Nel 1769 affinché non mancasse qualsiasi strumento per l’ordinamento del territorio e per il vantaggio dell’agricoltura la Reverenda Camera Apostolica dello Stato Pontificio costruì, in questa località, la dimora di campagna, i magazzini e la chiesa . Diresse i lavori Gaetano Salvi, tesoriere ed appaltatore delle Dogane della provincia del Patrimonio di San Pietro in Tuscia. Egli intitolò la chiesa al santo suo eponimo: San Gaetano da Thiene.
Il cinque dicembre 1805 Domenico Lavaggi , banchiere , console ed addetto commerciale della Repubblica di Genova a Roma, ottenne la tenuta di Montebello per un suo credito di centomila scudi nei confronti della Reverenda Camera Apostolica dello Stato Pontificio.
Il 3 aprile 1862 il cardinale Gaetano Bedini, vescovo tuscanese e viterbese, con il canonico Don Bonaventura Raffaelli, provicario generale, e Don Giovanni Battista Rosati, primicerio, insieme ai convisitatori, al cancelliere canonico Luigi Sartori ed ai familiari, con un carro si diressero alla Chiesa Rurale sita nel tenimento di Montebello , dedicata a San Gaetano e a Sant’Isidoro l’Agricoltore e la visitarono: vi era un unico altare. Il cardinale raccomandò che il quadro fosse restaurato o rinnovato ed ordinò che la sede confessionale fosse ripulita come anche il soffitto in legno. Vi erano gli arredi ed i paramenti sacri. Dopo il pranzo partì dalla tenuta.
Nel 1913 il latifondo ,di circa 3.000 ettari, fu ereditato da Giulia Lavaggi, figlia di Ignazio e di Rosa Marescalchi, nipote di Domenico Lavaggi e di Giulia Chigi e moglie del marchese genovese Carlo Centurione Scotto, ingegnere e senatore del Regno d’Italia; era allora a puro pascolo e poche semine di cereali con alcuni vecchi casali. Furono fatti gli appoderamenti mezzadrili. Investirono in mezzi ed in infrastrutture, allacciarono la rete elettrica e costruirono un acquedotto. Sul grande casale furono murati gli stemmi di marmo dei Centurione Scotto e dei Lante della Rovere.
Nel 1919 arrivò il perito agrario Rodolfo Chiampan chiamato come Agente Capo a gestire le attività della tenuta. Il suo Vice era Balducci. Aumentarono gli ettari seminati , si fecero le chiusure con i muri a secco, le staccionate e le siepi. Fu fatto lo spietramento di molti ettari per mettere in esercizio le macchine agricole. Furono eseguiti i drenaggi nelle zone acquitrinose e ripuliti i terreni incolti e sterposi. Fu poi costruito un nuovo casale a due piani per i salariati.
Nel 1923 alla chiesa venne aggiunto il campanile. Nel mese di maggio 1924 la regina madre Margherita di Savoia visitò Montebello e lasciò scritte questa parole: ”Oggi ho visto una cosa bellissima e che rimarrà sempre nell’animo e davanti agli occhi: il bellissimo risultato di nobilissimi e generosissimi sforzi di due persone che hanno cuore, animo e mente molto alti nella sfera del bello morale. Onore a loro. MARGHERITA.” Si legge nella lapide: ”ADDI’ 17 MAGGIO MCMXXIV ALLA REGINA MARGHERITA COMPIACQUE ONORARE DI UNA SUA VISITA LA TENUTA PILOTA DI MONTEBELLO DI TUSCANIA A RICORDO POSERO CARLO E GIULIA CENTURIONE SCOTTO”
Nel 1925 in questa località c’era una masseria di mille pecore di razza sopravissana, centocinquanta capi bovini, vari equini e suini. La dotazione delle macchine era di tre trattrici, due trebbiatrici, varie seminatrici, falciatrici, mietitrici, un camion per le derrate, un’automobile per il personale. Era in atto la bonifica integrale e la tenuta di Montebello era considerata quale pietra di paragone per la bonifica da eseguire in tutta la zona. Vi lavoravano braccianti tuscanesi e pecorai piansanesi. Dal mese di settembre a giugno vi pascolavano anche le greggi dei montagnoli umbri, marchigiani e sabini.
