MASTRO GIOVANNI SARTORI DA PISTOIA, RESTAURATORE DELLE PIAZZE E DELLE STRADE DI TOSCANELLA, ED I SUOI DISCENDENTI. di Mauro Loreti
L’otto aprile del 1764 il Governatore Generale della provincia del Patrimonio di San Pietro Americo Bolognini inviò una lettera con la quale invitava a convocare il pubblico Consiglio di Tuscania per il restauro occorrente nella Strada Maestra e, subito dopo l’approvazione, si doveva affidare la perizia e su questa si sarebbe poi accesa la candela, per deliberare quel lavoro molto importante al miglior offerente.
Lo stesso giorno gli assessori Gerolamo Giannotti e Pietro Paolo Brunacci con i consiglieri comunali Pietro Paolo Giannotti, Giuseppe Ricci, Domenico Marcelliani, il capitano Pietro Antonio Bassi, il capitano Ignazio Brunacci, Francesco Antonio Miniati, Domenico Pagliaricci, Lorenzo Bassi ed il capitano Carlo Brunacci deliberarono che i concittadini Domenico Marcelliani e Marcelliano Vasconi fossero deputati ad assistere alla custodia delle porte, nel doverle chiudere e serrare la notte, acciocché non fosse estratto dalla città il grano , il pane ed altro in un anno molto scarso di questi generi necessari. Poi si passò a discutere circa la strada Maestra rovinata e dirupata da restaurarsi. Atteso il dilavamento di fronte alle case dei Sarnani e dei Mansanti , lungo la via che conduce alla Porta di Montascide, che rovinò anche i condotti della fonte di San Marco, fu necessario procedere ai lavori e si intimò ai padroni laterali delle case distrutte affinché dichiarassero se volevano o no riedificare le suddette loro abitazioni. Essendo un argomento molto importante si radunò il Consiglio Generale ed entrarono anche : Sebastiano Attanasi, Silvestro Silvestrelli, Benedetto Turriozzi, Marcelliano Vasconi, Lorenzo Miniati, Angelo Turriozzi e Vincenzo Turiozzi, i deputati ecclesiastici : il priore Giacomo Felice Sarnani, il canonico Bernardino Turriozzi ed i consiglieri popolari: Silvestro Cerasa, Francesco Fiori, Giuseppe Settimi, Antonio Cicoli, Paolo Rosati, Giovanni Vincenzo Paoletti, Vincenzo Campanari, Filippo Catarci e Domenico Dottarelli; anch’ essi deliberarono, come nel precedente consiglio segreto, aggiungendo che, non potendosi passare per quella strada rovinata, restava pregiudicato l’uso dell’acqua per i cittadini. Il 3 giugno presenti il conte Tommaso Fani Gonfaloniere e, oltre agli altri , anche Giovanni Battista Pettirossi, si disse che era ben noto a tutti lo stato in cui si trovava la strada Maestra che era impraticabile con danno per tutta la Città, sia per l’impedimento dei traffici, come per la chiusura della fontana, e, pertanto, decisero di effettuare i lavori e di intimare formalmente e costringere i proprietari adiacenti , Bitossi , il conte Giuseppe Brugiotti nipote ed erede di Artemisia Mansanti e di Alessandro Brugiotti viterbese, il marchese romano Ortensio Ceva Buzi erede di Cecilia Mansanti , Paolo Sarnani, Maria Maddalena Rimbaldesi erede di Caterina Mansanti e di Giulio Rimbaldesi fiorentino, affinché facessero presente se avessero voluto dichiarare di riedificare od assoggettarsi al rimborso della spesa occorsa.
