- UNA NUOVA PALA D'ALTARE DI ANNIBALE CARRACCI -INTERVISTA A GENNARO ESPOSITO E LUCIANO PASSINI - Succede a Tuscania 2013 - Toscanella - Il blog dei tuscanesi

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- UNA NUOVA PALA D'ALTARE DI ANNIBALE CARRACCI -INTERVISTA A GENNARO ESPOSITO E LUCIANO PASSINI

Pubblicato da in Dal Web · 19/6/2013 08:55:11

Fonte: News-art.it

Gennaro Esposito e Luciano Passini sono due agguerriti storici dell’arte che da molto tempo praticano la ricerca sul territorio con acribia e dedizione esemplari. Caprarola è un fulcro di queste ricerche, per motivi legati alla biografia dei due studiosi (Passini, in particolare, ne è originario), ma soprattutto perché il mero dato biografico è diventato ben presto generatore di una passione culturale che ha portato i due ricercatori a spaziare su tematiche vastissime, sempre incardinate, però, alla terra prediletta.

Naturalmente Caprarola è di per sé luogo "universale", soprattutto in riferimento al Palazzo Farnese che è, effettivamente, un autentico tempio laico, simbolo del concetto di potere e di armonia (è un fortilizio e una Reggia insieme) metafora di un dominio che non conosce confini né mentali né geografici, modello ed emblema di quel momento culminante del tardo Rinascimento che ancora oggi è in grado di insegnare a tutto il mondo.
Ma non è tanto Caprarola l’oggetto, anche se obbiettivamente privilegiato, degli studi dei nostri eminenti colleghi, quanto tutto quel vasto patrimonio, sovente sconosciuto, che si trova sparso su quel territorio. Qui è possibile sviluppare ricerche capillari implicanti una ricognizione allargata a tante altre casistiche, sia per la focalizzazione di opere singole, fino a oggi ignote e foriere invece di scoperte importanti e entusiasmanti; sia per la ricostruzione di rapporti tra artisti maggiori e minori che costituiscono, peraltro, il tessuto connettivo della nostra grande storia dell’arte complessivamente intesa. Di entrambe tali esperienze Esposito e Passini sono protagonisti e questa intervista ne mette in luce alcuni aspetti.

Nell’introdurla va ricordato, infatti, come i due studiosi abbiamo compiuto recentemente una monografia ragguardevole e innovativa suGiuseppe Bastiani, quel pittore, veramente importante e fino ad ora misconosciuto, la cui mano hanno individuato anche nella Reggia farnesiana e che hanno ricostruito passo passo, restituendo alla nostra conoscenza la figura di una artista da troppo tempo ignorato e degno invece di essere riposizionato nel panorama ricchissimo della pittura italiana maggiore del primo Seicento. Il volume, in corso di pubblicazione preso l’editore Campisano in Roma, non mancherà di destare il più grande interesse della storiografia.
Qui invece i due studiosi presentano soprattutto una scoperta singola e preziosa, quella della Pala del Perdono di Annibale Carracci(fig. 1), individuata da Esposito (che ha sviluppato un ampio studio sull’argomento) e Passini sviscerandola in tutte le sue implicazioni.
Un tassello importantissimo nella storia della pittura italiana di primo Seicento e un concreto contributo alla migliore conoscenza del tardo Annibale Carracci, come risulta chiaramente nell’intervista che segue, ricca di sollecitazioni e di nuove linee di ricerca su una materia pur tanto sondata dalla storiografia passata e recente.
D. Come e quando si è arrivati a individuare un'opera che indubbiamente riveste un’importanza eccezionale nell'ambito della ricerca storico-artistica sul Seicento italiano?

