Questo cognome è di origine germanica e là era il loro castello con lo stemma del casato. I Thome erano militi, commercianti e magistrati. Probabilmente i loro antenati si portarono in Italia in una delle tante invasioni di popoli del nord Europa. Alcuni di loro si stabilirono anche a Tuscania .
Il 30 settembre 1274 mastro Egidio Thome di Toscanella fu uno dei testimoni della confisca dei beni : un casalino, una vigna ed un terreno vicino al castello di Acquabona, ad Angelo del fu Paolo Romei, detto Voccacepolla, che era stato condannato in quanto eretico. Muzio di Tommaso Thome fu testimone il 25 luglio 1323 dell’atto che il giudice Martino di Vita da Velletri, vicario del podestà, rese noto ai consiglieri comunali, ai rettori delle arti e delle società e cioè ai priori, ai sindaci, ai 6 boni viri ed ai 150 giurati del popolo la trattativa col vescovo Angelo Tignosi relativa ai beni della mensa vescovile della diocesi di Toscanella.
Lo stemma della famiglia Thome (design Ambra Loreti)
Il 21 settembre 1326 il notaio e giudice ordinario Pietro di Muzio Thome nella contrada di Via Maggiore , in casa del padre . autenticò la vendita di un orto di mastro Gemino alla moglie Bonaventura, già a suo tempo rogata da Ruggero di Tommaso . Il 2 giugno 1333 Muzio di Tommaso, sindaco sostituto del sindaco generale Matteo Orsini , nella contrada del Monte nella piazza antistante il palazzo del popolo, coadiuvò il camerlengo Cola di Niccolò a versare a Gerardo di Cante le somme spettanti a Guittuccio di Bisenzo per il residuo del salario e del mutuo concesso , a suo tempo, al comune di Toscanella. Il 13 settembre 1343 Muzio fu testimone dell’atto in cui Enrico del fu Cinzio, per la dote della figlia Giovanna, versò a Muzio del fu Iuzo maggiore di 14 anni, futuro marito di Giovanna, 80 fiorini. Il 10 marzo 1347 Muzio fu uno dei 12 fideiussori tuscanesi che garantirono la promessa di Cecco di Simone, procuratore del comune di Toscanella, a Pietro Stalglie procuratore di Pietro di Agabito Colonna e di Roberto Orsini, di consegnare 1.000 libbre di denaro per il censo da pagare al Campidoglio.
Nel 1349 gli eredi di Coluzza di Muzio possedevano un terreno nella contrada Petrella. Il 3 aprile 1354 Gezzarello di Muzio era un componente del consiglio generale di Toscanella e partecipò alla riunione nel palazzo del comune con i suoi colleghi ed il giudice del Patrimonio di San Pietro in Tuscia Cante da Parma, nella quale fu eletto Puccio di Ciano come procuratore del comune per recarsi presso Egidio di Albornoz , cardinale legato pontificio, per chiedere perdono per tutte le colpe commesse dai tuscanesi contro la Chiesa, avendo essi collaborato con Giovanni di Vico, figlio della perdizione. Cobuzio fu uno degli oltre 370 uomini del parlamento generale di Toscanella che, nella chiesa di San Pietro, giurarono sul Vangelo di essere fedeli a San Pietro, alla Sacra Romana Chiesa, al papa Innocenzo V I ed ai suoi successori e chiesero l’assoluzione .
Palazzo Thome
Dal 1451 Bartolomeo Thome di Angelo di Dio era un notaio e nel 1453 lo era anche Tommaso di Bartolomeo . Il 24 maggio 1460 i fratelli Francesco e Tommaso figli del defunto Bernardino Thome vendettero a Giovanni fu Bartolomeo di Parma , cittadino tuscanese, un pezzo di terra “aquatilis” di quattro staia di semina (4.700 mq) nella contrada di Sant’Anastasia, oltre il fossato dell’Arrone. Il notaio era Gabriele del fu Cola Maccabei. Nel 1462 Tommaso di Bartolomeo ricopriva le cariche di Anziano e Vicecancelliere. Nei mesi di settembre ed ottobre del 1500 Bartolomeo Thome era il Gonfaloniere di Toscanella e Vincenzo Thome Anziano. Scrisse Giuseppe Giontella : “ Nel febbraio 1510 Tommaso di Vincenzo Thome era iscritto al secondo anno di giurisprudenza all’università di Siena ed ottenne (dalla comunità di Toscanella ) i 15 fiorini , relativi al primo anno, previsti dalla norma statutaria che stabiliva un sussidio triennale di 15 fiorini annui per gli studenti di giurisprudenza e 12 fiorini per quelli di medicina purché l’università si trovasse a più di 40 miglia da Toscanella. Inoltre gli studenti erano esenti dalle prestazioni personali dovute alla comunità e da qualsiasi imposta. L’anno successivo , alla fine di ottobre, Vincenzo ottenne il sussidio per il secondo e terzo anno, precisamente 30 ducati d’oro camerali, equivalenti a 30 fiorini.