Il 17 giugno si venne all’accensione delle candele, ad effetto di rinvenire gli oblatori che attendessero al restauro, in conformità della perizia preparata da Mastro Domenico Coccia, capo muratore da Viterbo, ma non vi furono offerte; il giorno otto luglio in una nuova accensione per ritrovare i piombi rimasti sotto le rovine , per spianare e battere il terreno, per la selciata da farsi con la calce ed i selci e per la nuova chiavica del condotto, vi furono le offerte di Domenico Coccia e di Giovanni Sartori e fu a quest’ultimo deliberata come migliore oblatore. Il 18 luglio la vigesima fu presentata da Mastro Giovanni Sartori ed il 29 luglio per il restauro in mezzo alle case distrutte dei Mansanti e dei Sarnani Paolo ed il fratello Giacomo Felice priore e vicario, deliberarono per Coccia che il 7 agosto promise e si obbligò ad assumere il peso di tutti i lavori ad uso d’arte. Poi, nel mese di settembre, durante i lavori accadde che con il nuovo terrapieno per colmare la “slamatura” venne racchiusa e serrata la cantina dei Rimbaldesi e dei Mansanti. I tempi erano stretti anche perché la strada era troppo importante e serviva anche l’acqua alla popolazione per la vendemmia. Nel frattempo Coccia continuò i lavori, ma nel mese di ottobre gli amministratori comunali scrissero che erano poco valevoli e malfatti e chiesero di far venire un architetto ben pratico. Furono molti e continui i mormorii, le strida, i clamori, le lagnanze, le seccature, le vessazioni ed i rimbrotti dei cittadini e dei passeggeri per il ritardo della costruzione e della riedificazione e perché non potevano nemmeno transitare i calessi. Il popolo biasimava, ad una voce, l’indolenza di tale affare, i forestieri restavano grandemente meravigliati come in una città si permetteva il tener devastate le due migliori strade urbane. A dicembre si aspettava ancora l’arrivo dell’architetto Orlandi.
Il 15 gennaio 1765 davanti al Gonfaloniere Pietro Paolo Giannotti ed ai Consiglieri comunali fu presente anche Clemente Orlandi l’Architetto per vedere e considerare e riferire alla Sacra Congregazione del Buon Governo, lo stato della strada dirupata e profondata, per le rovine delle case , per cui s’impediva il transito sia ai cittadini come ai forestieri ed anche il transito delle acque che si conducevano alla Fonte, detta di San Marco, in grave danno dei cittadini e si stimava bene di acquistare il sito della casa dei fratelli Sarnani e pagare il prezzo giusto e ,così, portare la fontana più indietro e del sito farne piazza . Si chiese il parere dell’architetto che disse:” Per rendere la strada con la debita stabilità e riparare i maggiori pregiudizi che potessero accadere, a motivo dell’insussistenza del fondo in quella parte non solo della strada ma ancora di quelle ove era fabbricata la casa dei fratelli Sarnani, secondo il mio debole parere sarebbe il partito più vantaggioso quello di lasciar scoperta tutta quella parte, riducendo a piazza pubblica tutto quello che era occupato dalla casa medesima. Il principale motivo per cui mi sembra più vantaggioso partito è l’osservazione fatta dei cavi ad uso di grotte sotto il piano delle strade e case adiacenti, con irregolarità e con ampiezza straordinaria nel masso incapace di sostentarsi e di reggere all’inzuppamento dell’acqua. In questo stato non vi è miglior rimedio meno dispendioso di quello di riempire ed acquistare, con le riempiture, il fondo perduto poiché, con l’assestarsi e più non appesantirlo di fabbriche, riuscirebbe di gran giovamento alle fabbriche contigue e, formandoci tutto un continuato masso , restituirebbe alla strada dirupata quel fondo che le è mancato e che le è necessario per il transito dei passeggeri ed ancora dei condotti che sotto vi passano, per condurre l’acqua alla fontana pubblica ad ai particolari cittadini. Riempito il sito e fatto assestare e stringere a dovere, si potrebbe poi coprirlo con la selciata, colla quale fosse difesa dall’inzuppamento in tempo di piogge.
Ma siccome presso la casa diroccata esiste la pubblica Fonte detta di San Marco ed ancor questa si trova in pericolo , a motivo dello stesso inconveniente dei profondi e larghi cavi di grotte che sono al di sotto, si dovrà anche provvedere alla di lei sussistenza, il che porterebbe anche la spesa ragguardevole non solo per il masso che si dovrebbe fare di sotto, ma ancora per rinnovare i condotti perduti dal “dirupamento” della strada, e si potrebbe trasportare la medesima fonte più addietro, accosto alle case che rimarranno dopo finita di distruggere la casa dei Sarnani, risparmiando così quella porzione di tubi di piombo che sarebbe necessaria per render l’acqua mancata , dopo la rovina , e ,per minor dispendio , servirsi dell’ornamento di altra fonte abbandonato . Tolta poi la detta fonte di San Marco dal sito dove ora si trova, potrà con facilità farsi riempire la grotta che è sotto di essa e render così egualmente ripiena tutta quella parte, che dovrà rimanere pubblica piazza.” Nel mese di febbraio si portò di nuovo a Toscanella l’architetto Clemente Orlandi, con un geometra, per ulteriori controlli. Il 14 aprile ancora si aspettava la sua perizia. Il 24 aprile il gonfaloniere Pietro Paolo Giannotti ricevette per il mezzo della posta la pianta colla relazione dell’Orlandi delle rovine e delle strade devastate, la lesse e la trovò uniforme al sentimento.
