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13. SVILUPPO DELL’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA; STRUTTURE ECONOMICHE, SOCIALI E URBANISTICHE NELLA PRIMA METÀ DEL XIV SECOLO.
Tra il 1320 e il 1340 gli organi che reggevano il Comune subirono qualche modificazione. Dopo la sostituzione dei "Sei del Popolo" con i "Tre Anteposti", come accennammo, anche questi ultimi lasciarono il posto al "Priorato", un organo collegiale formato dai "Cinque Priori del Popolo". Nel 1340, uno dei cinque ci appare designato come "Gonfaloniere del Popolo", mentre gli altri quattro hanno l’appellativo di "Priori Anziani del Comune".
Verso il 1345, i priori sono scesi a "tre" (uno per terziere) e si chiamano semplicemente "Anziani del Comune". Tale organo, composto dal "Gonfaloniere del Popolo" e i "Tre Anziani del Comune", rimarrà immutato per tutto il Medioevo.
Per le competenze del podestà non ci furono particolari variazioni: continuò ad essere la longa manus del Campidoglio (successivamente della Chiesa) in campo giudiziario e poliziesco. Qualche mutamento si verificò nella sua durata in carica: dal 1349, incominciò a ridursi, da un anno ad un semestre, prorogabile spesso nel semestre successivo.
L’evoluzione delle cariche comunali avvenne in un periodo in cui la situazione economica locale era alquanto precaria, ma è difficile rilevare i nessi e le relazioni nei vari mutamenti.
Tra i Consiglieri comunali appare netta la distinzione in "nobili" e "popolari"; questo non era solo il risultato di classi sociali in conflitto, ma piuttosto, meno eroicamente, era la distinzione che gli "Allibratori della Libbra del Catasto" effettuavano a scopo fiscale tra "grandi proprietari terrieri" e "piccoli artigiani".
L’economia cittadina, come nel secolo precedente, derivava principalmente dall’agricoltura e dall’allevamento. I boschi erano ricchi di cacciagione, ma la povera gente si cibava spesso di legumi, piccioni, tartarughe e lumache (sono ricchi di tali resti i "butti" medioevali).
L’artigianato e il commercio erano poco sviluppati: tra i banchieri si notano gli Ebrei.
Le entrate comunali derivavano principalmente dalla riscossione delle "gabelle", gestite direttamente dal Comune (nella persona del cancelliere), talvolta appaltate al miglior offerente.
Se le entrate erano discrete (ma sottoposte all’alea dell’andamento stagionale), le uscite erano sempre certe e sempre in aumento. Questo spiega le continue crisi, come quella del 1340, allorché il Comune si dovette "quasi vendere" a Matteo Orsini, che pagò tutti i debiti (circa 8.000 libbre di denari!), si impegnò a saldare i conti delle uscite ordinarie del Comune, relative ai successivi otto anni, ma pretese per sé tutte le fonti di entrata per lo stesso periodo di otto anni, (gabelle, pascoli ecc.) che il Comune avrebbe potuto percepire.
Sarebbe interessante sapere come andò a finire, perché Matteo lasciò quasi subito Tuscania e divenne signore di Orvieto, fino al 7 agosto 1345, quando cadde assassinato durante una passeggiata.
Quanto all’assetto urbanistico, Tuscania cominciava veramente a mutare volto.
Dicemmo già che i "quattro quartieri" furono ridotti a "tre terzieri", intorno al 1320. La cerchia muraria comunque rimaneva enorme, troppo lunga per essere difesa dagli abitanti, che, invece di aumentare, diminuivano. Se nel secolo XIII questi erano quattro o cinque mila, ora Tuscania poteva contare 3.000 abitanti scarsi, in lento, ma continuo regresso. L’abbandono del "quartiere della Civita" era ormai un fatto compiuto, nonostante che gli Statuti comunali concedessero immunità fiscali a chi vi andasse ad abitare stabilmente.
Nel frattempo cominciava a mutare aspetto l’esteso spazio verde, esistente nel "terziere dei Castelli", soprattutto nella fascia interna lungo le mura di cinta, da contrada Montàscide fino a contrada S. Pellegrino. Vi si incominciarono a costruire case, bilanciando l’abbandono della Civita: la nuova contrada prese anche un nome significativo: Borgo Nuovo, tanto che perfino la torre rotonda delle mura di cinta si cominciò ad identificare con il nome di torre di Borgo Nuovo. Era da poco sorta la chiesa collegiata di S. Maria della Rosa e fu ristrutturata quella parrocchiale di S. Marco.
Anche il perimetro delle mura venne ristretto: lasciando solo il semicerchio, che comprendeva i due terzieri di Poggio e dei Castelli (figura n. 9), il muro venne rotto (la zona ancora si chiama "Murrotto" o "Morrotto") lungo tutto l’altro semicerchio, tagliando completamente fuori la Civita e due ampie parti del quartiere di Valle (con la collegiata di S. Maria).
I due punti del semicerchio rimasto integro furono congiunti da un muro nuovo, che, opportunamente deviato, poté contenere il palazzo comunale del Rivellino e il Convento di S. Francesco[3] dentro la città. Questa nuova cerchia non fu mai più toccata e corrisponde a quella che ancora oggi si ammira (da Km. 4,700 scese a Km. 2,380).
[3] Il Convento di S. Francesco era stato fino al 1281 la chiesa di S. Giacomo Minore. In tale data il vescovo Filippo l’aveva donata ai Frati per trasferirvisi da un altro vecchio convento. Vicino S. Francesco era ubicata Chiesa di S. Maria della Pace.