”Lattanzio Thome era uno dei consiglieri comunali ed il 18 maggio 1536, a seguito di una richiesta della comunità di Canino, essendo “vir facundus” , eloquente e dalla parola facile, salì sull’arringa, invocò il divino nome e consiglio e poi disse che, per favore e riguardo dell’illustrissimo Pier Luigi Farnese, duca di Castro, si poteva fare uno sconto ai caninesi di 3 scudi sui 20 che dovevano pagare annualmente per l’uso del pascolo, nella festa di S. Maria di agosto.
Palazzo Thome
Nel 1538 , anno in cui fu redatto il catasto di Toscanella, Lattanzio dichiarò, come gli altri cittadini, i suoi beni: una casa dove abitava nella contrada di Via Maggiore ed altre due case nella stessa contrada, un’altra nella contrada del Cavaglione insieme ad una “concia coraminis” del cuoio, un magazzino con il solaio nella strada della corsa, altri due magazzini nella stessa via, una vigna di 8 zappe ( 4.000 mq) nella contrada dei pozzi del Cavaglione,un’altra vigna sempre di 8 zappe nella contrada del Muratolo, un canneto di quattro opere ( 4 giornate di lavoro di un operaio) nella contrada del Marta, un altro canneto al piano di S. Lazzaro nella via che va a Viterbo, due grotte sotto il poggio della Civita con un canneto, un prato nella valle del Marta di due falciate e la palumbaria vicino al fiume Marta, due prati vicino al fiume Capecchio, un pezzo di terra di 16 moggi (ettari 1,5)per la semina del lino sempre al Capecchio, un oliveto detto “el cancello” con un pezzo di terra di una salma (ha 1,75) per la semina del grano al piano di S. Angelo, un altro pezzo di terra di 10 salme (ettari 17,5) per il grano alla Fonte delle donne nella via che va alla fonte di Sansecchio, un prato di due falciate al piano di S. Giusto nella via che va alla città di Corneto, un canneto di due opere nella Valle dell’oro, un altro pezzo di terra di 5 salme ( 9 ettari) per il grano al Podigliolo nella via che va al castello di Valentano, terreni nella contrada del Cancello Magro, nella piazza del comune, nella contrada del Pozzo del Cavaliere, un cellario pro indiviso con Cristoforo , Tullio e Filippo Ciglioni.
Il valore imponibile del reddito catastale, ai fini dell’applicazione delle imposte, dei suoi magazzini era di libbre 30 mentre quello dei terreni di 85 libbre. Antonio scalpellino aveva dei beni nelle contrade dei Torchi e di Valle vicino al muto rotto della città, nella contrada del Rusciovecchio ed in quelle di S. Pellegrino e della Petrella. Gli eredi di Virgilio dichiararono gli immobili nella contrada Valle nella strada pubblica che va alla porta di S. Leonardo nella piazza della Colonna. Gli eredi di Vittorio avevano i loro beni nella contrada Valle del Nasso nella via che va a Canino.
Nel catasto del 1552 i beni di Lattanzio erano stati ereditati dalle figlie che abitavano nelle due case più belle: Imperia con il marito Ascanio Recimarelli nella contrada della Via Maggiore e Battista con il marito Filippo Ciglioni nella casa vicina al palazzo della Dogana della Santità di Nostro Signore , il papa. La pittrice Ambra Loreti ha disegnato in modo molto interessante lo stemma di questa antica famiglia tuscanese. Vi è raffigurato un antenato dalla chioma fluente e con la spada sguainata.
Mauro Loreti