Il 19 maggio fu all’ordine del giorno del consiglio comunale la perizia dell’architetto Orlandi sulla strada slamata ed anche sullo stato delle altre strade urbane. Il priore della collegiata di Santa Maria Maggiore Giacomo Felice Sarnani, nel frattempo, aveva esibito e lasciato in foglio una protesta. Essendo stato interpellato a comparire nel consiglio, per discorrere del riattamento da farsi nella strada Maestra già rovinata, e dovendo esporre tutte le ragioni, che di diritto gli spettavano, fece presente che il danno era stato causato dai sotterranei fatti fuori dai loro confini dai Bitossi, Ceva e Brugiotti prima che accadesse la rovina e fu loro detto di munire e fortificare la volta della loro cantina; con tutto ciò avevano sempre “negligentato” con suo maggior danno. Pertanto chiese che i medesimi fossero tenuti all’emenda di tutti i danni e pregiudizi accaduti e che fossero costretti a rifare il muro, da ambo le parti laterali, per sostenere la strada e chiedeva anche i danni. Fu letta quindi la perizia dell’architetto che prevedeva dei lavori anche su altre strade urbane, con fare di nuovo tutte le selciate in quanto impraticabili: fu approvata con 21 voti favorevoli ed 8 contrari. Si propose poi ai proprietari delle case distrutte di fare il muro almeno fino alla sommità della casa o di venderle al Comune. Nel mese di maggio i fratelli Sarnani decisero di non riedificare la casa slamata e di vendere al comune il sito della loro abitazione distrutta, per non soccombere ad ulteriori spese e per vari insorti motivi.
Nei mesi di luglio ed agosto furono fatte alcune accensioni di candele e finalmente in quelle dell’11 e 22 agosto furono aggiudicati i lavori a Giovanni Sartori sia per la Strada Maestra come per il bottino ed il chiusino dell’acqua della Porta di Poggio Fiorentino. Il 28 agosto , davanti al gonfaloniere ed all’assessore Marcelliano Vasconi , si presentò mastro Giovanni Sartori figlio del fu Clemente da Pistoia, abitante continuo domiciliato in questa città, il quale spontaneamente, inerendo alla di lui offerta data ai suddetti lavori da farsi alla pubblica strada Maestra, come appariva negli atti della Segreteria comunale, ed in filo all’oblazione in di lui favore deliberata il 22 agosto nell’accensione, promise e si obbligò a fare i lavori ad uso di Muratore nella suddetta strada con l’obbligo di pensare a tutti i materiali “abbisognevoli” al riattamento, a rendere libera da tutte le macerie e sterri la detta dirupata strada e renderla praticabile, come era nel passato, con terrapieni ben battuti e calcati, a riempire di terrapieni con andarla a batterla bene e renderla un’ampia piazza nel sito comprato dai Sarnani, dove restava la loro casa, levando tutti i materiali ivi esistenti ed a riaggiustare anche il chiusino dell’acqua fuori della Porta di Poggio Fiorentino. Inoltre la fontana di San Marco fu da Giovanni Sartori tirata indietro nel luogo più proprio e collocata nel luogo più stabile e sicuro e nella muraglia, che restava di rimpetto ed in faccia alla strada Maestra , costruì un piccolo cornicione ben fatto e ad uso d’arte, intonacato ed imbiancato ed i condotti di piombo per portare l’acqua alla fontana. A Giovanni Sartori si associò anche Domenico Coccia ed eseguirono i lavori secondo il progetto dell’architetto Orlandi e la perizia del capomastro Geraldini. Fece la sicurtà Luca Ugolini del fu Giovanni abitante a Tuscania.
