Ricevo da Regino Brachetti e pubblico nel mio blog:
Confesso che quando leggo sulla stampa notizie che riguardano i successi di alcuni paesi della nostra provincia nel campo del turismo, della promozione, dello sviluppo legato alla valorizzazione dei beni artistici e ambientali, soffro. Soffro di una sofferenza mista a rabbia, perché quelli che oggi, per quei luoghi, sono dei primati, negli anni ’90, e fino ai primi anni 2000, erano la normalità per Tuscania. Non c’è bisogno di elencare manifestazioni e eventi che animavano allora la vita culturale e sociale della città. Chi quel periodo l’ha vissuto si ricorderà. Chi non c’era può chiedere ai parenti e amici più avanti con l’età.
Tuscania era il fulcro della cultura della Tuscia, una vera e propria perla conosciuta anche per la cura e la pulizia del suo assetto urbano. Manifestazioni come “Il libro per l’estate” o “Nitriti di primavera”, eventi come l’assemblea dei Giovani del Partito Popolare Europeo, rendevano la città un polo d’attrazione nei più disparati campi della vita sociale nazionale, e non solo. Oggi, invece, siamo un paese anonimo, sgonfiato, senza identità e senza ambizioni, che non ha un disegno, una prospettiva. Che non dà un briciolo di speranza ai tanti giovani costretti a andarsene per cercare un futuro migliore.
La cosa è ancor più grave, perché progettare uno sviluppo fondato sulla valorizzazione del patrimonio di cui disponiamo dovrebbe essere naturale e automatico. Bellezze ambientali, basiliche storiche, siti archeologici, fino all’ex quartiere Gescal, la cui conformazione urbanistica potrebbe essere materia di studio per le facoltà di ingegneria e architettura: quale altro centro, nel viterbese e altrove, è in grado di produrre un’offerta del genere?
Invece assistiamo al nulla. Non si è nemmeno capaci, cosa che ho denunciata nel corso dell’ultimo consiglio comunale, di approvare un regolamento per il decoro urbano. Si rilasciano a caso permessi di occupazioni del suolo pubblico, ognuno fa quello che vuole, spuntano i cosiddetti dehors (=Spazio esterno di un pubblico esercizio) come funghi. Non ci si rende conto che accontentare i singoli, senza un progetto complessivo, non paga. Anzi, si ottiene l’effetto boomerang, perché la politica a favore dei singoli scontenta la collettività.
Ciò che servirebbe è una visione, in cui siano ben presenti regole, provvedimenti adeguati e, soprattutto, controlli. Dubito però che chi dovrebbe attuare tutto ciò sia in grado di farlo.