Siamo arrivati alla scoperta di quest’opera stupenda nel corso di una lunga ricerca su un altro pittore coetaneo di Annibale: Giuseppe Bastiani da Macerata, che come lui ha lavorato alle dipendenze di Odoardo Farnese. A tal proposito, mai titolo fu più profetico di quello adottato per la pubblicazione degli atti di un convegno svoltosi a Stroncone nel 2003 per fare il punto proprio sullo stato delle ricerche su questo artista: Sulle tracce di Giuseppe Bastiani da Macerata. Ecco, mentre eravamo sulle tracce di Bastiani ci siamo imbattuti in Annibale Carracci. Potrebbe sembrare tutto molto casuale, ma in realtà non è stato così.
Alla fine del ‘700 l’abate Lanzi scriveva sul Bastiani, affermando che una dubbia fama gli attribuiva come maestro "Agostin Carracci", fratello di Annibale. La Pala del Perdono, va ricordato, ancora oggi è ospitata in una cappella della chiesa di Santa Maria della Consolazione a Caprarola, le cui pareti laterali sono decorate proprio da dipinti di Giuseppe Bastiani. Tra l’altro, cosa non secondaria, nel corso degli studi per la
monografia su questo pittore (in corso di pubblicazione) è emerso che il maceratese ha ricoperto a Caprarola il medesimo ruolo che Annibale aveva rivestito a Roma per il Cardinale Odoardo Farnese: quello di "pittore di corte" a tutti gli effetti. Infatti Bastiani è citato spesso nei documenti come "pittore di sua Eccellenza Illustrissima il cardinale Odoardo Farnese". Quindi due facce della stessa medaglia, anche se cronologicamente vi fu quasi un passaggio di consegne tra i due, in quanto, mentre Annibale intorno al 1604-5 abbandonava a Roma la corte farnesiana a causa del suo stato di salute - pregiudicato, a quanto risulta, da una forte depressione, al precipitare della quale non fu estraneo proprio il trattamento ricevuto da Odoardo - in quegli stessi anni Giuseppe Bastiani iniziava a prestare i suoi servigi per il Cardinale a Caprarola.
Da subito, avendo riconosciuto il portato della cultura carraccesca nei dipinti di Bastiani, abbiamo creduto che l’affermazione del Lanzi, pur se riportata in forma dubitativa, potesse contenere un fondo di verità. Per cui, diciamo così, eravamo particolarmente orientati e sensibilizzati verso la ricerca di indizi che potessero confermare l’ascendente dei Carracci su Giuseppe Bastiani. Nel momento in cui ci siamo trovati di fronte, non ad un indizio, ma alla materializzazione della prova estrema, è scattato immediato il riflesso.
Che la Pala Del Perdono fosse un prodotto della cultura figurativa emiliana di stampo carraccesco era evidente, ma da subito ci colpì la qualità suprema dell’opera: mancava solo la conferma che la pala fosse uscita dalla mano del maestro. E’ iniziato allora un estenuante lavoro di ricerca sia negli archivi storici locali, per rintracciare prove documentarie, sia tra la produzione grafica, nella speranza di suffragare la paternità dell’opera attraverso la comparazione con qualche studio, magari parziale, rintracciabile tra l’infinita produzione grafica dei Carracci sparsa in giro per i musei del mondo.
In ogni caso, tutto avremmo sperato, meno di arrivare a scoprire il disegno dell’intera opera. Invece questo è accaduto: presso il Louvre abbiamo potutorintracciare proprio il disegno della pala con la significativa attribuzione adAnnibale Carracci (Fig. 2). Si tratta di un disegno di cm. 40,0 x 35,5, a matita nera, rialzato di bianco, su carta blu. La descrizione del soggetto riportata è: San Francesco d’Assisi presentato da un angelo a Gesù e alla Vergine Maria.
Il reperimento del disegno della pala ha permesso oltretutto di conoscere la fase progettuale nel suo esito ultimo. La rispondenza tra il disegno e il dipinto risulta infatti quasi completa, fatto salvo per alcuni particolari dello sfondo: il disegno è così finito e particolareggiato da farlo ritenere, dunque, appena precedente all’elaborazione del bozzetto da presentare al committente. Il ritrovamento di quest’opera a Caprarola apre ora uno scenario nuovo anche in merito alla presenza del pittore bolognese nel centro principale del ducato di Castro e Ronciglione. Da sempre era stata considerata la possibilità che Annibale potesse essersi recato presso il palazzo caprolatto per studiare le decorazioni con le imprese storiche ivi raffigurate, in vista della rappresentazione delle gesta del duca Alessandro nel salone di palazzo Farnese a Roma: lavoro quest’ultimo per cui Annibale era stato inizialmente ingaggiato dal cardinale Odoardo. Tuttavia, l’unica testimonianza indiretta di questa presenza derivava sinora dalla nota incisione dettaCristo di Caprarola (Fig. 3) sulla quale un iscrizione recita: Annibale Carracci fe. Caprarola 1597.