Il 3 agosto 1766 arrivò un ordine dal Governatore Generale provinciale che si restaurasse il palazzo Bitossi e dei condomini, vista la perizia dell’architetto Orlandi, e di fare, senza ritardo, quelle riparazioni necessarie in quel palazzo onde evitare ogni danno maggiore che avrebbe potuto recare tanto alla strada quanto alla fontana, ripartendo la spesa sui condomini del palazzo. Il 30 dicembre, sempre a seguito della migliore offerta, fu deliberato di aggiudicare ai mastri muratori Giovanni Sartori e Domenico Coccia i lavori di restauro alle case dei condomini Brugiotti, Ceva e Bitossi.
Il giorno 8 luglio 1767 alla presenza del Gonfaloniere, il capitano Pietro Antonio Bassi, e dell’assessore Domenico Marcelliani entrò Mastro Giovanni Sartori fu Clemente da Pistoia abitante continuo e domiciliato a Toscanella, il quale spontaneamente in riferimento alla sua offerta dei lavori da farsi ad uso di muratore alla casa suddetta già Mansanti a spese della Comunità, da rimborsarsi dai Condomini , prese ed assunse i lavori per riportare le case a perfezione ad uso d’arte e gli fece sicurtà Luca Ugolini fu Giovanni . Il 22 novembre altri lavori da muratore furono affidati sempre a Giovanni Sartori. Il 13 dicembre Giuseppe Torregiani si aggiudicò i lavori di falegnameria.
Il 14 febbraio 1768 il lavori di fabbro furono dati a Mastro Vincenzo Belli. Il 4 dicembre l’architetto Orlandi calcolò il riparto della spesa fatta dalla Comunità di Tuscania per il riattamento del palazzo, affinché restasse reintegrata degli scudi 448 erogati per il restauro del palazzo Mansanti: il marchese Ceva 101 scudi, il conte Brugiotti 117 ed i fratelli Bitossi scudi 229. I proprietari del palazzo, già della ricca famiglia tuscanese Mansanti, non pagarono quanto dovevano per cui il Comune espropriò il palazzo, entrò nel possesso e lo destinò come palazzo del Governatore e del Commissario di Polizia. In seguito fu sede della Pretura, dei Notai di Toscanella, della Pro Loco di Tuscania, del Banco di Santo Spirito ed attualmente del Liceo Scientifico statale.
Il 25 agosto 1769, in relazione ai lavori delle altre strade urbane, la gara fu vinta in solido dai mastri muratori Giovanni Sartori, Domenico Coccia di Giuseppe da Viterbo, Sebastiano Maffei di Giuseppe da Viterbo, Giovanni Battista Ciotti fu Tommaso da Borgo San Sepolcro e Vincenzo Mancini fu Sante da Viterbo. Fecero la sicurtà Paolo Rosa fu Antonio, Luca Ugolini fu Giovanni e Marcelliano Lucchetti fu Giovanni Battista. Il primo settembre, ricordando la grande esperienza dimostrata nel lavoro delle strade sotto il palazzo di Lorenzo Bassi nel terziere di Poggio Fiorentino, alla presenza del gonfaloniere del popolo Giuseppe Ricci e dell’assessore Silvestro Silvestrelli, firmarono il capitolato d’appalto con i patti, le condizioni ed i capitoli da osservare esattamente ed inviolabilmente. Le selciate furono costruite formando le livellazioni, i “disbassi” ed i rialzamenti, con calce grassa, con buona pozzolana e col porre i selci in piedi in modo che uno connettesse all’altro ad uso d’arte. Furono presi alla cava della Piastrella ed il filo centrale o riga di mezzo si costruì con lastre di nenfro. I pozzetti e le chiaviche furono rinnovati. Ad effetto che tutte le strade fossero rese comode ed agiate, ben fatte e pulite i muratori sgombrarono i cementi, gli sterri, le immondizie e quant’altro. I pagamenti dei vari stati di avanzamento dei lavori furono effettuati dal Depositario comunale Angelo Turriozzi. Fecero sicurtà in solido Paolo Rosa fu Antonio, Luca Ugolini fu Giovanni e Marcelliano Lucchetti fu Giovanni. I testimoni furono Alessandro Vasconi fu Antonio e Benedetto Bottoni fu Giuseppe. Segretario l’orvietano Luigi Danielli Notaio pubblico Segretario rogante.
