Sapete che ‘na vorta una chiesetta
c’era in zona chiamata Romitorio
edificata in quello territorio
a piede annanno pe’ quella stradetta
che sta davante all’ex ente maremma;
lo svolgeremo mo questo dilemma.
Nell’architrave ‘nde chiave de volta
c’è millennovecentosessantuno
inciso e accanto ce ne sta sol che uno
de giglio fiorentino a fa da scorta,
mentre sulla finestra che dà sul fosso
ce ne so’ tre nell’architrave addosso.
Penso che da la stirpe de’ Farnese
fatta ce fosse lì la Rusciavecchia,
ridotta adesso ad una catapecchia:
lì dentro ce sta ancora in male arnese
un angioletto azzurro ch’è affrescato,
verso l’altare, ch’era pitturato.
Queste le cose certe che ho veduto
e altre ricconto lette con affetto
in carte spase che co’ mio dispetto
doppo ricerche varie ho poe perduto,
lì c’era tutta quella dotazione
che serviva alla chiesa a fa funzione,
calice, e poe pianete ed ostensorio.
Se faceva ‘na corsa pe’ la festa,
pe’ rinnovà del palio quelle gesta;
della pieve a nessuno è poe notorio,
cosa che mae nessuno l’ha sentita,
‘l nome Cannavella del romita.
Vicino c’è una stanza, abitazione
di un romita che adera tanto vecchio
presso ‘l fosso ch’è detto de Capecchio;
‘na volta all’anno con gran devozione,
la gente li vicino de campagna
ci annava a messa tutta in pompa magna.
Ed una strada fu sempre mantenuta
pe’ chi voleva annacce in quella chiesa,
ma alla fine, benché poca la spesa,
fu abbandonata e non più riveduta.
Io l’ho qui scritta co’ lena parecchia
memoria della chiesa Rosavecchia.
Nota: Rusciavecchia, credo che sia il nome corrotto di Rosavecchia. La chiesa sorge vicino al fosso di Capecchio, che tante volte va in rovinosa piena; non so perché ancora la chiesa ancora intatta in sito e non sia stata distrutta . Ho letto in un manoscritto tanto tempo fa (non ricordo più quale sia) le notizie, che poi ne feci delle fotocopie, ma ho perduto anche quelle. Rosavecchia appartiene ora ai fu fratelli De Marchi Lorenzo, Amedeo e Benigno ed insiste su piccole aree che a sua volta acquistarono da altri. Ora è dei fratelli Marcoaldi figli del fu maestro elementare Stelio che aveva anche una impresa edile. Per questo il sacro edificio è pieno di tavoloni e di canne innocenti li depositati, e non e più possibile visitarlo, anche perché a un decina di metri un cancello si rete ramata impedisce accedervi. Tuttavia da quella distanza è possibile vedere la chiave di volta con la data ed il giglio fiorentino. Uno dei figli di Stelio è il medico Nazzareno che ha lo studio in Viterbo. Nella chiesetta in una notte tempestosa capitò san Paolo della Croce, che da Tarquinia voleva raggiungere il Monastero del Cerro, ma nei pressi fu preso da malore e fu soccorso dal romita. Il giorno seguente di buon mattino il santo riprese il viaggio.
Tuscania 14.05.2022 - Luciano Laici