D. Potete descrivere l'opera e ragguagliarci sulla ricerca storico-documentaria ad essa inerente, dandoci anche informazioni sulla chiesa in cui l'insigne dipinto si conserva?

Si tratta di una tela eccezionale che misura cm. 250 x 180, conservata sull’altare della prima cappella a sinistra dell’entrata nella Chiesa di Santa Maria della Consolazione a Caprarola (Fig. 4). Il supporto è ancora quello originale costituito probabilmente da un’unica pezza di cui è difficile individuare il filato. Vi è rappresentato s. Francesco accompagnato da un angelo mentre prega Cristo in presenza della Madonna. Il soggetto del dipinto è tratto dall’episodio noto come il "Perdono di Assisi o Indulgenza della Porziuncola", codificato ne "Il Diploma di Teobaldo", (FF 3391-3397) scritto da frate Teobaldo Vescovo di Assisi nel 1310.
Una notte dell'anno 1216, Francesco stava pregando nella Porziuncola, quando improvvisamente la chiesa fu inondata di luce e apparvero sopra l'altare il Cristo e la Madonna circondati da una moltitudine di Angeli. Nell’opera di Annibale la collocazione della scena al di fuori della Porziuncola, con Gesù e Maria che non appaiono sopra un altare e la presenza dell’angelo che accompagna s. Francesco, rappresentano elementi spuri rispetto al racconto. Questa di Caprarola si configura, quindi, come una libera interpretazione dell’evento. Altre rappresentazioni coeve di questo episodio, quali quelle di Baldassare Croce, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli presso Assisi, o di Federico Barocci, nella chiesa di San Francesco a Urbino, appaiono invece più aderenti alla descrizione del testo religioso.
Poche sono le notizie storiche che riguardano il dipinto, risalenti ad epoche piuttosto recenti e limitate alla sola citazione dell’opera. Si ricavano perlopiù dalla descrizione delle cappelle e da inventari riguardanti la Chiesa di Santa Maria della Consolazione a Caprarola.
La chiesa fu edificata nei primi decenni del XVI secolo per volere del cardinale Alessandro Farnese (poi papa Paolo III) al fine di conservare una immagine della Madonna col Bambino ritenuta legata ad eventi miracolosi. Venne consacrata nel 1565, dopo aver subito nuove modifiche per volere del nipote di Paolo III, il cardinale Alessandro Farnese Junior, il quale decise di affidarla ai frati francescani; e a tale scopo venne anche edificato il convento. Pertanto la chiesa, di fatto la più importante di Caprarola dal punto di vista artistico, presenta le tipiche caratteristiche delle chiese francescane e conserva numerose opere d’arte che spaziano lungo un arco temporale tra il XVI ed il XIX secolo.
La cappella sul cui altare ancora oggi è collocata la pala è nominata nel tempo con varie intitolazioni: cappella della Madonna degli Angeli o anche solo cappella degli Angeli; in seguito la Cappella viene citata anche come cappella del Perdono, per la presenza della pala in oggetto, e cappella dei frati minori. La cappella fu realizzata, come tutte le altre presenti in questa Chiesa, dopo il 1582, una volta terminata l’edificazione dell’annesso convento dei frati minori. A Caprarola, uno dei principali borghi del ducato di Castro e Ronciglione, il cardinale Alessandro Farnese, che muore nel 1589, aveva costruito il suo stupendo Palazzo e questo la rendeva la sede preferita dei suoi soggiorni nella Tuscia. Logicamente il suo mecenatismo lo portò a valorizzare tutto il paese e la Chiesa di Santa Maria della Consolazione rappresentava uno degli edifici di culto principali del luogo. Nel decennio successivo alla morte di Alessandro la ristrutturazione fu proseguita da suo nipote Odoardo, anch’egli cardinale, e si protrasse per almeno un ventennio. Odoardo contribuì sia indirettamente, per via della sua autorità sul luogo, sia direttamente, con il patrocinio di alcuni interventi, e il suo interesse per i lavori effettuati nella Chiesa si evince dal passo di una lettera datata 16 ottobre 1606. Questa ristrutturazione fu evidentemente il frutto di una stretta collaborazione tra i frati titolari della chiesa e il cardinale.

