Nel novembre del 2016 i nostri amministratori approvarono il Piano di emergenza comunale (PEC). La normativa vigente prevede che questo debba essere obbligatoriamente integrato con gli studi di Microzonazione sismica (MS) di I, II livello e l’analisi della Condizione Limite dell’Emergenza (CLE) dell’insediamento urbano. Tutti questi documenti devono fare riferimento a quello base: il PEC.
Solo la MS II livello è in funzione anche del Piano regolatore.
Lo scorso dicembre fu assegnato l’incarico per lo studio MS II livello al professionista che realizzò il nostro PEC. Studio che a oggi ancora non risulta ancora essere stato pubblicato sul sito istituzionale, a corredo della documentazione del PEC.
Il 12 agosto di quest’anno sono stati conferiti, anche al fine di completare tutta la documentazione relativa al PEC, gli incarichi per la realizzazione dello studio MS I livello e dell’analisi della CLE.
Il 5 e il 7 ottobre 2016, circa 2 (DUE) mesi prima della approvazione del PEC inviai al presidente della commissione comunale per la realizzazione del piano e a tutti i Consiglieri comunali le mie osservazioni al documento che si sarebbe poi dovuto approvare il successivo 30 novembre e che si possono leggere cliccando qui.
Il 15 ottobre 2016 mi venne risposto, con una nota, che si “sarebbero tratti utili consigli dalle mie osservazioni per il miglioramento del Piano”
La stessa proseguiva spiegando che: “Tuscania adesso ha finalmente un piano di Protezione Civile su cui poter impostare un buon lavoro organizzativo e credo che tra i Comuni dell’area sia tra quelli che possono vantare adesso una buona base di lavoro.”
Con la stessa nota viene specificato che “Il Piano realizzato sarà migliorato anche grazie alle osservazioni qui analizzate… onde dare finalmente a Tuscania un documento valido e migliorabile su cui programmare l’organizzazione del sistema di soccorso. A oggi Tuscania ne è priva e non può operare nessuna forma di organizzazione programmata in ambito territoriale”.
Belle parole ma all’atto pratico, dopo tre anni e nove mesi dalla approvazione del PEC, non è stata mai apportata nessuna delle osservazioni fatte dal sottoscritto e continuiamo a non poter operare nessuna forma di organizzazione programmata.
Qualche giorno fa mi è capitato di leggere, su alcuni profili FB, alcuni commenti che indirettamente mi riguardavano. In particolare ce n’è uno che mi paragona ad un pesciolino rosso dentro la sua boccia di vetro che pur agitandosi riesce a fare solo piccole bollicine d’aria come a dire probabilmente che scrivo idiozie e parlo di cose prive di alcun interesse per la collettività.
Non mi interessa la sua considerazione. Non sono io che mi agito, ma proprio lui che sembrerebbe invece essere stato colpito nel vivo e al quale il dito nella sua piaga sembra dolere molto.
Per quanto mi riguarda continuo e continuerò a ricordare a chi ci amministra che è necessario che il nostro Piano di emergenza venga corretto di tutti gli errori in esso contenuti, integrato con ciò che manca e adeguato a tutte le esigenze e possibili calamità che potrebbero interessare il nostro territorio.
Si continua ad emanare delibere relative a “eventi a rilevante impatto locale” facendo credere di mettere in pratica tutto ciò che è previsto dal PEC quando invece questo non li trattata e pertanto non pianifica procedure e neanche assegna compiti.
E’ mai possibile che su tutto il territorio di Tuscania non sia stato possibile individuare aree per l’atterraggio degli elicotteri del soccorso, da utilizzare a seguito di evento sismico? Quasi ogni giorno l’elisoccorso atterra un po’ ovunque alla faccia del fatto che chi ha redatto il nostro PEC non sia stato in grado di individuare nessuna area idonea allo scopo.
Questo la dice lunga sul livello di pianificazione del Piano.
Continuerò a ricordare che si deve costituire un ufficio comunale di protezione civile, nominare il suo responsabile, i 4 funzionari di supporto al sindaco e i loro sostituti/coadiutori. Formarli e informare tutta la popolazione su quanto previsto dal PEC. Individuare aree di emergenza idonee alle diverse esigenze e calamità e strutture che possano ospitare temporaneamente gli sfollati. Affiggere tutta la cartellonistica di emergenza, firmare convenzioni con imprenditori, ditte e organizzazioni di volontariato quali: associazioni d’arma, prociv e CRI.
Il Libro dei libri” racconta di un diluvio che distrusse tutti gli esseri viventi sulla Terra. Dio si rivolse a un uomo affinché costruisse una struttura che potesse ospitarlo con tutta la sua famiglia e che potesse contenere una coppia per ogni esemplare di animale. Ci vollero molti anni per realizzarla, forse 40 o 50. Bisognava abbattere gli alberi, trasportare i tronchi, ricavarne le travi e congiungerle.
Dal libro della Genesi: “Noè si riposa per qualche istante, si sgranchisce la schiena e i muscoli indolenziti. Seduto su una grossa trave di legno si sofferma a pensare sull’imponenza dell’arca. Nell’aria si respira l’acre odore del catrame bollente per sigillarla perfettamente all’acqua; il rumore degli attrezzi riecheggia ovunque. Noè vede lavorare duramente i propri figli in punti diversi della gigantesca costruzione. Sono anni ormai che i figli, le nuore e la moglie collaborano con lui alla realizzazione di questo progetto. Hanno già fatto molto, ma la strada è ancora lunga. La gente della zona pensa che siano tutti fuori di testa e li deride. Più l’arca prende forma, più l’idea di un diluvio che sommergerà l’intera terra desta l’ilarità generale. Il cataclisma che Noè continua a preannunciare sembra inverosimile, assurdo”.
Come per costruire l’arca anche per prepararsi alle calamità occorrono molti anni e serve prendere coscienza che è solo una questione di tempo. Non stiamo comportandoci come le formiche che durante la stagione bella e “in tempo di pace” lavorano incessantemente per prevenire le difficoltà dei tempi duri dell’inverno. Sembriamo tante cicale che pensano solo al loro divertimento convinti che i disastri interesseranno sempre e solo gli altri.
Dimenticando però il 6 febbraio 1971.
“Coloro che non ricordano il loro passato sono condannati a ripeterlo”.
(Frase incisa in trenta lingue su un monumento nel campo di concentramento di Dachau)