Navigando in rete è possibile trovare e leggere molti articoli relativi alle bellezze di cui il territorio e la città di Tuscania sono privilegiati detentori.
L’antico lavatoio pubblico è uno dei monumenti simbolo di questo comune. Ubicato all’interno del centro storico del paese, costituiva un punto di ritrovo e un luogo di socializzazione per le massaie di una volta.
Un piccolo gioiello da scoprire in fondo a via della Lupa.
Al link seguente è raccontata la vita che vi scorreva dall’inizio del secolo scorso sino a diverse decine di anni fa.
Sullo stesso sito è possibile leggere la lagnanza di un cittadino, che risale a 7 anni fa, per le condizioni in cui versava il lavatoio.
“Da un cancello in ferro a doppia anta si accede scendendo ad un caratteristico lavatoio inizi 900. Sotto un tetto in coppi, sono collocate le fontane a forma rettangolare in pietra grigia attaccate al muro perimetrale; in terra i classici sampietrini in basalto.
Ancora sgorga dalle “cannelle” in ferro l’acqua che cade nelle vasche con il caratteristico scroscio.
Le donne, tra un pettegolezzo e un altro, insaponavano, stropicciavano e sbattevano sulla pietra inclinata quei robusti indumenti tessuti anche in canapa locale per espellere il sudicio con forza per poi risciacquarli nella vasca con acqua chiara corrente.
Tempi passati, la lavatrice elettrica lo ha mandato in pensione e ne è cambiata la destinazione d’uso: da lavatoio storico a vespasiano odierno”.
Oggi il sito è chiuso con catena e due lucchetti e, lasciato al suo destino, sembra tornare lentamente alle condizioni di 7 anni fa.
Tutte le sue cannelle, da cui sgorgava l’acqua, ora sono chiuse e le vasche vuote contribuiscono a dare l’idea di un certo abbandono. Due lunghe fettucce di plastica bianche e rosse fanno pensare alla scena di un crimine consumato. Il suo pavimento di sampietrini lentamente si sta ricoprendo di erbacce e foglie secche. Il muschio cresce un poco ovunque, le pareti e le vasche necessitano di una urgente manutenzione.
L’antico lavatoio è una testimonianza viva di una cultura contadina legata alla natura, alle stagioni e ai cicli della vita. Era un luogo di fatica ma, prima dell’arrivo degli elettrodomestici, anche di una certa valenza sociale. Questo, come molti altri lavatoi sparsi per il centro storico, sono una presenza diffusa, amata e da molti apprezzata a testimonianza di una storia di famiglia ancora viva nei cuori e nelle schiene di molte ex massaie di una certa età.
Ecco perché è necessario valorizzarlo. Bisogna permettere all’acqua di tornare a scorre di nuovo in questo incantevole teatro di vita quotidiana di un tempo non molto lontano e che ora necessita di un restauro materiale allo scopo di ridare a questa struttura la giusta importanza sociale e culturale.
La chiusura delle sue fontanelle è un vero peccato, considerando che la tipologia di questo lavatoio appare come la più interessante fra quelle ancora esistenti sul nostro territorio. Il fatto di possedere una struttura come questa ci permette di ritenerci fortunati. La sua valenza storico architettonica importante lo dovrebbe inserire, a ragione, come parte del patrimonio artistico, etnico e antropologico della città di Tuscania e di conseguenza abbiamo l’onere di valorizzarne proprio questo aspetto.
Le sue attuali condizioni sembrerebbero evidenziare che non si ha a cuore la tutela delle tradizioni, la sorte di questo storico manufatto e delle risorse paesaggistiche. Anziché chiudere definitivamente l’acqua si potrebbe ovviare con l’istallazione di rubinetti che regolano il flusso, preservando così l’originaria funzione delle vasche permettendo, a chi lo desiderasse, di poterlo “continuare ad usare” come è stato fatto per oltre un mezzo secolo.
Non sarebbe bello veder tornare agli antichi splendori il lavatoio e inserirlo tra i gioielli di uno scrigno da aprire?
È veramente un sacrilegio vederlo andare di nuovo lentamente in rovina, come sta succedendo al polisportivo dell’Olivo o al teatro comunale. Non permettiamo che anche il lavatoio crolli sotto il peso dell’incuria, del disinteresse e dell’incompetenza, perché come disse qualcuno: “Amare le tradizioni non è adorarne le ceneri, ma tenere sempre la loro fiamma accesa”.