D. In che stato di conservazione avete trovato l'opera. Ne auspicate un restauro? Avete già potuto esaminarla insieme con altri colleghi da voi coinvolti per eventuali pareri o suggerimenti?

L’opera fortunatamente è arrivata a noi integra, ma in pessimo stato di conservazione. Il dipinto non è stato mai rintelato, per cui il supporto è ancora quello originale. Il telaio, invece, di epoca recente, è assolutamente inadeguato a garantire il corretto tensionamento del supporto, che presenta un considerevole rilassamento nella parte inferiore. Inoltre è deturpato da due tagli che lo lacerano nel terzo superiore a destra (Fig. 5). Dalla parte posteriore è possibile osservare in trasparenza tracce delle figure rappresentate sul recto (Fig. 6), segno di una probabile perdita di legante a livello della preparazione. Inoltre una patina costituita da accumulo di sporco e vernici soprammesse, ormai ossidate, ne ottundono i toni che invece si percepiscono, al di sotto, di particolare bellezza e intensità. Fino ad ora gli unici a conoscenza di questa scoperta (oltre a lei e alla restauratrice d.ssa Carla Mariani, che ha effettuato un sopralluogo circa due anni fa) siamo noi. Il restauro dell’opera a nostro avviso è non solo urgente ma indispensabile e va al di là dell’esigenza di ripristino della piena leggibilità, perché in questo caso è addirittura a rischio la conservazione dell’opera stessa.

D. Da questa scoperta si ricava un’ulteriore conferma dell’incredibile densità del nostro patrimonio artistico. Del resto Caprarola è una città d'arte celebre, la cui importanza (scopriamo ora) va ben al di là del pur importantissimo Palazzo Farnese. Ce ne volete parlare, ragguagliandoci anche sullo stato degli studi in generale sul patrimonio artistico di questa cittadina?

