Madera Brannetti


Vai ai contenuti

Menu principale:


Tristezza

“La tristezza - scriveva Don Tonino Bello- non è quando la sera non sei atteso da nessuno al tuo rientro in casa, ma quando tu non attendi più nulla dalla vita.la solitudine più nera la soffri non quando trovi il focolare spento, ma quando non lo vuoi accendere più, neppure per un eventuale ospite di passaggio.pensi insomma che per te la musica è finita. E ormai i giochi sono fatti. E nessun'anima viva verrà a bussare alla tua porta. E non ci saranno più né soprassalti di gioia per una buona notizia, né trasalimenti di stupore per una improvvisata. E neppure fremiti di dolore per una tragedia umana: tanto non ti resta più nessuno per il quale tu debba temere.”
che tutti, chi più chi meno, abbiamo provato, in un momento della nostra vita, la tristezza, quella commozione dell'animo, cioè, per la quale vediamo tutto nero intorno a noi e crediamo che nessuno ci capisca e si interessi di noi. Perdiamo la speranza del futuro e ci chiudiamo in noi stessi.


anche Madera - l'abbiamo visto dai suoi appunti - ha sentito in certi momenti particolari la commozione della tristezza. Una tristezza che nasceva soprattutto dalla sua estrema sensibilità, che però non si è mai mutata in inquietudine

Nel 1938, all'età di 14 anni, aveva trascritto in un quaderno alcuni pensieri che, come le aveva detto il suo direttore spirituale, l'avevano fortemente colpita, e tra i pensieri c'era uno che riguardava proprio la tristezza:
“L'anima che non desidera essere trascinata prima o poi in un precipizio, deve combattere la commozione della tristezza. Questa commozione è una passione e se si lascia crescere occuperà presto tutto il campo dell'anima. E' necessario circoscrivere immediatamente la sua azione, ricorrere a Dio con la preghiera e se l'anima disgustata ricusa di pregare e si ostina nella malinconia, bisogna applicarvela per forza.”
é l'anima può talvolta essere presa, per tante piccole o grandi ragioni, da un moto di tristezza, questa però non deve mai trasformarsi in malinconia e in inquietudine. Perché “la malinconia e l'inquietudine - come diceva San Francesco di Sales - sono frutto del nostro amor proprio; la tristezza, invece, nasce dalla conoscenza della nostra miseria e delle nostre infedeltà. Se siamo inquieti è perché ci dispiace di non essere buoni, anzi perfetti, e non tanto per amore di Dio, quanto per amore di noi stessi.”

Dio - diceva San Giovanni Crisostomo - ha posto la tristezza nel nostro animo non per usarla fuori di proposito o contro noi stessi, ma per giovarcene e per aiutarci. Dobbiamo essere tristi non quando soffriamo, ma quando operiamo il male.

“Quando ho commesso una mancanza che mi rattrista - scriveva Santa Teresa del Bambin Gesù - so bene che questa tristezza è la conseguenza della mia infedeltà. Allora mi affretto a dire: Mio Dio, so che ho meritato questo senso di tristezza, ma lascia lo stesso che te lo offra come una prova che mi invii amorevolmente.”

Bisogna quindi cercare di vincere la tristezza che assomiglia ad un “duro inverno che falcia la bellezza della terra e intirizzisce gli animali, perché toglie ogni soavità all'anima e la rende rattrappita e impotente nelle sue facoltà.”
la tristezza da cui talvolta era presa Madera - come risulta dai suoi appunti - nasceva, per la sua sensibilità, soprattutto dalle mancanze di corrispondenza al suo affetto da parte delle persone care, di quelli che gli stavano più vicini.
doveva esercitare una grande pazienza, non solo per sopportare il dolore fisico, ma anche alcune situazioni che le si presentavano con certe persone che non riuscivano bene a capire il suo modo di fare e il suo comportamento.
qualche suo gesto non veniva capito, o veniva giudicato in modo diverso dalle sue intenzioni, Madera, sorridendo amaramente, ripeteva alcune osservazioni di Santa Teresa d'Avila:
“Ai buoni nessuna delle loro imperfezioni passerà inosservata. Molte delle loro buone azioni non saranno apprezzate e forse neppure stimate per tali, ma quanto alle cattive e imperfette non ne sfuggirà neppure una. Chi mai ha dato al mondo l'idea della perfezione? Se questa idea la usa, non la usa certo per volersi perfezionare. A ciò non si tiene obbligato, anzi crede di fare troppo quando osserva convenientemente i comandamenti. L'usa solo per condannare gli altri e giudica alle volte come fatto per soddisfazione personale quello che invece è virtù.”


