Nell’androne del palazzo di questa famiglia si legge: “ PAX HUIC DOMUI IN AETERNUM” pace a questa casa in eterno. Il palazzo in via del Riuscello è del 1506 e vi è il loro stemma con tre stelle, i segni dei pellai ,dell’arte del cuoio e tre spighe di grano in un maestoso portale di nenfro. Nelle finestre è scolpito il nome :
“ PAULUS VANNU DEI OPE FUNDAVIT DIE XII FEB MCCCCCVI” Paolo Vanni costruì con l’aiuto di Dio il giorno 12 febbraio 1506.
Nel 1530 Brizio Vanni, probabilmente originario di Siena, coltivava i terreni in contrada Maschia e Sebastiano alla Valle dell’Oro mentre Vittorio e Sebastiano insieme al Podigliolo, nella contrada Tegnani e nella contrada del Caio. Nel 1538 avevano dei possedimenti anche al Vallengo, nella Valle Sarnana, nella contrada Cave , a San Pellegrino, alla Petrella ed alla Petrara oltre ad un altro pezzo di terra nella contrada Divae Mariae Quietis, la chiesa di Santa Maria del Riposo.
Nel 1540 Brizio era proprietario di un terreno a Pantalla. Nel 1550 Vincenzo di Brizio Vanni possedeva un terreno nel Prato della Bandita di Pantalla, nel 1552 Vittorio in contrada Prato Lungo, tutti i Vanni erano impegnati nel loro lavoro al Podigliolo, ai Tegnani, al Caio , alla Valle del Nasso, alla Maschia, vicino le murras, i terreni scoscesi, di Pian di Mola, nella valle dell’Oro, nella contrada Mazzanti ed alle Tagliate.
Nel 1561 Sebastiano fu Vittorio di Brizio lavorava a Pian di Vico, allo Sterpaglio e al Prato Lungo e nel 1570 anche alla Bandita di Pantalla. I Vanni dovettero la loro agiatezza alle lavorazioni ed al commercio delle pelli e del cuoio ed alla coltivazione del grano. Anche in via della Rocca c’è un magazzino con il loro stemma con tre spighe di grano.
A Tuscania esistevano le arti dei calzolai e dei pellai che avevano ognuna due rettori.
Producevano la pelle con la concia, la confezionavano e la vendevano. Anche i Vanni erano iscritti all’arte.
La concia, procedura che permette alle pelli di essere colorata, veniva esercitata vicino ai fiumi Maschiolo e
Marta ed il procedimento chimico rendeva il prodotto inalterabile.
La tradizione italiana della pelletteria raggiunse un alto livello qualitativo proprio nel 1500.
I calzolai ed i sellai usavano il cuoio d’asino, di mulo, di cavallo e di bue. La corporazione alla quale erano iscritti era una fratellanza di mestiere con lo scopo della solidarietà sociale, per il mutuo soccorso ed anche per la comunanza spirituale.