Questo Ordine fu promosso a Firenze dai sette santi fondatori, penitenti laici fiorentini, sul monte Senario tra il 1245 e il 1256. O. S. M. Ordo Servorum Beatae Virginis Mariae.
Erano impegnati nella ritiratezza, nella preghiera e nel servizio dei più poveri ed emarginati. Gli elementi essenziali della loro spiritualità furono il servizio e la devozione alla Madonna, la vita fraterna, l’invito alla conversione. Accoglievano i fratelli bisognosi e si impegnavano dell’apostolato missionario nella pace, nella misericordia e nella giustizia.
Nel 1536 fu loro concesso un luogo nella Comunità di Toscanella: Santa Maria dell’Olivo vicino alla via pubblica per Corneto. Il cardinale Alessandro Farnese iuniore, Legato pontificio di Viterbo, nipote del papa Paolo III e figlio di Pier Luigi Duca di Parma e Piacenza e di Gerolama Orsini Duchessa di Castro, chiese di ricostruire la chiesa per un migliore culto dei frati.
La Comunità di Toscanella finanziò l’opera nel 1544 e furono nominati santesi per la fabbrica Antonio Francesco Vincenzi, il presbitero Giuliano e Giovanbattista Loddi. In quell’anno vi viveva l’eremita Domiziano Aromatario.
Nel consiglio comunale del 19 aprile, sentita la proposta del consigliere Sebastiano Fani, fu dato incarico a Giovanni Camillo Maccabei, Federico de Monti, Alberico di mastro Gabriele e Giovanni Paolo Filippi di stipulare il contratto della costruzione della chiesa e del convento insieme all’architetto che stava per arrivare dalla città di Castro. Si ritiene che fosse il fiorentino Antonio da Sangallo il giovane.
Il 24 aprile fu stipulato l’appalto con Soldato Latomi e mastro Ambrogio che ebbero come collaboratori dei bravi scalpellini. La facciata fu costruita in nenfro, la pietra vulcanica locale di cui vi erano le cave alla Nenfrara ed alla Petrara, poco distanti. Davide Bordo, Mattia Galli e Michele Tirico hanno scritto:”
La facciata della chiesa si presenta elegante, proporzionata, omogenea e curata nella realizzazione. E’ suddivisa orizzontalmente in due parti da una trabeazione classica, la porzione inferiore ha una forma quasi perfettamente quadrata, mentre quella superiore corrisponde ad un rettangolo pari a circa la metà della precedente. Vi sono due capitelli tuscanici.
L’elegante portale d’ingresso è lunettato e riccamente decorato. … Le tre cappelle ospitano pregevoli altari in stucco policromo databili alla metà del Seicento. Particolarmente apprezzabile è la fattura del grande altare maggiore, dedicata alla Madonna, incorniciato da quattro colonne con capitelli compositi.
Questo infatti denota proporzioni armoniose e decorazioni accurate con la cornice in stucco color legno raffigurante la Madonna con il Bambin Gesù, affiancato dall’Agnello e da San Giovanni Battista, gli altri altari sono dedicati a San Carlo Borromeo ed al Santissimo Crocifisso. … Dietro al progetto rinascimentale della Madonna dell’Olivo vi è uno studio accurato dei rapporti proporzionali tra i vari elementi architettonici della fabbrica, tanto in pianta quanto in alzato.
Dall’analisi dello schema compositivo della fabbrica è emerso che il progetto della facciata e della pianta della chiesa si basa su un disegno ben studiato ed elaborato, basato su canoni di proporzionamento classici e su precise costruzioni geometriche. L’adozione di un simile procedimento compositivo per la progettazione dell’opera è sicuramente in linea con gli stilemi sangalleschi e ciò conferma quanto dedotto dai documenti d’archivio.
Questo dà la misura dell’importanza della chiesa dell’Olivo, non solo a livello di architettura locale, ma anche nell’ambito della storia dell’arte rinascimentale italiana.”
Nello stesso periodo Giovanni Camillo Maccabei restaurò la strada della Madonna dell’Olivo. Nel 1565, ultimati i lavori, il frate priore dei Servi di Maria Giovanbattista Scotto da Pesaro chiese che, oltre al convento ed alla chiesa, potesse avere un po’ di terreno confinante per farci “vigna et arboreti”.
Le sue richieste furono accolte e nel 1567 la Comunità di Toscanella donò ai frati 6 salme di terreno agricolo (10 ettari e mezzo) nella contrada Piano di San Lazzaro, con la metà per la semina del grano, confinante con i beni dell’erede di Augusto Mattuzzi, delle monache dell’ordine di Santa Elisabetta di Toscanella e del signor Mario Fani.
Un tempo erano confinanti i beni di Maurizio di Giacomo, di Augusto Mattuzzi, di Antonio Marcucci, di Giovanni Paolo Filippi.
All’atto furono presenti il Consigliere comunale Francesco di Giovanni Battista, gli Anziani Crisostomo Rubei e Paolo di Cesare, i testimoni Bartolomeo Ragazzi e Pacifico Pacifici.
I Servi di Maria entrarono nel convento il 9 maggio 1565. Ogni giorno officiavano due messe e recitavano le lodi. Fu ingrandita la campana con un moschettone di bronzo che era nel palazzo comunale, in modo che si potesse sentire anche in lontananza.
Il tuscanese Gentile Capogallo aveva lasciato una donazione a questa chiesa. Nel 1590 fu priore frate Stefano da Milano.
Il 25 aprile 1592 i Consiglieri comunali decisero di levare la chiesa della Madonna dell’oliva alla Religione dei Servi e di farla officiare da un cappellano o di darla ad un’altra Religione e di mandare a Roma Camillo Cavetani il quale, dopo aver ricevuto il mandato dal comune, andò dal cardinale protettore dei Serviti, Giulio Antonio Santori, e gli consegnò la nota consiliare relativa alla tolta della chiesa e del convento.
I Serviti allora si stabilirono nella zona a destra della porta di Poggio. Ancora oggi nella piazza già della Rocca, ora intitolata alla Professoressa Maria Moretti Vignoli, su due portali vi sono le due lettere S che formano la lettera M di Maria, particolare evidenziato e disegnato dal professore Piero Lanzetta.