E ancora:“La perfezione si acquista a poco a poco; il mondo però appena vede uno deciso per quel cammino, esige subito che sia perfetto e scopre lontano mille miglia ogni sua piccola mancanza, che forse può essere virtù. Ma siccome il mondo quella mancanza la giudica vizio, giudica gli altri secondo se stesso e ne pronuncia la condanna. Secondo il mondo quelli che tendono alla perfezione non dovrebbero né mangiare, né dormire e neppure respirare. Più li stima e più dimentica che sono di carne e di ossa e che vivono ancora su questa terra soggetti alle sue miserie. Hanno cominciato a camminare e si pretende che volino”

Certamente anche Madera ebbe i suoi difetti ed ella non li nasconde affatto, anzi li mette in vista insistendo e anche premendo la mano. Dagli appunti, che stilava alla fine degli anni per valutare se quanto promesso all'inizio era stato seguito, si può vedere che erano difetti superficiali o mancanze occasionali, legati al suo carattere volitivo o a situazioni contingenti che si possono presentare a tutti. Ma quale peso potevano avere in un'anima che forse in uno stesso giorno, stretta da dolori fisici e spirituali, aveva lottato per reprimere non una ma cento volte gli impulsi del suo carattere? e sempre - lo leggiamo nei suoi scritti - si pentiva davanti a Dio con il sincero proposito di emendarsi?
All fine dell'anno 1954 scriveva:
Questo anno ho avuto delle delusioni, o meglio mi hai fatto vedere che non ho più nessuno nel modo più completo. Tutti si sono staccati da me e io poi non volevo nulla, volevo solo dare, ma anche questo mio desiderio è stato respinto.
E alla fine del 1958 forse per una sofferta aridità spirituale si rivolgeva a Gesù dicendogli: Mi sembra di essere sola senza di te quasi che mi sentissi in cerca di un bene terreno che mi riempia il mio cuore… Ma questo io non lo voglio, o Gesù
E nel 1962, quando si era ammalato il padre, Giovanni, ed era stato ricoverato in ospedale per un intervento, e si erano ammalati anche i suoi nepotini, scriveva: Sono preoccupata per il babbo; ma Gesù ci è stato vicino e sicuramente ci rimarrà ancora e allora ce la farò in tutto. Gesù, ti prego, aiutami e fa' che non arrivi mai allo sgomento, aiutaci tanto. Fa' rifiorire i miei nepotini
6 gennaio del 1966 così si esprimeva sulla tristezza.:
Tristezza. Come è instabile l'animo umano! Come è vulnerabile questo cuore! Quando sembra che non ci sia nulla che possa turbarlo, quando crede che, avendolo dato a Dio, le creature non possono farci nulla, basta un pensiero per offuscare la pace interiore. Come è difficile conciliare l'amore del prossimo che pure deve essere grande per raggiungere gli effetti spirituali e rimanere umanamente distaccati nelle dimostrazioni esteriori, nelle parole, nei pensieri, senza lasciarsi sfiorare dall'amor proprio, dal sentimentalismo, dalla ricerca di una dedizione totale ed esclusiva. In tutto questo carosello di sentimenti per ritrovare la serenità e la pace e quindi la gioia bisogna solo rinnovare con ardore le promesse già fatte di essere tutta e solo del Signore.

E il 12 febbraio così scriveva nei suoi appunti:
Come è facile cadere nella tristezza per la mia estrema sensibilità!
-E' stata, questa tristezza, sempre un pericolo che ho combattuto, sapendo a quali tristi conseguenze mi avrebbero portato.sono le cause di questo sentimento, ma alla base di tutto c'è sempre il cuore: il desiderio grande di amore che ha occupato tutti gli anni della mia vita. Esso è stato la gioia, ma anche il mio tormento per non poterlo raggiungere essendo il mio ideale posto nel Signore, combatto una battaglia dura tra lo spirito e il corpo, perché per l'amore che Gli porto vorrei piacergli sempre, invece commetto delle mancanze e allora nasce la tristezza. Vorrei stargli sempre vicino, ma le occupazioni mi distraggono e manco al raccoglimento. Vorrei che nel mio desiderio di affetto ci fosse solo Lui, ma a volte le consolazioni le cerco nelle creature, specie nei giorni in cui sono più giù e allora c'è il pericolo della tristezza, perché in me c'è il desiderio grande del distacco e la volontà di essere fedelissima a Lui solo; ma la tristezza, che trepida alla ricerca di briciole che la creatura mi possa dare, mi intristisce, perché non soddisfa minimamente il mio desiderio, bensì l'acuisce e alloro desidero ardentemente la morte come unico mezzo per soddisfare ciò che il mio cuore ardentemente desidera.giorno verrà, quando potrò lasciare questo corpo, che tanto mi pesa e l'anima mia libera e felice potrà godere senza più ombre di tristezza quest'amore divino in tutta la sua pienezza, senza paura di dispiacergli, di perderlo e persa in Lui goderlonell'eternità .

