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11. FAZIOLO DI VICO E GIOVANNI DI GUITTUCCIO DI BISENZO (1335).
Verso la metà del 1335 ci fu un improvviso quanto inatteso colpo di mano: il signore di Viterbo, Faziolo di Vico, e Giovanni da Bisenzo (il figlio di Guittuccio, morto da pochi anni) si impadronirono di. Tuscania.
Il Campidoglio sembrò lasciar correre. Non il rettore, Filippo di Cambarlhac, che scrisse al Papa. Benedetto XII mandò la solita, inutile lettera ai Tuscanesi.
Il rettore allora volle provare con la forza. Trattò con gli Orvietani per allestire un esercito; però Ermanno di Corrado Monaldeschi non ne volle sapere di urtarsi con Faziolo, e non si fece nulla.
Ci riprovò il nuovo rettore, Ugo d’Ogerio. Costui dapprima si limitò alle normali intimazioni; fece poi la voce grossa, ma, visti i risultati negativi, applicò l’interdetto scagliato un anno prima dal precedente pontefice contro Tuscania.
L’interdetto papale era una cosa seria: bloccava tutto, dalla vita religosa a quella economica e sociale. I Tuscanesi resistettero per ben otto mesi e, alla fine, riuscirono a scacciare Faziolo di Vico.
A Giovanni da Bisenzo, come figura di secondo piano, fu consentito di rimanere a Tuscania e preferì ritirarsi a Montebello e a conservare il suo dominio su Piansano, di cui era da tempo divenuto signore.