Ricevo questa testimonianza dal sig. Mariano Mastrolonardo, papà di Francesca, la ragazza che in questi giorni sta vivendo una situazione difficile in una struttura. Spero vivamente che questa vicenda veda una rapida e felice soluzione, soprattutto per Francesca che deve ritornate agli affetti della sua famiglia, dei suoi amici e di tutta la comunità.
luigi pica
Questo il testo inviatomi dal sig. Mariano Mastrolonardo:
Mia figlia Francesca è vissuta con me in modo affettuosissimo prima che la madre la portasse con se in una casa rurale di Tuscania con decisione unilaterale nell’indifferenza di tutte le strutture preposte alla tutela degli svantaggiati. Sono tre anni che per diniego della madre non posso prendermi cura di mia figlia come ho sempre fatto.
Più di tante parole sul rapporto padre figlia allego delle foto scattate con Francesca quando stava con me. Nel 2010 mi sono rivolto alle strutture dell’ASL di Viterbo Disabile Adulto per migliorare le condizioni generali di Francesca. Da quel momento la vita di mia figlia e dei genitori è diventata un inferno.
Il 27 marzo mia figlia Francesca è stata presa con i carabinieri e i responsabili del disabile adulto dell’ASL di Viterbo dalla casa materna e trasferita in una casa famiglia in Umbria.
Il 29 marzo domenica pomeriggio sono informato di quest’accadimento dal responsabile della struttura dell’ASL preposta per il disabile adulto e invitato per martedì 31 a una riunione informativa.
Il 31 marzo alla riunione chiedo informazioni sulla salute. Mi si risponde che il referente per la salute di Francesca è il medico di base di Tuscania. Mi dicono che è tranquilla e bel felice di essere lì, ha appeso le sue opere alle pareti della stanza (se conosco mia figlia questo racconto è poco credibile e poi chi lo verifica, la madre mi conferma che sia stata presa come un sacco di patate e sedata). Non posso vederla o comunicare in alcun modo.
Mi dicono che ha il suo telefono ad uso libero, la madre invece dice che lo hanno sequestrato e le impediscono, quindi, di comunicare, affermano che per poterla incontrare dipende dal comportamento dei genitori.
Chiedo: come devono comportarsi i genitori? Nessuno risponde. Loro sanno che il mio comportamento è sempre adeguato per mia figlia. Divento moderatamente iroso solo quando sono sicuro che altri le procurano del male da cui Francesca non sa difendersi. Mi è impedito di farle pervenire un album di foto nostre degli anni passati. Da oltre tre anni non riesco a vedere mia figlia nonostante che sulla carta sia un obiettivo primario delle strutture preposte. In pratica si sono rivelate del tutto incapaci per tale obiettivo. Non mi viene mostrato alcun progetto. E’ in essere solo una tecnica di allontanamento dai genitori da parte delle strutture di Viterbo e della casa famiglia. Ho cercato di fare comprendere loro, il grave rischio cui hanno messo la madre, che già definita patologicamente legata a Francesca, ora è ferita e senza sponda.
Qualsiasi danno possa provocare sarà attribuibile alla superficialità di chi ha condotto questa operazione. Alla madre da anni, chiedo collaborazione per Francesca, da giorni lo faccio con maggiore assiduità. Qualche anno fa, io e la madre, riuscivamo a dividerci l’assistenza di nostra figlia. Oggi è difficilissimo perché sussistono problemi che le strutture non sanno assolutamente affrontare. Queste preferiscono sostituirsi ai genitori, è più facile che imporre ai genitori il rispetto delle leggi che tutelano i diritti dei figli.