La tristezza, come abbiamo detto, è generata anche dal turbamento per qualche mancanza commessa;
ma tutto ciò che turba - nel 1966- non viene da Dio, perché Dio non richiama l'anima ad una vita migliore agitando lo spirito con ansia e preoccupazioni, scrupoli e inquietudini. Non richiama per una mancanza commessa con la maniera forte e brutale degli uomini, ma il suo richiamo è dolce, quieto, tocca le fibre più profonde del cuore fino a far cadere le lacrime. Assomiglia alla rugiada che rinfresca le aride piante.

Il 6 febbraio del 1971 il terremoto aveva distrutto completamente il Centro Storico e anche Madera come tutti gli abitanti dovette, con la famiglia, abbandonare la sua casa e trasferirsi altrove.la propria casa, le proprie cose, le proprie abitudini, non avere a disposizione quelle comodità, così necessarie ad una persona malata, fu senz'altro un grave colpo per Madera. E anche in quel frangente, così doloroso, non aveva perso il suo buon umore che era capace di vedere nelle più dolorose situazioni il lato umoristico.
“Ho voluto imitare in tutto nostro Signore; mi mancava la fuga in Egitto e adesso posso dire che anch'io sono stata profuga come lo è stato Lui.
pure questa prova tanto dolorosa, aveva segnato nel suo animo i solchi della sofferenza e della tristezza.

Strani sentimenti mi si accavallano, mi avvolgono, come un fumo denso che mi fa brancolare tra un cumulo di tristezze mai conosciute e di risentimenti verso tutto e tutti. Provo una solitudine profonda, che va dal cielo alla terra e, nella successione dei pensieri, dalla terra al cielo. Buio. Vorrei solo Dio, ma ecco la creatura per consolarmi un po', invece è peggio, poiché il mio cuore, sia pure in questa notte, desidera solo Dio. Che però non trova.
(5 settembre 1971)

