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GOTTHILF HINTERMÀNN
professore di lingue orientali
(Strino 1925}
M
Nella piccola, chiesa, dell'Olivo,
In un angolo ittiolo, è scritto il nome
D'una donna ch'avea bionde le chiome, Gli
occhi lucenti come loco vivo.
Or se di lei quella beltà descrivo
Che feriva, il mio coro io non so come,
Tanto ai lacci d'amor s'è l'atto schivo
E ribellante ad esecrate some,
E’ quasi un inno alle catene infrante
Che lungo tempo tennero prigione
L'invitta ideo d' un'anima vagante.
Così le azzurre luci io già non piango
Atleta, mosso da nova tenzone!
Per me bene fuggito è vile fango.
(Tuscania…)
AD ELVIRA
Dica la mia canzon come t'amassi,
Meravigliosa stella,
Dai giorni della cuna ai primi passi
Di timida gazzella.
Tu fosti un raggio di benigno sole
Negli anni miei dolenti
E il dolce suono delle tue parole
Misteriosi concenti.
Nell'ore brune della mia tristezza,
Perchè cessasse il pianto,
Porsi al delirio della tua carezza.
Questo mio capo affranto.
Forse l'antiche genti ai cherubini
Redimiti di nimbi,
Diedero vita e fascini divini
Dal sorriso dei bimbi.
Dei mari e dell'arcano firmamento
Le serene faville
Danzano intorno a me se miro intento
Le tue vive pupille.
Ti vedano gli scettici sapienti,
T'amino come me
E la freddezza di pensose menti
Sarà scossa da te.
Maledissi la vita e i vani studi
E il mio strano ideale
E le morte stagioni e i giorni ignudi
Prima del tuo natale,
Ma quando il dolce riso al uovo aprile
Nella casa 'non mia,
Divina luce d'anima infantile
A noi si discopria,
Ruppe la gioia l'orride catene
Degli affanni segreti,
In rose convertisti le mie pene
E gli anni bruni in lieti.
Radiosa stella in plaga boreale
Fra i silenzi di morte,
Refrigerio di lido tropicale
A stremata coorte.
Or sei lontana e per la tua scarpina
Perduta fra i balocchi
Ad alti sensi l'anima s'inchina
E il pianto sale agli occhi.
NOVEMBER
Sul ciclo malinconico
Passano i corvi lenti,
Spira una brezza rigida
Tra lo foglie morenti
E dal lontano mare
L'ombra notturna pigramente appare.
Sopragiunge la tenebra,
Vedova misteriosa,
Ma nel suo grembo rorido
II mio cor non riposa.
Oh com'è triste l'ombra
Quand'una pena l'anima v'ingombra!
Tuscania 19
TRISTIÀ
(Alla Signorina Szapolinski )
Njie zabijl ja noci toi...
(canzone russa)
Era d'inverno, muggìa l'uragano
Scotendo i flutti del mare lontano
La mezzanotte era scorsa da poco.
Noi, muti, sedevamo accanto al foco
Quando mio padre, annaspando alla porta,
Gridò nel pianto: la piccola è morta!
Corsi gli oceani, le dune, le steppe,
Ma il core mio dimenticar non seppe
L'urlo che non avea nulla d'umano
Quando d'inverno maggia l'uragano…
NOTTE D' ASSIOLI
Gemeano gli assioli monotoni
E lievi stormiano gli ontani.
Per 1' umida notte di vani
Fantasmi correano gli aneliti.
Tu grave giungesti e si tacita,
Di veli così circonfusa
Che genio d'ellenica Musa
Credetti la candida immagine.
Nemica d' amori nottambuli,
Seguita da pallide larve,
La gelida luna comparve
Curiosa ira i rami degli alberi.
Con quale terribile spasimo,
Fanciulla, t' avessi aspettato,
Lo sa questo core malato
Congegno d'inutili palpiti.
Piangeano gli assioli monotoni
E tu ragionavi di nozze
Consorte alle femmine sozze
Che 1'oro trascina pei fornici.
0 donne, chi, dunque, sui talami
L' ambrosia di fascino arcano,
Racchiuso in un calice strano,
Vi spinse discinte a cospargere?
Chi, dunque, per miseri computi
L' ebrezze del candido seno,
Ministro di dolce veleno,
Cingeva d'ignobile vincolo?
Gemeano gli assioli sui ruderi
E 1'ombra sognata disparve;
Coi lazzi d'ironiche larve
M'udì sghignazzar la necropoli.
Tuscania, 12 Aprile.
FÀEMINA
Quand' aveva danaro
Soleva, dirgli caro;
Quando non possedea neppure un "fante"
Minacciava di darsi ad altro amante,
Quando lo vide carico di ferri
S' allegrò in volto ed abbracciò gli sgherri.
INNO A TUSCANIA
(All’Amico Cesetti)
Dolce terra gentile,
Quei che non t'ama è vile.
Fra le tue mille torri
Per cui d'ere compiute a me discorri,
Quali fati si schiusero la via,
Plaga serena e pia,
Quasi città natia]
Tebe con cento porte,
Vittrice del destino e della morte?
A te ridano gli anni
Mentre l'anima infrangono gli affanni
Pur, nel corrusco sole,
Maturando a tuoi boschi le viole.
Che giova a te il passato
Se la collina, il prato,
I festanti vigneti,
Le selve, gli uliveti
Or t'irradia la luna
Cacciando 1'ombre della notte bruna?
Dolce terra gentile,
Chi ti dispregia è vile:
A quei che te non vide
Luce d'arcani affetti non sorride. (1)
(1925)
(1) Egli improvvisò quest' inno una sera e — nota gentilezza
d'animo — dopo essere stato escluso dall'insegnamento del francese in
una Scuola privata qui costituitasi, lui che, al disopra di Pico della
Mirandola e di Cristina di Svevia, parla e scrive correttamente una
dozzina di lingue! (CESETTI )