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TUSCANIA ATTRAVERSO I SECOLI
di Giuseppe Giontella
IL PERIODO ROMANO (III sec. a.C. -Quando Tarquinia perde ogni controllo sul territorio, quasi subito è Roma a subentrare al suo posto nell'Etruria meridionale. Nessuno storico antico ci narra quando Tuscania sia stata sottomessa da Roma: forse ciò avviene, intorno al 280 a.C., in modo pacifico. Il Colonna osserva come i centri più ricchi di tombe rupestri (fra questi Tuscania) si trovino nelle immediate vicinanze dell' Ager Romanus, confiscato da Roma alle città dell'Etruria meridionale: queste vaste zone agricole finiscono, poi, per essere sfruttate dalla nobiltà dei piccoli centri etruschi con il consenso di Roma; «in fondo era questo un modo per ricompensare il ceto nobiliare per illealismo sempre dimostrato verso Roma». Come controprova di questo, il Colonna ritiene che l'apertura della via Clodia (225 oppure 183 a.C.) sia il risultato di una concessione benevola di Roma verso la nobiltà etrusca a lei favorevole. La via Clodia «è una strada ben diversa dall' Aurelia e dalla Cassia, in quanto non porta verso il nord, ma, anche se il suo obbiettivo finale è il territorio delle due prefetture vulcenti (Saturnia e Statonia), serve a collegare pazientemente tra loro e con Roma le città dell'Etruria interna: Blera, Norchia, Tuscania, Castro, Sovana.
L'apertura di questa strada (...) significa il riconoscimento del ruolo politico assolto dalle aristocrazie locali nei confronti di Roma, e -
Fin dagli inizi del III e durante il II sec. a.C., si sviluppa a Tuscania una fabbrica di sarcofagi in terracotta, lavorati a parti staccate e successivamente ricomposte; «le teste ottenute a stampo, sono poi ritoccate e vivificate con un' ampia lavorazione a stecca» (Bianchi Bandinelli -
La nascita della fabbrica tuscanese dei sarcofagi in cotto è la conseguenza del declino e dello scadimento dei sarcofagi tarquiniesi: la produzione fittile di Tuscania si rivela «atta a soddisfare una piccola classe dirigente locale ansiosa di conservare un' autonomia, conquistata prima di fatto e poi -
Oltre agli Statlane conosciamo i nomi gentilizi di numerose famiglie del n sec. a.C.: i Rufre, i Nerina, gli Hintiu, i Petru, i Puplina, i Ceisina, i Vipe, i Cae, i Sisinia. La documentazione più ricca riguarda gli Statlane (della quale tratterà certamente Marina Cristofani Martelli nella sua imminente pubblicazione «Le tombe di Tuscania nel Museo Archeologico di Firenze», che sarà edita per i tipi di OlschKi).
Conosciamo anche qualche nome delle famiglie che vivevano nei maggiori centri del territorio tuscanese, come i Ceisu a Roccarespàmpani; gli Heiri e i Thuethlies a Collina d'Arcione; i Satna e i Pelies ad Arlena; gli Arinas, i Pepna, i Ceisu, gli Apuna, i Ritna, i Cales alla Cipollara.La Guerra Sociale (90-
Del Collegio dei Decurioni, il «Senato» locale, è stato membro Caio Copone Crescente (CIL 2956). Anche ,.
in epoca romana, continuano a sopravvivere le cariche sacerdotali: troviamo così Lucio Emilio figlio di Lucio Festo, che ha esercitato la carica di «Aruspice Decuriale» (CIL 2955).
Dopo la conquista romana gli aristocratici etruschi si comportano da conservatori. «l pochi personaggi sicuramente conosciuti di quest'epoca (88-
Due parole, infine, sulle origini del nome «Tuscania». Il nome etrusco della città è sconosciuto. Il nome latino, TUSCANA, è citato per la prima volta da Plinio il Vecchio (Naturalis Historia, III, 5, 52); o meglio, egli non nomina la città, ma i suoi abitanti, i TUSCANIENSES, con una grafia errata, perché tutte le successive iscrizioni I riportano la forma corretta TUSCANENSES.
E esatta, ad esempio, la forma in genitivo TUSCANENSIUM di CIL 2956. Il Colonna spiega che l'errato TUSCANIENSES possa essersi prodotto per analogia con TARQUINIENSES. Il nome TUSCANA è attestato solo nel 143 d.c., in un elenco di soldati, tra i quali compare appunto un tuscanese, Caio Claudio Menodoto. Nel Basso Impero non abbiamo altra documentazione del nome: per ritrovarlo bisogna giungere alla Tabula Peutingeriana e all' Anonimo Ravennate (IV, 36).