Il 27 marzo 1771 il Gonfaloniere Pietro Paolo Giannotti e l’assessore Alessandro Vasconi affidarono l’appalto del riattamento delle due porte urbane di San Leonardo e di Montascide al muratore migliore oblatore Sebastiano Maffei, da farsi secondo l’arte e con materiali perfetti per rimettere in piedi le due porte di legno con i gangheri. Per rendere ragionevolmente cauta e sicura la Comunità di Tuscania depositarono e gli fecero sicurtà i colleghi muratori Giovanni Sartori, Pietro Alisi di Giovanni da Fiesole, Domenico Coccia e Luca Ugolini fu Giovanni da Ronciglione.
Giovanni Sartori si sposò con Caterina Vincenti e poi, da vedovo, con Teresa: ebbe otto figli: Giacomo, Maddalena, Francesco, Luigi, Clemente che riprese il nome del nonno pistoiese, Tommaso, Caterina e Vigula.
Nel 1777 egli era sottopriore della Confraternita di San Giovanni Decollato detta della Misericordia ed insieme a Don Pietro Guerrini, camerlengo rinnovarono con un istrumento la ricognizione in dominum, a favore della Mensa vescovile di Viterbo e Toscanella, di due botteghe situate a destra ed a sinistra della facciata della chiesa del santo Battista nella piazza pubblica, livellate a favore della stessa Confraternita a canone perpetuo.
Negli stati delle anime del 1815 Giovanni fu iscritto sempre con la qualifica di muratore.
Tra i discendenti ricordiamo:
- Francesco “caldararo”, figlio di Giovanni da Pistoia e di Caterina Vincenti tuscanese; fece i primi lavori della costruzione della cappella dei santi Martiri Secondiano, Veriano e Marcelliano nella cattedrale di San Giacomo Apostolo Maggiore intorno al 1780.
- Don Luigi Giovanni F. del 1829 che fu canonico della cattedrale e professore di lettere. Nel 1862 era cancelliere vescovile ed accompagnò il cardinale Gaetano Bedini, vescovo di Tuscania e Viterbo, nella visita pastorale diocesana. Nel 1863, in quanto guida spirituale della Confraternita della Misericordia, fece installare nella chiesa di San Giovani Battista un organo di incomparabile bellezza ed espressione, costruito da Camillo Del Chiaro di Fabriano. Ancora oggi vien utilizzato dai cori che cantano nel Santuario della Madonna Addolorata.
Don Giuseppe del 1838 canonico, professore, consigliere ed assessore comunale alla pubblica istruzione “lodevolmente” dal 1895 al 1905: realizzò molte opere pubbliche insieme agli altri amministratori comunali di Toscanella, tra le quali il giardino pubblico.
Benedetto del 1840, consigliere comunale dal 1880 al 1898.
Nel 1855 Giovanni di Francesco in località Pantacciano coltivava e produceva grano e lupini.
Francesco di Agostino del 1875, proprietario terriero, geometra, agronomo, pubblicista, patrocinatore della Pretura, Giudice Conciliatore, amministratore dei terreni dei conti Tommaso e Laura Fani Ciotti, Presidente della Congregazione di Carità con l’amministrazione dell’Ospedale di Santa Croce, consigliere ed assessore comunale dal 1907 al 1923, poi dal 1946 al 1948, sindaco dal 1948 al 1951, ancora consigliere comunale dal 1951 al 1956. Realizzò, tra l’altro, la piscina natatoria ed i bagni pubblici.
Don Luigi di Benedetto del 1884, canonico penitenziere e primicerio della cattedrale, insegnante nelle scuole elementari, professore di matematica nel Seminario e parroco di San Marco e San Silvestro. Dal 1943 al 1945 fu l’assistente ecclesiastico dell’Associazione “Cuore immacolato di Maria”, sodalizio religioso fondato e diretto dal clero locale, frequentato da 45 uomini di Azione Cattolica. Fu stimato come sacerdote e come studioso.
Nel 1894 Felicetta moglie di Agostino ebbe una concessione di acqua potabile dal Comune di Toscanella.
Rolando di Costantino del 1908, segretario delle Scuole Elementari e consigliere comunale dal 1960 al 1964. Aude del 1914 era la sua sorella.
Giuliana di Carlo del 1913, maestra elementare.
Piergiorgio di Rolando del 1942, ingegnere meccanico a Milano, fu uno dei fondatori del Circolo Universitario tuscanese nel 1966.
Ezio di Agostino del 1950, pediatra presso l’Ospedale San Camillo di Roma.
Anna Maria di Rolando del 1953, Presidente dell’ACTAS Associazione Cultura Turismo Arte Spettacolo di Tuscania.