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Adone morente di Tarquinia

Anni precedenti > 2009 > Gen-Feb 2009

Si è chiusa il 6 gennaio scorso presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma la mostra Etruschi, le quattro metropoli del Lazio: Vejo, Vulci, Tarquinia e Cerveteri. Tra i reperti esposti anche il celebre sarcofago etrusco rappresentante l'Adone morente, scoperto a Tuscania nel 1832 in località Valvidone. Un vero e proprio capolavoro dell’arte etrusca -il simbolo dei rinvenimenti archeologici avvenuti sul nostro territorio- un reperto davvero straordinario al pari, se non superiore, agli stessi Cavalli alati di Tarquinia.
Il problema è che Tuscania non faceva parte della quattro metropoli quindi, per giustificare una così importante presenza, gli organizzatori hanno pensato bene di localizzare il ritrovamento del sarcofago direttamente a Tarquinia, alterando addirittura la data del suo rinvenimento.

La circostanza ha tratto in inganno il giornalista di un noto settimanale a tiratura nazionale che, di conseguenza, in uno dei numeri di novembre, non ha minimamente fatto cenno nel suo breve articolo alla nostra cittadina ma ha riportato quanto erroneamente descritto nella didascalia.

Un semplice errore? Sicuramente.
Il problema è che questi disguidi si sono però più volte ripetuti in passato e sempre a discapito del nostro patrimonio archeologico, ovvero una delle più straordinarie risorse economiche a disposizione dei tuscanesi, purtroppo non adeguatamente valorizzata.
Come si fa a far arrivare i turisti se le nostre necropoli rimangono chiuse (salvo alcune delle più famose aperte grazie all’opera di volontari?). Se l’acropoli di San Pietro (ricca di testimonianze proto-villanoviane, edifici etruschi, romani, una tomba longobarda, resti delle antiche mura medioevali, ecc) non è mai stata resa fruibile al pubblico (per non parlare delle due basiliche romaniche e del palazzo vescovile prima del sisma sede del museo civico di Tuscania)?

E ancora, se nessun progetto è stato finora avanzato per riportare alla luce l’intera area di Guado Cinto (ritenuta importantissima per comprendere a fondo la storia della Tuscania etrusca) compreso il suo collegamento con la necropoli dell’Olivo, quella dell’Ara del Tufo, la via Clodia e il tempio di Campo della Fiera?

Insomma, un vero e proprio tesoro rimasto inutilizzato sottoterra o dimenticato nei magazzini dei musei.
Si dice che nei momenti di crisi si sperimentano nuove strade e si investe su risorse alternative. Forse, anche per noi è davvero arrivato il momento di puntare dritti sui nostri beni più preziosi, ovvero archeologia, cultura, centro storico e tradizioni.

Giancarlo Guerra

 
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