Ricevo dalla società DCS e pubblico nel mio blog:
La Società DCS, promotrice dell’impianto fotovoltaico in località Pian di vico, a Tuscania, si sente in dovere di controbattere alle ultime dichiarazioni lette sulla stampa locale.
Le dichiarazioni in oggetto stavolta sono a firma di un gruppo di associazioni ambientaliste: Assotuscania, Gruppo di Intervento Giuridico Onlus, Italia Nostra, LIPU – Bridlife Italia, Mountain Wilderness e Pro Natura, ma fanno parte di una massiccia campagna di demonizzazione (che in più frangenti ha sconfinato in vera disinformazione) del progetto di Pian di vico e delle energie rinnovabili in generale.
Risulta paradossale dover difendere tali progetti proprio nel periodo storico in cui gli scienziati di tutto il mondo hanno riconosciuto che il cambiamento climatico, di cui tutti vediamo e subiamo gli effetti sia a scala locale che globale, è inconfutabilmente opera dell’uomo.
Nel mese più caldo dell’anno più caldo mai registrato a memoria d’uomo, mentre tutti gli esperti mondiali ci avvisano di essere vicini al punto di non ritorno perché l’atmosfera è satura della CO2 prodotta dalle combustioni che alimentano la società moderna e globalizzata, il pianeta si riscalda a ritmi mai visti nei millenni precedenti, la zona temperata del mondo (per intenderci, quella in cui viviamo) è a fortissimo rischio di desertificazione, l’Europa ci impone di aumentare in maniera significativa la nostra quota nazionale di produzione di energia rinnovabile, assistiamo con stupore alla crescita di “ambientalismi da cortile”.
L’articolo da cui prendiamo spunto, e a cui intendiamo rispondere, titola a proposito dell’impianto di Pian di Vico: “un autentico scempio ambientale”.
Esaminandone il testo, si legge di “terreni agricoli e boscati stravolti dalla speculazione energetica, senza che venga eliminata nemmeno una centrale elettrica alimentata da fonti fossili”, e di “pesanti impatti sull'ambiente e sui contesti economico-sociali locali”.
Ebbene, queste affermazioni – lacunose ed erronee - denotano una visione forzatamente di parte, e palesemente miope. Se si fosse esaminato il progetto, prima di osteggiarlo, si sarebbe visto che i terreni agricoli non vengono minimamente stravolti, le aree boscate non vengono nemmeno toccate, gli impatti sull’ambiente sono di fatto minimi e temporanei, completamente reversibili, e le ricadute socio-economiche nel loro complesso obiettivamente positive.
I terreni coinvolti sono terreni in gran parte coltivati a grano e cereali, non di certo a produzioni di ortaggi o frutti, venduti dai proprietari di propria iniziativa, vista anche la crescente crisi che investe il settore agricolo. Le aree boscate sono una vera invenzione non essendo dal progetto interessata nessuna area con tali caratteristiche e, ogni singolo albero presente sulle proprietà verrà mantenuto in tutta la sua bellezza. Inoltre, verranno impiantati nuovi alberi, arbusti e cespugli, e in numero considerevole. I terreni continueranno a essere utilizzati per la pastorizia.
D’altra parte, il progetto è stato sottoposto (e sottolineiamo volontariamente) alla più completa procedura di valutazione degli impatti ambientali prevista dalle nostre leggi nazionali, ed esaminato da tutti gli Enti preposti ad esprimersi per le singole aree di competenza, e tutti hanno dato parere positivo.
L’unico parere negativo è stato dato dalla Soprintendenza, paventando impatti sul contesto di paesaggio storico e archeologico. A parte che il parere della Soprintendenza non è né qualificato né vincolante, essendo l’impianto fuori da ogni area di vincolo, si deve considerare che l’impianto è invisibile e schermato dalle pubbliche vie e che la relazione archeologica preventiva ha escluso la presenza di beni archeologici.
