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L’orologio di Poggio

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Il 1900 portò grandi cambiamenti a Tuscania. Nel primo decennio la popolazione era in crescita e iniziava a spostarsi fuori le mura cittadine, si sviluppava la zona di piazza S. Antonio ed era imminente la costruzione della nuova strada provinciale che avrebbe collegato efficacemente la cittadina alla vicina Viterbo. Piazza S. Antonio diventava un vero e proprio crocevia, ruolo che conserverà fino ai giorni nostri. Fu allora che la popolazione intera sentì il bisogno di mostrare la sua faccia migliore al traffico che l’attraversava con l’impianto di un orologio monumentale da installarsi sulla porta di torre di Lavello, l’attuale porta di Poggio. Un orologio che avrebbe mostrato l’ora ai viandanti quale segno d’ospitalità, un orologio, il secondo, visto che il primo, quello usato dalla cittadina fino ad allora, collocato sulla torre del Bargello aveva sempre svolto efficacemente il suo compito, che doveva servire per vezzo e per far mostra della crescente importanza del centro in grande fermento ed evoluzione. Fu così che nacque il progetto, portato a termine dall’amministrazione comunale, della costruzione dell’orologio della porta di Poggio, fu porta torre di Lavello. Il progetto fu affidato all’ing. Tosoni che nel 1914 ne stilava preventivo, per una spesa totale di £. 850,00, e caratteristiche architettoniche. L’orologio sarebbe stato collocato su una torretta da costruirsi sulla esistente porta, di fattura simile a questa così da non stonare con le mura cittadine, una torretta a base rettangolare, il cui fronte lungo 2,10 mt avrebbe dovuto ospitare il quadrante, anzi il doppio quadrante cosicché l’orologio avrebbe potuto essere ammirato sia da fuori che da dentro le mura, sia di giorno che di notte grazie all’illuminazione. C’era un problema: l’orologio avrebbe dovuto essere accessibile ad un operatore per la manutenzione e la carica. Tosoni ricavò un “pozzo” all’interno delle mura castellane, dove collocò una scala a pioli che avrebbe portato alla sommità della porta e dato accesso alla torretta. Mancava l’orologio. Furono interpellate le più famose orologerie d’Italia. La scelta si restrinse a due aziende: la Cesare Jemina di Mondovì Rinchiuso e la Gioielleria - Orologeria di Alessandro Giannotti in Roma che presentò un preventivo della Premiata fabbrica di orologi da torre. Fontana Cesare di Milano. La spuntò la Premiata fabbrica nazionale di orologi pubblici garantiti e parafulmini. Cesare Jemina, che presentò un preventivo di £. 465 contro le £. 548 dell’azienda di Milano. La Cesare Jemina era medaglia d’oro all’esposizione di Alba del 1903 ed aveva già riparato l’orologio della torre municipale del comune di Perugia nel 1912.  L’orologio sarebbe stato pagato a rate: la prima di £. 300 e la seconda, la rimanenza totale, a tre mesi dalla prima. Ora bisognava trovare i soldi. Il Comune si era prefissato di svolgere i lavori in economia, fu per questo che la scelta migliore parve destinare al progetto i fondi in avanzo dal capitolo per lo sgombro e nettezza urbana delle vie e delle piazze pubbliche, essendo deceduto uno spazzino in sopranumero e che per questo non richiedeva la sostituzione. La costruzione della torretta che avrebbe dovuto ospitare l’orologio fu affidata allo scalpellino Michelangelo Maffei e al muratore Nazzareno Marcoaldi, che il 30 luglio 1914 consegnarono alla città e al sindaco Alessandro Cesetti la tanto attesa e festeggiata opera. L’orologio avrebbe dovuto essere caricato manualmente ogni otto giorni. Da quel lontano 1914 furono tante le ore che segnò con famigliari rintocchi, salutando i passanti dall’alto della porta, assistendo ai mutamenti di un secolo veloce che cambiava il volto della cittadina rapidamente, fino alle 19.20 del 6 febbraio 1971. Fu su un 7 e su un 4 che si fermarono le sue lancette, la più corta, quella delle ore e la più lunga quella dei minuti. Tanti ricordano l’orologio di Porta di Poggio fermo su quell’ora fatale, tanti, anche chi non c’era, per averlo visto sulle decine di foto scattate a quel simbolo di un paese che in quell’ora si fermò colpito dal terribile terremoto che lo devastò. Un paese lacerato, immobile, fermo su quelle lancette che avevano segnato l’ultimo minuto di un passato che non c’era più e ignare aprivano la porta ad una Tuscania nuova, ad una Tuscania risorta verso il futuro, dove c’era ancora spazio per l’orologio sulla torre che perfettamente restaurato è ancora lì a dirci che il tempo non si ferma. Valeria Sebastiani Marco Quarantotti marcoevaleria@toscanella.it

 
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