Fonte: TusciaWeb
“Volevo tutelare mio figlio e ho trovato il muro della burocrazia”
Massimo Pierantozzi, cittadino amareggiato, racconta la sua storia di oltre un anno per una multa pagata due giorni dopo dalla notifica.
Massimo Pierantozzi, forestale in pensione di Tuscania, è amareggiato. Da oltre un anno si trova a fare i conti con una multa, pagata due giorni dopo, dalla notifica. Cavilli e passaggi che lo hanno fatto sentire impotente di fronte al “mostro amministrativo” della burocrazia. Chiedeva tutela da cittadino “impeccabile”, invece, ha trovato solo porte chiuse.
“Il 7 dicembre del 2015 – racconta Pierantozzi – mi è arrivata una multa intestata a mio figlio e io l’ho pagata il nove, ossia due giorni dopo. Le carte lo dimostrano. Pensavo fosse tutto finito e, invece, un anno dopo, prima di Natale del 2016, mi arriva una cartella di Equitalia secondo cui la sanzione non era stata pagata.
Sono andato allora alla polizia stradale a cui risultava tutto in regola e lì hanno preso la fotocopia del pagamento e scritto al prefetto che fa l’ordinanza di ingiunzione. Difatti, dopo pochi giorni, mi è arrivata la lettera proprio dal prefetto che certificava l’annullamento della cartella esattoriale.”.
Pierantozzi fa un passo indietro. “La corrispondenza, in busta chiusa, l’ho presa io per mio figlio e ho anche un foglio di gennaio in cui Equitalia mi comunicava l’avvenuta notifica e cioè ha scritto a lui per dire che io avevo ritirato la cartella”.
Un mese dopo c’è ancora qualcosa che non va. “Martedì 21 febbraio – continua Pierantozzi -, mi è arrivata un’altra lettera di Equitalia in cui mi si diceva che il pagamento della multa non era avvenuto e mi si chiedeva poi con quale modalità avessi voluto farlo. Il giorno dopo, visto che mio figlio lavorava e non poteva assentarsi, ho deciso di andare da Equitalia. Ho fatto due ore di fila e, arrivato allo sportello, ho chiesto semplicemente di annullarmi la cartella, visto che l’avevo pagata, e di rilasciarmi un certificato che attestasse appunto che la situazione era definitivamente chiusa.
L’ho fatto solo per tutelare mio figlio, perché, in un futuro, se si fosse trovato a chiedere un mutuo per una casa, poteva magari risultare pendente, quando invece non lo è.
Di fronte a questa richiesta, mi hanno dato un foglio da compilare e leggendolo, ho visto che avrebbe dovuto farlo mio figlio. Ho detto agli impiegati che ero il padre e quindi, togliendomelo di mano, mi hanno detto che non si poteva fare nulla. Avrei potuto riempirlo e andarmene, facendo finta di nulla, ma non volevo dichiarare il falso. E’ una condotta che non fa per me”.
Pierantozzi va avanti: “Mi hanno dunque chiesto una delega, ma io non l’avevo. Ho spiegato che la multa era stata pagata e si trattava di rimediare a un errore, non so di chi, e nemmeno mi interessava saperlo. Non chiedevo nulla se non due righe per dire che la vicenda era chiusa.
A quel punto, hanno chiamato il direttore, che senza chiedermi nulla, ha detto solo che vedere la delega. Ho ripetuto che non l’avevo, ma che se comunque avevo tutta quella documentazione, non era perché l’avevo trovata per strada, ho sottolineato poi che non si trattava di un debito, ma di qualcosa di pagato. Infine, dato che mio figlio abita con me, e che bastava guardare l’indirizzo per averne la prova, ho detto pure che potevano farmi qualsiasi tipo di domanda o chiamarlo per averne la certezza”.
Da qui il paradosso per Pierantozzi: “Mi sono trovato a giustificarmi per qualcosa che era regolare. Capisco la necessità della delega, ma su un fatto del genere, e cioè per un’ulteriore garanzia al mio comportamento già regolare, l’ho trovato solo un cavillo non necessario. Anche perché, dall’arrivo negli uffici, nessuno ha chiesto nulla sulla mia identità e nemmeno dopo si sono nemmeno sforzati a capire chi fossi.
Sono solo amareggiato come cittadino che si è comportato bene e che, si è visto recapitare a casa cartelle di Equitalia, non senza fastidio per la mia condotta sempre precisa, e che, invece, di essere tutelato si è trovato davanti un muro.
Non dovevo fare tutti questi giri, perché sono nella ragione e invece la burocrazia mi ha bloccato.
Mi sono sentito impotente, un figlio è intoccabile per qualsiasi genitore e io, da padre, volevo solo proteggerlo fino alla fine. Posso mettermi nei loro panni sullì bisogno della delega, però, perché, dall’inizio, non mi è mai stato chiesto chi fossi. Inoltre, con me avevo anche la lettera di Equitalia che comunicava che proprio io avevo ritirato la cartella. Allora perché per quello non serve e per una semplice dichiarazione non rappresento più nessuno?”.
Infine, la presa d’atto di Pierantozzi: “Allo sportello, mi hanno detto che la cartella è stata annullata – conclude -, ma non ho niente in mano che lo dimostri. Hanno detto che è tutto in regola e sarà pure vero, ma io, a oggi, non ho in mano documenti, se non quello che mi dice che devo pagare una cosa che ho già pagato”.