Ecco perché la Regione e tutti gli Enti intervenuti hanno superato il dissenso all’unanimità (tra l’altro, la stessa Soprintendente Arch. Farina ha dichiarato in Conferenza dei Servizi che essendo l’impianto fuori da zone di vincolo, la Soprintendenza non dovrebbe proprio esprimersi).
Per l’ubicazione del progetto è stata scelta un’area individuata come compatibile, a fronte del suo relativo valore paesaggistico, dal Comune stesso tramite una delibera di consiglio comunale votata all’unanimità e redatta con l’ausilio proprio dell’associazione Assotuscania.
La compatibilità del progetto con la pianificazione energetica regionale vigente è stata dichiarata nel parere positivo della competente Area regionale.
Il potenziale impatto sui beni archeologici eventualmente reperiti durante i lavori è stato portato a zero con le prescrizioni di far seguire passo passo la realizzazione delle opere da archeologi qualificati, che dovranno tenere i contatti non con l’impresa, ma direttamente con gli Enti preposti.
Enel sta smantellando oltre 20 centrali termoelettriche grazie alla produzione di energie rinnovabili (tra cui spiccano fotovoltaico ed eolico), una delle quali a Montalto di Castro.
Nonostante ciò, sedicenti associazioni ambientaliste, che talvolta sono mosse solo dalla difesa del proprio ristretto giardino, forniscono informazioni lacunose o persino destituite di fondamento e spesso cercano di raccogliere denaro disinformando l’opinione pubblica e attuando collette che hanno il sapore di quelle fatte ai tempi della scuola. Con ingenuità disarmante, ma forse talvolta anche con allarmante malafede.
Sarebbe molto più onesto e costruttivo da parte di questi soggetti interloquire con le Società che propongo i progetti, anziché combatterle a nome di sedicenti “comitati”, dei quali non si è mai visto un aderente, promossi da personaggi quantomeno poco competenti, mossi da una radicale concezione di ostracismo a qualsiasi iniziativa privata.
Addirittura, persone qualificatesi come vicine alla Assotuscania, prima di questo attacco, ci hanno contattato per sapere se l’autorizzazione del progetto di Pian di Vico fosse in vendita, dicendosi rappresentati di soggetti interessate all’acquisto.
C’è di vero, nell’articolo, che contro il progetto è stato proposta opposizione al Consiglio dei Ministri dal MIBAC, che ha anche fatto ricorso al TAR, iniziativa giudiziaria promossa anche dal Comitato Salute e Ambiente. A oggi siamo in attesa che il Consiglio dei Ministri si esprima in merito all’opposizione presentata dal MIBAC; nel frattempo, però, il TAR ha respinto le istanze cautelari sia del MIBAC stesso che del Comitato Salute e Ambiente di Carlo Leoni e Adrian Moss, che ancora oggi chiedono contributi per le spese di detto ricorso, non menzionando che la loro domanda di sospensiva è stata rigettata non solo per l’assenza di pericolo, ma anche perché presenta aspetti di inammissibilità.
Peraltro, il Comitato Salute e Ambiente non ha nemmeno notificato il ricorso al TAR a DCS, soggetto contro-interessato, così condannando inevitabilmente il ricorso al rigetto finale.
Viene da chiedersi, allora, se contributi che si continuano a raccogliere vengano rendicontati e gestiti in maniera trasparente e ai soli fini per cui dichiaratamente vengono richiesti.
Comunque, riflettendo sulle iniziative giudiziarie, sulle raccolte fondi, sulla poderosa campagna stampa attuata, pensiamo che sarebbe stato molto più trasparente, intellettualmente onesto e scientificamente formativo proporre tavoli tecnici in contraddittorio con le Società che si osteggiano, dandoci modo di rispondere in modo tecnico e magari insegnando qualcosa a chi in buona fede ignora i fatti.
Nel nostro caso, più volte ci siamo pubblicamente dichiarati disponibili a questi tipi di incontri, ma non abbiamo mai ricevuto risposte.
Il dubbio è legittimo: sarà un caso?
L’amministratore di DCS.
Nato e residente a Tarquinia .
Non della Sardegna o del Trentino o Francese.