La rilevanza storico-artistica del Palazzo Farnese di Caprarola è universalmente nota ed è proprio questa circostanza che, paradossalmente, ha causato la caduta di un velo di oblio sul resto della cittadina di Caprarola e su tutte le opere d’arte conservate nei suoi monumenti. Tutte le risorse disponibili vengono indirizzate verso il palazzo Farnese e, a parte qualche raro caso, come le pale d’altare di Guido Reni, di Giovanni Lanfranco e di Alessandro Turchi conservate nella Chiesa del Convento Carmelitano di S. Teresa, il resto del patrimonio storico-artistico è stato lasciato, da decenni, in uno stato di assoluto degrado ed abbandono. Qualche restauro mirato è stato effettuato in questi ultimi anni dal Centro Studi e Ricerche di Caprarola (associazione di volontari che si occupa della valorizzazione e della tutela del patrimonio storico-artistico locale, la quale cerca in tutti i modi possibili di salvaguardare il patrimonio storico-artistico di Caprarola). Per quanto riguarda l’aspetto generale degli studi su Caprarola, nel corso degli anni sono state date alle stampe varie pubblicazioni sia a carattere generale, sia su specifici monumenti; sono state organizzate mostre, conferenze e giornate di studio con lo scopo di diffondere i risultati ottenuti dalle ricerche effettuate. Si tratta di studi seri e qualificati, grazie alla documentazione reperibile nei vari Archivi di Stato e principalmente a quella presente nel ricco e purtroppo pure semisconosciuto Archivio Storico Comunale. A tutto questo si affianca la nostra attività di studio che in questi ultimi tempi sta portando a risultati veramente importanti.
Va rimarcato il fatto che l’ampliamento delle ricerche verso quella parte del patrimonio meno considerata, può rivelarsi particolarmente significativa e proficua tanto più in un luogo come Caprarola, dove la presenza dei Farnese ha determinato un innalzamento del livello medio della committenza.

D. Questa aggiunta al catalogo di un grandissimo maestro getta nuova luce su tutti gli studi inerenti al Seicento italiano?