Continuando la riunione ho cercato il confronto su quelle che io ritengo delle manipolazioni ad Hoc per favorire la casa famiglia in luogo di quella paterna. Si sono aggrappati all’Ordinanza del GT rifiutando qualsiasi dialogo. Non sono riuscito ad avere neanche copia del progetto riabilitativo per Francesca. Le uniche informazioni che ho avuto sono che non si sa quando sarà possibile farle visita. Ai miei gridati richiami ai loro doveri deontologici di rispetto del diritto di Famiglia, mi si risponde che loro ubbidiscono all’ordinanza. L’esecuzione degli ordini a oltranza è un riciclo storico ricorrente, si sono giustificati le più turpi sevizie. Il quattro aprile ho chiesto con raccomandata a mani quali fossero i giorni di visita, ho chiesto il numero di telefono di Francesca, il giorno di Pasqua ho inviato un telegramma di auguri. Silenzio totale.
Nei prossimi giorni proverò a inviare con la posta qualche capo di biancheria e dei pastelli. Fino a ad ora questo testo può apparire quello di un genitore amareggiato e squalificato. Invece non è così: con la presente dichiaro che in mio possesso vi sono una serie di documentazioni provanti con certezza che tutte le operazioni sono state forzate al fine di alloggiare Francesca nella casa famiglia e non nella casa paterna com’era stato previsto in un primo momento. Questa documentazione è a disposizione di chiunque voglia approfondire come le strutture di questo caso fanno uso disinvolto dell’istituto della Famiglia e delle case famiglia.
Le famiglie invece di essere condotte con la dovuta professionalità a nuova coesione, sono smembrate per favorire le case famiglia. Le case famiglia sono strutture a scopo di lucro a carico, nel caso di Francesca dell’ASL di Viterbo, ma in ultimo sempre e comunque a carico dei contribuenti. Il preventivo accettato è di euro tremila mensili (per mia figlia sono esagerati, Francesca non richiede cura alloggiativa particolare ed è autosufficiente per l’igiene), ma la dirigente della struttura nella riunione mi afferma che i tremila sarebbero diventati molti, ma molti di più. Questo caso non riveste sono un’importanza di tipo morale e deontologico legato al sistema ormai consolidato di queste strutture che si sostituiscono alla famiglia originaria. Tecnici che si sostituiscono ai genitori. Mia figlia prima del prelievo dalla casa materna non poteva vedermi perché l’era impedito dalla madre (PAS diagnosticata), ora ugualmente non può vedermi perché le è impedito dai tecnici di questa struttura. Mi sembra di cadere dalla padella alla brace. Infatti, io genitore adeguato e collaborativo sono scartato e gli operatori di questa casa famiglia preferiti a me. Dopo trentadue giorni dal prelievo forzoso io padre non ho notizie di nessun tipo, non posso conferire con il medico di base né con il cardiologo, né con l’otorino, né con l’allergologo, cosa che prima facevo normalmente con il plauso di tutti anche della stessa organizzazione che ora demolisce scientemente la mia genitorialità sana e costruttiva.
Oggi io padre non a scopo di lucro sono scartato per favorire una struttura a scopo di lucro. E’ importante precisare che tutte le attività che mia figlia farà con il personale a pagamento della casa famiglia, avrebbe potuto farle con le stesse strutture di Viterbo senza costi aggiuntivi per l’ASL VT, alloggiando nella sua casa, nella sua stanza, con suo padre, senza dovere neanche contribuire per le spese generali e alimentari, e di abbigliamento ecc. come avveniva con la madre, dando fondo alla sua piccola pensione. Con me Francesca non ha mai dovuto pagare nulla. Il calore della famiglia vera e il rapporto affettuosissimo che mia figlia ha con me non potrà ritrovarlo nella casa famiglia. Queste le domande: Chi si avvantaggia di tanto dolore della nostra famiglia e di Francesca? Chi si avvantaggia di tanto spreco economico distraendo somme importanti per obiettivi più reali e bisognevoli?
Resto a disposizione per fornire documentazione adeguata alle affermazioni sopra fatte.
Vetralla, 19 aprile 2015
mariano mastrolonardo 338.584.7957