Nel 1929 l’azienda era divisa in 300 ettari di bosco, 300 ettari di colonie da 40/50 ettari ciascuna, 500 ettari nel centro condotto in economia a Montebello, 150 ettari nel simile centro al Quarticciolo. Nei rimanenti 800 ettari c’era il pascolo migliorato, le piantagioni di olivo e l’affitto ad alcuni coltivatori diretti. La rotazione colturale era leguminose-foraggere, cereali. Tutti i coloni ed i salariati avevano il loro orto. C’era acqua corrente, c’erano gli alloggi per gli operai, i salariati ed il personale direttivo , gli uffici, i magazzini per le macchine e le derrate che erano ampi, l’officina per le riparazioni della macchine, due stalle, due concimaie, il ricovero per gli ovini in muratura, il porcile, il pollaio e quattro silos. Anche i coloni avevano grandi fabbricati.
Nel 1930 abitavano a Montebello più di trecento persone tra mezzadri ed operai. Nella chiesa di Santa Rosa, che fu ampliata e corredata di vari arredi nel 1932, officiavano il canonico teologo Don Leopardo Venturini ed il canonico Don Francesco Farrocchi parroco della cattedrale di San Giacomo Apostolo il Maggiore di Tuscania , che la domenica il fattore andava a prendere con il carretto a Tuscania e, arrivati a Montebello, celebravano la santa Messa ed assistevano religiosamente e moralmente la popolazione. Dopo il rito la comunità agricola si incontrava nei locali del dopolavoro con la sala per le proiezioni, si giocava a bocce e si faceva attività sociale dopo una settimana di lungo lavoro mentre le mamme tornavano ai casali per la preparazione del pranzo. Vi era un campanile altissimo che si vedeva da molto lontano. Nei periodi autorizzati gli agricoltori andavano a caccia. Nei giorni feriali si apriva la scuola ed i quaranta bambini si incamminavano per tre, quattro o cinque chilometri per arrivare al centro. Si ricordano le maestre Teresa Mauri di Capranica, Angela Marchesi, Augusta Piccioni di Tarquinia, Giuliana Sartori ,Elvira Sposetti, Rosaria Reda Bartolacci ed i maestri Bruno Blasi di Tarquinia, Livio Pierini, Giulio Bravi e Danilo Ciccioli.
Nel 1931 il vergaro, capo di tutto il personale di custodia delle greggi , era Matteo Martoni da Forlì.
Il 21 aprile 1933 ai signori di Montebello fu assegnata l’onorificenza della “Stella di merito rurale” , una distinzione ed una decorazione che premiava gli agricoltori che avevano apportato un contributo efficace ed esemplare all’incremento dell’agricoltura: Montebello era una fiorente azienda agricola. Giulia Lavaggi nel 1937 morì senza figli e lasciò i beni alla nipote Marcella Grazioli Lante della Rovere, figlia di sua sorella Maria , che era sposata con Carlo Ceriana Mayneri, generale dell’esercito italiano .