Gesù, che anno! Il terremoto ha sconvolto tutto, ma tu mi hai tanto aiutata e benché abbia avuto tante pene, alla fine dell'anno mi trovo che Tu mi sei sempre più caro. Rimani, Gesù, con me e con tutti in questo nuovo anno, se no, ho paura!
(31 dicembre 1971)
il Signore non l'avesse abbandonata e che fosse rimasto vicino al lei si può vedere da alcuni piccoli fatti, apparentemente insignificanti, ma non per lei che era capace di scorgere sempre la presenza del Signore, anche nelle più piccole cose che le accadevano.
giorni prima del terremoto del 6 febbraio del 1971 era tornato dall'Equador, dove si trovava come missionario, Padre Vanio, un Giuseppino, figlioccio di Madera e che Madera aveva aiutato a diventare sacerdote. Il giorno dopo il terremoto, domenica, Padre Vanio, ritornando nel paese distrutto per vedere che cosa era accaduto alla sua casa, aveva trovato la porta della chiesa di san Giuseppe aperta. Era entrato, s'era fatto largo tra i calcinacci, aveva raggiunto l'altare e, notando che nel tabernacolo c'era la pisside con le ostie consacrate, aveva preso la pisside e, non sapendo dove portarla, perché tutte le chiese erano danneggiate e inagibili, l'aveva portata proprio da Madera, profuga in una casa di amici. Madera aveva posto la pisside sopra un tavolo della sua stanza, le aveva acceso accanto un lume e felice d'avere Gesù sacramentato vicino, diceva a tutti che se lei era stata costretta a fuggire dal paese, il Signore le era andato appresso, l'aveva seguita, non l'aveva abbandonata in quel frangente così tanto doloroso..
Ed anche da un altro piccolo fatto Madera aveva voluto vedere come il Signore non l'avesse dimenticata in quel particolare momento.piccolo giardino antistante la casa dove era venuta ad abitare Madera dopo il terremoto, i suoi nipotini avevano raccolto due cardellini caduti dal nido e li avevano portati a Madera e Madera, tanto amante degli animali, li aveva posti in una gabbia che teneva nella sua camera. E subito, lo stesso giorno, la madre dei due cardellini, senza nessun timore e noncurante delle persone che si trovavano nella stanza, venne ad imboccare i piccoli che cinguettavano con il becco spalancato. E questa storia si ripeté ogni giorno per un bel po' fino a che gli uccelletti furono capaci di volare. Solo allora Madera, con un po' di tristezza aprì la gabbia e dette loro la libertà.
E- diceva - come non vedere da questo piccolo fatto un'allusione ad una realtà ben più grande: come la madre non aveva dimenticato i suoi piccoli e ogni giorno veniva a dar loro il cibo, così anche il Signore, nonostante che siamo sballottati fuori dalla nostra casa, non ci ha abbandonato e non ciabbandonerà mai
Nel 1973, dei problemi economici, che s'erano creati a seguito del terremoto per la sua famiglia, non c'era verso di vedere neppure un barlume di soluzione, e scriveva:
Grazie di tutto, o Signore. Materialmente non è avvenuto nulla di quello che speravo: la casa, Mimmo, il babbo. Grazie, però, o Gesù di tutto il resto; se quello che speravo non è ancora avvenuto avrai avuto le tue buone ragioni. Mi fido solo di te e credo che hai fatto tutto per il mio bene, perché mi ami. Gesù, ho paura di questa tristezza che a volte mi prende; non farci caso, ma ti prego di darmi una mano, perché da sola non ci riesco a non farla vedere.
E col passare degli anni, la salute veniva minata sempre di più e alle malattie con le quali aveva dovuto combattere fin da giovane, si aggiungevano altri mali e altri disturbi. Nel dicembre del 1980 annotava:
Solitudine esterna, quasi angoscia. Il cuore molto fiacco. La quaresima l'ho passata sempre al letto. Mi stanco terribilmente. Dubbi sulla fede. Sofferenze spirituali.
Ma era inevitabile che anche lei provasse come tutte le anime incamminate nel sentiero della perfezione il buio e i dubbi sulla fede come purificazione ultima, prima del trapasso, dubbi su quella fede della quale negli anni precedenti esaltava la sua forza granitica:
La fede: come questa virtù teologale è profonda in me! Dio, nella sua grande bontà me l'ha regalata fin da bambina, in un modo quasi straordinario. Difatti non ho mai dubitato delle verità rivelate. Ho creduto sempre nell'amore di Dio, nella sua misericordia e giustizia con una certezza vissuta. E questa fede, che mi fa tutto sperare e amare, è cresciuta con me ed è la certezza della mia vita e Dio non potrebbe mandarmi una prova più grande se mi offuscasse anche per un attimo questo faro di luce. (gennaio 1966)
Quante volte, negli ultimi mesi di vita, seduta sul letto, appoggiata alla sedia per i dolori atroci del bacino, esclamava: E' buio, è buio!. é anche lei ha sperimentato quella che tutti i mistici hanno definito la notte dello spirito.
“E' un continuo deserto di tenebre, di abbattimento, di insensibilità - così scriveva Padre Pio - è la terra natale della morte, la notte dell'abbandono, la caverna della desolazione: qui si trova la povera anima lontana dal suo Dio e sola con se stessa.”
in questo buio sempre più grande si abbandonava con estrema fiducia alla bontà e alla misericordia di Dio e spesso, quando le si chiedeva dello stato della sua salute e della sua vita, rispondeva:
Mi trovo perfettamente nella situazione descritta dal salmo 130., non si inorgoglisce il mio cuore non si leva con superbia il mio sguardo;vado in cerca di cose grandialle mie forze.

Io sono tranquilla e serena
come un bimbo svezzato e in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è l'anima mia.

E il buio dello spirito, per le anime che cercano la perfezione, è una prova che deve essere affrontata, perché la fede, anche quella luminosa, ha le sue ombre. La mancata evidenza interna fa apparire spesso il dato rivelato assurdo alla ragione. Ostacolo questo che solo una rettitudine a tutta prova, unita ad una profonda umiltà può superare. Ma queste ombre hanno delle conseguenze benefiche per l'anima e si diradano a mano a mano che con umiltà e coraggio l'anima si inoltra nella notte oscura. Allora la fede diventa un'ancora che regge tutto: uomini e cose, tempo ed eternità. L'uomo diventa onnipotente poggiato com'è su Dio.

Home Page | Introduzione | Sofferenza | Preghiera | Tristezza | La formazione | Consacrazione | Vangelo | Convivialità | Padre Adalberto | Pensieri | 1938 | Testamento spirituale | Mappa del sito


Queste pagine sono state realizzate gratuitamente da Luigi Pica | toscanella@gmail.com

Torna ai contenuti | Torna al menu