedono.
Tutto ciò malgrado anni di manifestazioni anche pressanti, a Roma e Stasburgo, di tutte le tante e divise organizzazioni agrarie che però continuano a vivere sul sangue dei coltivatori sfiniti.
Anche le molte cooperative di produzione e commercio, che avrebbero dovuto dare un contributo ed un sostegno, appaiono indebitate marionette in mano alla spietata politica.
La nuda verità di questo paradossale capital-liberismo nostrano, è che tutti ci guadagnano sopra, nella perfida e bieca "filiera", meno quelli che producono e lavorano duramente.
Un mondo fatto di speculatori e intermediari, che lucrano su una merce molto deperibile.
Dall'estero ci copiano e ci propinano di tutto, senza far resistenza, senza difesa.
Sono a rischio anche gli olii più fini, il parmigiano reggiano, le mozzarelle di bufala, insomma i simboli veri del nostro made in Italy agroalimentare.
Quello che si va prefigurando da tempo, a vantaggio dell'economia da "ufficio", è la scomparsa definitiva del mondo delle tradizioni, del verde, della sostenibilità, della civiltà più antica e più sana.
La civiltà di Lucrezio e Virgilo.
Tutto quello che splende nell'imminente orizzonte, non è altro che miserabile kebab e cous cous.
LUIGI CARDARELLI