Certo, riteniamo di aver scoperto un’opera chiave, nella quale Annibale si è espresso ad un livello equiparabile a quello della sua migliore produzione (riferita ai dipinti mobili). Pertanto, non potrà non avere grosse ripercussioni, con ricadute soprattutto sulle conoscenze relative agli sviluppi stilistici di questo eccezionale artista, ma anche in relazione al confronto con Caravaggio, insieme al quale condizionò i successivi esiti della pittura italiana del ‘600. Anche perché il dipinto di Caprarola si presenta come opera complessa e apparentemente contraddittoria, che racchiude in sé elementi del passato bolognese di Annibale e altrettanti chiari segnali che preludono allo stile maturo: riferimenti a Correggio e soprattutto al Raffaello degli Arazzi (fig. 7). Se la datazione da noi avanzata dovesse essere ulteriormente confermata, la Pala Del Perdono si porrebbe come una significativa conferma di quanto suggerito da Silvia Ginzburg Carignani nel volume Annibale Carracci a Roma, in merito al ritorno di Annibale su Correggio e Raffaello anche successivamente al suo arrivo a Roma.
Inoltre, nel quadro più ampio della produzione artistica del ‘600 a Roma, la Pala del Perdono potrebbe contribuire proprio a far chiarezza sul confronto tra Annibale e Caravaggio, su cui tanto si è discusso e ipotizzato: confronto che pur vi fu, se non altro perché entrambi furono chiamati a realizzare i famosi dipinti per la cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo. Sappiamo, peraltro, che precedentemente a questo episodio Caravaggio era rimasto particolarmente colpito dall’esposizione della Santa Margherita di Annibale nella chiesa di Santa Caterina dei Funari a Roma, ma poi, a torto o a ragione, si è ritenuto che Annibale abbia sempre un po’ inseguito il più estroso e controverso rivale sul piano delle innovazioni, perlomeno nell’ambito dei dipinti su supporto mobile.
Considerata l’unicità della Pala del Perdono nel panorama della produzione di Annibale, sarà interessante rileggere, alla luce di quest’opera, la sua posizione in merito alla resa naturalistica dei soggetti. Infatti, proprio in contrasto con Caravaggio, per Annibale il "naturalismo" non può mai sfociare nel "realismo", almeno nei dipinti a carattere sacro o storico-allegorico (pur senza dimenticare che Annibale è il pittore del famoso Mangiafagioli e della Macelleria). La rappresentazione delle cose naturali, nel suo modo di intendere, doveva sempre essere filtrata, per così dire, attraverso l’intelligenza di forme ideali: insomma, la sfida al realismo caravaggesco in chiave raffaellesca, che avrebbe portato Annibale a quello che più di uno storico ha qualificato come "iperidealismo".
Il dipinto di Caprarola si pone proprio come uno degli esempi più fulgidi e meglio riusciti di questa impostazione. La concezione raffaellesca di ricreare lo spazio prospettico attraverso gli arti e le movenze delle figure, così prorompente nella Trasfigurazione, è presente in questo dipinto: si osservi la figura di san Francesco con le braccia aperte verso lo spettatore e verso l’interno, che rende la profondità dello spazio, opposta a quella del Cristo che con la mano benedicente genera la dimensione opposta. In aggiunta, Annibale sembra ricercare qui quasi un aggetto delle figure attraverso un forte rilievo plastico delle forme, ottenuto mediante un accentuato contrasto tra luci ed ombre: si vedano le pieghe del mantello del Cristo o le ali dell’angelo.
I riferimenti più stringenti all’urbinate, come già accennato, sono rintracciabili in opere quali i cartoni per gli arazzi della Sistina. In particolare, la figura di san Pietro nella scena con La guarigione dello storpio ricorda quella di Cristo nella pala di Caprarola (Raffaello utilizza figure simili anche nelle scene per La predica di san Paolo e in quella con La punizione di Elima o la morte di Anania). Per inciso, in questi lavori, Raffaello opera una semplificazione degli schemi compositivi in favore di un’accentuazione della gestualità delle figure protagoniste degli eventi, attraverso la quale ottiene un’altrettanto eloquente restituzione della dinamica narrativa. La stessa idea sottostà palesemente alla struttura della pala di Caprarola.
Anche Caravaggio, come già ricordava Longhi, manifesterà la volontà di adottare una "composizione… accentrata e classicheggiante" proprio a partire dalla cappella Contarelli: ma Longhi datava la Contarelli al 1595, mentre i documenti hanno poi dimostrato che fu commissionata a Caravaggio solo nel Luglio del 1599. Quindi per questi aspetti Annibale precede e forse stimola le scelte di Caravaggio. Esemplificativa in questo senso la figura del Cristo della Pala del Perdonoche sembra preannunciare quella omonima della Vocazione di san Matteo della Contarelli.
Quindi se, come noi riteniamo, la pala di Caprarola fu realizzata tra il 1598 e il 1599 (non oltre, per evidenti implicazioni stilistiche), posta a confronto con i dipinti di Caravaggio per la cappella Contarelli, si ha la netta impressione che le parti tra i due furono invertite.
Qualcuno recentemente ha ricordato che primi tra i grandi artisti si collocano quelli che, non a caso, sono ricordati soltanto con il nome: Giotto, Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Caravaggio. Annibale ancora non è riconosciuto senza il cognome. Forse è il segno che ancora oggi non può essere collocato nell’Olimpo… A proposito, subito dopo la sua morte Annibale fu definito "Il nuovo Raffaello" e fu sepolto al Pantheon accanto all’Urbinate, dove ancora riposa: forse per lui è più indicativo tale pseudonimo.

D. In che direzione si sono mossi i vostri studi fino a oggi e quali sono le linee di sviluppo che prevedete a breve e a lungo termine?

