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- INTERVISTA A PAOLO TOFOLI

Pubblicato da in Volley Tuscania · 3/10/2014 08:38:00
Tuscania è un piccola cittadina del centro Italia, uno di quei tanti paesi distesi sulla valle di un fiume con un antico e glorioso passato che risale agli etruschi, ma il solito ripetitivo presente della provincia. Un misto di arte e natura la rendono una splendida cittadina per chi ha la fortuna di visitarla, ma fondamentalmente resta un nome sconosciuto nella mappa se non ci capiti quasi per caso, magari passando distrattamente per prendere un pezzo di pizza, prima di andare verso le vicine località di mare. In questo paese, da sempre, c’è un discreto gruppo di persone con un profondo amore per la pallavolo. Una passione da oratorio si dice, ma in questo caso il detto trascende il suo significato, in quanto il Volley Tuscania è letteralmente cresciuto e ancora vive e respira “dentro” l’oratorio. Poi, per una serie di fortunate circostanze, un bel giorno questa squadra esce dal sagrato della chiesa, inizia a vincere e non la smette più.

La risalita, campionato dopo campionato, è talmente vertiginosa che si arriva all’insperato risultato della B1. Qui, questa bella storia si trasforma in qualcos’altro, qualcosa di ancora più complicato e bello. E’ il momento dell’arrivo del campione. Quando lo vedi di persona ricordi immediatamente le riprese un po’ invecchiate degli anni 90’ e la voce di Jacopo Volpi: “Lucchetta… Paolo…” e poi quell’urlo “Bernardiiiiiiii”. Paolo, solo Paolo, arriva a Tuscania. In un presente cinico, l’abusata mitologia della favola sportiva della piccola squadra di provincia che affronta il palcoscenico dei grandi si sta svuotando di significati e forse non suscita più meraviglia, ma vivere di persona queste imprese è un’altra cosa. Se il campione viene a guidare la squadra del tuo paese, quella dove il magazziniere è tuo zio, la fisioterapista la tua migliore amica e i giocatori te li ritrovi la mattina al solito barretto a prendere il caffè insieme a te, allora questa non è una storia che guardi in televisione con tanto di interruzioni pubblicitarie, ci entri dentro, la vivi sulla tua pelle. Così ha fatto e sta facendo un intero paese. Così è nata “la bolgia”.

E il Tuscania di Paolo ovviamente, ha continuato a vincere.
Il resto è storia recente, è la nuova avventura in serie A2 che sta per iniziare.

Perché hai scelto di venire ad allenare Tuscania?
“Ho scelto di venire qua in primo luogo per una sfida- racconta Paolo Tofoli- la scommessa di venire e creare una cultura della pallavolo, inoltre il mio figlio più grande sta a Bracciano e quindi avevo anche la possibilità di avvicinarmi a lui. Quindi dato che mi piaceva il progetto di Pieri e Cappelli ho deciso di accettare la loro proposta. Sono convinto che qui c’è il terreno fertile per fare bene.

Quale è il reale potenziale della squadra per l’anno che sta per cominciare?
E’ stata fatta una squadra con un budget basso, forse il più basso dell’intera A2. Entriamo in punta di piedi questo è evidente, ma puntiamo a far bene e la nostra forza è l’entusiasmo. La squadra è giovanissima e composta da tutti giocatori che non si sono mai confrontati con questa serie tranne il nostro palleggiatore che ha fatto alcune apparizioni in A1 e A2, ma è composta da tanti ragazzi che vogliono mettersi in mostra. Chiaro che l’assenza di retrocessione quest’anno ci aiuta, ma ora è presto per parlare, tra qualche mese vedremo di che pasta siamo fatti. Siamo una scommessa che spero di vincere.

Come è vivere in un paese così piccolo?
E’ un posto molto tranquillo e questa è la cosa che apprezzo maggiormente, la tranquillità. La gente è molto ospitale, anche troppo, per strada devo salutare tutti e tutti mi conoscono. La mia fama è tale che a volte mi fa sorridere. Tutti mi offrono il caffè, o l’aperitivo e ogni volta devo faticare per dire di no. Comunque anche per i giocatori per crescere è un bell’ambiente.

Per te che da giocatore hai vinto tanto, praticamente tutto, cosa significa allenare? Quali sono le tue ambizioni personali?
Giocare e allenare è totalmente diverso. Per giocare devi fare bene il tuo compitino poi stacchi. Un allenatore invece deve pensare 24 ore su 24 al suo lavoro, non può rilassarsi mai. Personalmente non so, non tutti i grandi giocatori sono stati dei grandi allenatori, ma spero di arrivare in A1 e magari fare una capatina in nazionale … Ci sono stato come secondo nella femminile qualche tempo fa, ma non mi dispiacerebbe tornare … Ovviamente anche da allenatore voglio vincere il più possibile, ma ogni vittoria anche nelle serie minori è una soddisfazione. Quando con il Tuscania abbiamo conquistato la promozione in serie A2 ci hanno portato in giro sul camion scoperto come se fossimo campioni del mondo”.




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