Nel 1951 vi lavoravano il bracciante Angelo Farrocchi tuscanese dalle origini di Capranica , i pastori piansanesi Angelo Binaccioni, Andrea Mezzetti e Tarcisio Sciarretta , Antonio Girmanti da Poggio Perugino , Pietro Braghelli da Ferentillo , Gildo Baldelli , Giuseppe Tacchi , Remo Pasquarelli e Giovanni Marinangeli da Gualdo Tadino , Luigi Bianchi e Giuseppe Simoncelli da Cantiano . Il dirigente era il Perito Agrario Rodolfo Chiampan con il fratello Aurelio e la sorella Ines da Lozzo Atestino , con i figli Romolo, Ortensina e Vittoria detta Rinetta, il contabile il Perito Agrario Lionello Sabatti da Parenzo , i guardiani Raniero Niccoli da Leonessa e Umberto Pierini da Montecosaro , il fabbro ferraio Raggio Morettini da Canino, il meccanico Pietro Tiberi, lo stallino dei cavalli Fortunato Tiberi , negli anni precedenti insieme al fratello Giuseppe, tuscanesi originari di Monteverde di Montegiorgio, lo stradino Sante Tosi, tuscanese anche lui come i precedenti, i mezzadri Giuseppe, Luigi e Bruno Risi da Montefiascone ex Camerino e Lauro, Guido, Giuseppe, Goffredo e Gianfranco Principi da Morrovalle , i vergari Tarquinio e Piero Pinacoli, originari di Gualdo Tadino, il porcaro Carlo Paradisi da Montegiorgio . Vi erano i poderi da 30 rubbi ciascuno cioè circa 55 ettari per azienda agricola. Al casale della Polledrara già nel 1935 vivevano i mezzadri Giuseppe ed Eugenio Fava da Porto Recanati , al Casalino Secondo, dopo i fratelli Pettinari Luciano e Oreste Lionello da Montegiorgio, arrivarono Felice Ercolani da Piansano ex Montegiorgio e poi Bernardino, Pietro, Mariano Francesco Giuseppe, al Casalino Primo dal 1929 Francesco Eutizi fu Tommaso da Piansano ex Castelsantangelo sul Nera e poi anche Giuseppe e Silvio. Al Quartaccio Pietro, Girolamo, Eliseo, Silvio, Salvatore e Giovanni Giannoni originari di San Marino. A San Lorenzo Mario e Giovanni Nicolai da Montefiascone e originari di Lucca , al casale Guado delle Spina Onori Eugenio tuscanese ex Camporotondo di Fiastrone , Fiorentini Secondiano tuscanese originario di Belmonte , Mancini Valentino tuscanese, ex Penna San Giovanni, Nassi Francesco tuscanese ex Campagnano, al Loto Nero prima Giuseppe Principi, poi Achille , Osvaldo e Lauro Principi da Morrovalle ed in parte anche Giovanni Nicolai e Giuseppe, Venanzio e Luigi Risi da Camerino e Arnaldo e Luigi Nassi. Alla Castellaccia prima Giuseppe e Domenico Fava da Porto Recanati poi Domenico Fava fu Giacomo e Giuseppe ed Alfredo Ortolani da Morrovalle e infine Domenico Fava e Serafino, Franco e Baldo Mancini da Penna San Giovanni . Al Saetto prima Giuseppe, Nazzareno, Umberto e Leandro Principi da Morrovalle poi Carizio, Aurelio e Ruggero Principi da Morrovalle quindi Nazzareno e Franco Di Marco da Viterbo. Alla Ciuffa Macellari di Tarquinia poi Tommaso, Italo e Carlo Eutizi da Piansano. Alla Leona prima i Giannoni poi Settimio, Adorno e Fortunato Nicolai da Montefiascone ex Lucca. Al podere Maria i Chiampan Rodolfo e Romolo da Lozzo Atestino. A Lascocanale Francesco Falesiedi da Piansano poi si aggiunsero Girolamo e Umberto e i Giannoni Eliseo, Silvio e Pietro. Il podere Poggio Primavera era del benestante Mariano Piergentini e vi lavoravano come mezzadri Giuseppe Ortolani da Morrovalle e Giacinto Mecorio da Piansano.
Al Quarticciolo dapprima i pecorai Paolo Rosati e Anzuino Bonifazi da Piansano, Pietro Santucci da Leonessa, Alessandro Napoli da Montefiascone, Giovanni Amici e Domenico Fulvi da Ussita, Raffaele ed Ubaldo Amici da Spoleto e Gigliolo Astolfi tuscanese , in seguito Vincenzo, Alfredo e Rodolfo Fava da Porto Recanati ed Attilio, Alberto, Enzo Vittorio e Silverio Eutizi da Piansano. Tutti gli agricoltori di Montebello erano coscienti di avere bisogno gli uni degli altri e c’era la fratellanza. Gli stemmi delle vetrate della chiesa sono della famiglia Lavaggi, d’azzurro dall’albero di verde, sinistrato da un leone di rosso ed accompagnato in capo da tre stelle d’oro.
