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L’ORDINAMENTO AMMINISTRATIVO E GIUDIZIARIO.
Tenendo presente che le città nel Medioevo non furono mai molto popolose (basti pensare che Roma arrivava a 50.000 abitanti), Tuscania, con i suoi 5.000 abitanti scarsi, poteva ritenersi un centro discreto. Viterbo, nella metà del XIII secolo, ne raggiungeva, a malapena, il doppio.
Agli inizi del secolo, l’organizzazione comunale di Tuscania si presenta già perfetta e funzionante. Il podestà rappresentava la massima autorità comunale. Era sempre un forestiero, perché doveva essere al di sopra delle parti in lizza: i Guelfi e i Ghibellini. Era eletto dal "popolo" (la borghesia) e durava in carica un anno. Con un salario di circa 1.000 libbre di denari paparini (e altri proventi straordinari) doveva provvedere a sé e al suo seguito (due giudici, due notai, otto sbirri e quattro cavalli).
Era il responsabile della giustizia e dell’ordine pubblico, però controllava anche l’attività amministrativa, sebbene all’attività legislativa locale (le reformationes) provvedessero il Consiglio Generale (48 membri, 12 per quartiere) e il Consiglio Speciale (16 membri, 4 per quartiere), riuniti in seduta comune, nella Chiesa di S. Pietro o di S. Maria Maggiore.
Altre figure di funzionari minori completavano la struttura dell’Amministrazione comunale, ma non divergevano da quelli esistenti negli altri comuni duecenteschi (Camerlengo, Sindaco generale, Gastaldi, Cancelliere, ecc.).