Fonte: ViterboNews24
Viterbo e Tuscania, con più di 1,5 milioni di € ciascuno, i comuni più tartassati
L’Imu agricola porterà, anzi dovrebbe portare oltre 12 milioni di euro nelle casse dei comuni della Tuscia. Il condizionale è d’obbligo perché di fronte al muro alzato dai proprietari, ben supportati dai sindaci e anche da esponenti stessi della maggioranza, è difficile prevedere come andrà a finire davvero questa vicenda che, con valutazione unanime, è nata male ed è stata gestita ancor peggio. Intanto, come si è già avuto modo di anticipare, lo Stato ha tagliato i trasferimenti alle amministrazioni comunali per somme pari proprio agli importi previsti dall’imposta sui terreni: così, tanto per non farsi mancare nulla. Con la conseguenza, per i comuni, che non solo non hanno a disposizione quelle somme ma che, con gli attuali chiari di luna, chissà quando e se potranno disporre degli introiti previsti. Un autentico guazzabuglio (solo per usare un eufemismo) che rischia di compromettere definitivamente bilanci, già striminziti e complicati per conto loro.
I maggiori introiti sono previsti:
1. Viterbo: (1,545 milioni di euro),
2. Tuscania: al secondo posto (ma di poco dato che dovrebbe concorrere con appena 13mila euro in meno).
3. Canino, al terzo posto con un distacco consistente (664mila euro),
4. Nepi (408mila),
5. Civita Castellana (406 mila).
Massiccia la presenza di municipalità che superano la soglia dei 300mila euro:
6. Acquapendente (308mila),
7. Blera (310mila),
8. Caprarola (325mila),
9. Ischia di Castro (333mila),
10. Monte Romano (374mila),
11. Ronciglione (377mila),
12. Sutri (323mila),
13. Vetralla (311mila).
14. Soriano nel Cimino (295mila euro),
15. Montefiascone (257mila),
16. Capranica (286mila),
17. Orte (267mila).
Dell’elenco non fanno parte sia Montalto di Castro che Tarquinia in quanto, essendo stati in passato dichiarati comuni avvantaggiati, già introitavano le somme previste: insomma, in riva al Tirreno, l’Imu agricola si pagava da tempo.
L’introito più basso si registra a Villa San Giovanni in Tuscia (quasi 9mila euro), ma non sono messi male anche Monterosi (43mila), Lubriano (40mila), Bassano in Teverina (34 mila), Calcata (30 mila), Canepina (40 mila), Gradoli (60 mila), Latera (70 mila), Marta (86 mila), Onano (55 mila), Oriolo Romano (49 mila), Tessennano (50mila), Vallerano (64mila), Vejano (73 mila), Vignanello e Vitorchiano (90 mila). Stranissimo il caso di San Lorenzo Nuovo (79 mila euro), unico comune degli 8 che fanno parte della Comunità montana Alta Tuscia dove si paga.
In sintesi su 60 comuni, soltanto 15 sono agevolati dall’applicazione dell’Imu (8 montani e 7 parzialmente montani con esonero per coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali), tutti gli altri 45 pagano.
Per il 2014, i comuni che ricadevano con il decreto del 28 novembre nella fascia altimetrica da 281 a 600 metri, possono scegliere per coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali la soluzione più favorevole; per il 2015 pagheranno per intero (se non inseriti nell’elenco dei comuni parzialmente montani).
L’introito complessivo nella Tuscia ammonta a 12 milioni e 352mila euro, sui circa 350 milioni previsti in tutta Italia.
Coldiretti nel documento che sintetizza le richieste avanzate durante l’incontro dell’altro giorno, sottolinea che “l’imposizione su un bene strumentale all’attività agricola qual è il terreno, appare iniqua e fortemente penalizzante per quelle imprese che hanno, tra l’altro, il grande merito di operare in aree a volte difficili, concorrendo a mantenere lavoro ed occupazione e svolgendo un ruolo determinante per la difesa permanente del territorio, contrastando il pericolo sempre presente di dissesto idrogeologico”. Infine, un'altra iniquità dell’attuale normativa riguarda il tema degli affitti: si tratta del caso di “agricoltori pensionati con 500 euro al mese che hanno ceduto i terreni in affitto gratuito a un figlio coltivatore diretto che ha presentato un piano di sviluppo rurale o quelli che ancora coltivano piccoli appezzamenti di terreno fornendo un servizio alla collettività. Per loro il moltiplicatore – che serve a determinare la base imponibile su cui calcolare l’Imu – cresce da 75 a 135 portando la tassazione a livelli davvero insostenibili”.