Nel 1949 le tegola con l’immagine della Madonna della Quercia fu portata in processione a Montebello dove rimase per un giorno. Nella foto dell’epoca si notano sul camion i due guardiani Raniero Niccoli ed Umberto Pierini.
Nel 1951 Montebello fu destinato dall’Ente Maremma a reparto, cioè un insieme di più nuclei familiari che beneficiarono dei poderi assegnati dopo gli espropri fatti dalla Stato Italiano ai proprietari terrieri, ogni podere aveva un casale e dodici ettari.
Nel 1958 i mezzadri divennero affittuari dei poderi e nel 1972 acquistarono le terre e i casali dove abitavano , anche attraverso le facilitazioni previste dalla legge sulla piccola proprietà contadina.
Nel 1970 fu portata a termine la costruzione della diga , opera di ingegneria idraulica che deviò parte delle acque del fiume Marta.
Dopo il terremoto del 1971 il campanile fu abbassato nella forma attuale.
Nel 1972 il grande palazzo fu acquistato dal famoso pittore tuscanese Giuseppe Cesetti il pittore di luce con i paesaggi della Maremma: cavalli, buoi, case, la campagna, le colline, il cielo, i fantini, le staccionate, i terreni seminati, le macchie, il meriggio con i colori soffusi, leggeri e luminosi: rosati, gialli, bianchi , verdi, celesti. Nello studio di Montebello svolse la maggior parte del suo lavoro artistico. Da lì ammirava il mar Tirreno, le alture di Montauto, l’ Amiata, i Cimini, i cinque monti di Allumiere e le vallate dei fiumi Marta e Fiora.
Nel 1997 Alberto Giubilo, giornalista, telecronista sportivo e voce dell’ippica e dell’equitazione, scrisse: ”Dalla casa di Tuscania di Giuseppe Cesetti facemmo una visita all’allevamento della Tortorella, la sua bandiera ippica, ed eccoci poi al castello di Montebello, il suo museo personale. Lì gelosamente conservava i quadri ai quali era più legato. La sala immensa, le pareti ingioiellate dai quadri!”
Nel 2002 Lidia Reghini di Pontremoli, storico, critico d’arte e docente ordinario della cattedra di Antropologia Culturale dell’Accademia di Belle Arti di Roma, aggiunse : ”Aprire la porta della dimora di Montebello è tornare indietro nel tempo. Qui la memoria è forte come un ulivo, vive nell’asperità ventosa di questa terra apparentemente scarna. Qui rivivono i fantasmi di settecento, ottocento e novecento, si incontrano su per le antiche scale. Terra selvaggia che urla e sussurra. Luogo che sembra vivere di una sua spontanea , interiore fertilità, segno di una vita che, a dispetto del tempo e dei suoi mutamenti, caparbiamente vuole scorrere e continuare ad esistere inseguendo il filo di generazioni future.”
Benedetta Montevecchi scrisse che nella casa parrocchiale della chiesa del Sacro Cuore in Tuscania sono conservate due preziose piccole tele che erano nella chiesa di Santa Rosa a Montebello. Una raffigura il “Trionfo della fede” di autore emiliano intorno al 1650, di arte barocca: vi è raffigurato “un carro trainato dagli angeli in cui siede la fede che, impugnando il calice eucaristico e preceduta dalla croce, travolge le eresie che precipitano in basso”.
La prestigiosa attribuzione al pittore bolognese Giovanni Andrea Donducci detto il Mastelletta (1575-1655) è proposta dal Livia Carloni per la seconda tela: “La Maddalena confortata dagli angeli” , raffinato quadro privato donato dalla famiglia Centurione Scotto alla chiesa di Montebello. Il Mastelletta fu un pittore barocco che ritornò a dipingere la natura dopo il manierismo. Inoltre nella chiesa di Montebello c’erano anche i quadri del Sacro Cuore, di Santa Rosa, della Via Crucis, della Madonna ed il fonte battesimale. La chiesa di Santa Rosa era nel territorio della parrocchia del Sacro Cuore di Tuscania. Nell’edicola della Madonnella vi era l’immagine della Madonna della Quercia in ceramica. La chiesa è chiusa al culto dal 2010.