Gli studi sulla pala fino ad ora hanno seguito due direttrici principali: una diretta a reperire tutte le notizie documentarie contenute negli archivi locali, la seconda orientata aindividuare e approfondire gli aspetti formali e iconografici, nonché le componenti stilistiche che caratterizzano l’opera, per poterla collocare all’interno del corpus delle opere di Annibale. Inoltre ci siamo interessati alla committenza, rispetto alla quale siamo arrivati alla più che fondata conclusione che essa possa aver visto coinvolto direttamente il cardinale Odoardo Farnese.
A breve termine sarà importante circostanziare, quanto più possibile, ciò che abbiamo ipotizzato proprio in merito alla committenza, perché il coinvolgimento di Odoardo apre scenari particolarmente interessanti e soprattutto può aiutare a confermare la datazione. Questo aspetto dello studio va di pari passo con quello sulla cappella per la quale il dipinto è stato realizzato, e alla cui decorazione riteniamo con validi argomenti che possa aver contribuito anche Agostino.
Per il lungo termine invece sarà particolarmente interessante, come accennavamo, rileggere il rapporto tra Annibale e Caravaggio. Gli studi sui punti sopra elencati sono già ben avviati e a brevissimo sarà possibile dare corso ad una specifica pubblicazione. E'chiaro che i progetti a lungo termine in gran parte dipenderanno dalla possibilità di intervenire con l’auspicato restauro, che consentirebbe, oltre alla messa in sicurezza dell’opera, di approfondire le conoscenze su di essa, grazie al miglioramento della sua leggibilità e alle informazioni tecnico-scientifiche fornite dalle analisi effettuate.
In ogni caso è nostra intenzione proporre anche interventi mirati ad ottenere la migliore valorizzazione del dipinto, perché è chiaro che, al di là del valore intrinseco, la sua visibilità dipenderà anche da quello che saremo in grado di organizzare intorno ad esso nel prossimo futuro: quindi, certamente una specifica presentazione, nonché la pubblicazione degli studi effettuati. Per attuare queste linee speriamo nella fattiva collaborazione di tutte le istituzioni, a partire dall’Amministrazione Comunale di Caprarola, poiché questa scoperta apre un nuovo capitolo anche per lo sviluppo turistico della città.
Sarà inoltre opportuno approfittare della capacità di attrazione che questa stupenda prova di Annibale può garantire al luogo dove è conservata per procedere a un'idonea valorizzazione anche della chiesa di Santa Maria della Consolazione, sia attraverso sudi più approfonditi delle altre opere ivi conservate (le fonti locali parlano anche di altri dipinti "carracceschi" già presenti in questo luogo e ora dispersi), sia per promuoverne il restauro, visto lo stato di degrado in cui versa.
Appare inconcepibile che una tela di Annibale Carracci possa essere conservata in una chiesa le cui opere d’arte sono lasciate nell’incuria totale. Già ora i rari visitatori lamentano questo evidente problema, figuriamoci in futuro, quando il numero di questi ultimi aumenterà in virtù della presenza di un dipinto così importante.
Claudio Strinati, 15/06/2013

Gennaro Esposito è laureato in Storia dell’Arte. Si è specializzato con un lavoro sui Gabinetti dei Prelati del Palazzo Farnese di Caprarola, nel corso del quale ha individuato l’autore delle decorazioni. Successivamente ha svolto lavori di ricerca in Umbria, per conto della Fondazione CARIT e del Comune di Stroncone, e nelle Marche, dove ha collaborato con l’allora Soprint. di Urbino dott.ssa Giannatiempo Lopez. Prevalentemente ha operato nell’alto Lazio con studi effettuati a Caprarola e a Viterbo, dove tra l’altro ha curato una pubblicazione patrocinata dalla Fondazione CARIVIT, in collaborazione con l’Università della Tuscia, su una pala inedita di Cesare Nebbia. I suoi studi sono orientati prevalentemente sul tardo manierismo e sul primo classicismo seicentesco.

Luciano Passini, la cui famiglia è presente a Caprarola fin dal XVIII secolo, è Presidente del Centro Studi e Ricerche di Caprarola e da anni si occupa di studiare e valorizzare il patrimonio storico-artistico e culturale del territorio della sua cittadina. Ha al proprio attivo la pubblicazione di numerosi libri, articoli e saggi di convegni, sia di carattere generale, sia su argomenti specifici della storia dell’arte locale. La sua passione per le ricerche storiche ed archivistiche ha consentito di valorizzare, negli anni, l’attività della sua Associazione, la quale costituisce ormai un punto di riferimento per gli studi su quest’area del Lazio.




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