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Secondo una recente inchiesta della rivista inglese Trace, il traffico d’arte è, dopo la droga, l’affare che rende di più alla malavita. Un traffico che, soprattutto se riguarda i reperti archeologici provenienti da scavi clandestini, è diventato un vero e proprio business internazionale gestito dalla criminalità che ha raggiunto cifre da capogiro.
L’ex comandante dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (Tpc), gen. Roberto Conforti, a tal proposito afferma che la cifra prodotta da questa filiera criminale ha raggiunto quota 84 milioni d'euro annui. L’apertura delle frontiere, inoltre, ha favorito il carattere transnazionale del traffico d’arte ed il saccheggio viene pianificato anche con la complicità di personaggi insospettabili legati a prestigiose case d’asta, oppure tramite siti internet specializzati che vendono all’asta beni trafugati.Ad oggi sono ben 2.700.000 i reperti rubati o scavati illecitamente dagli anni Sessanta e catalogati dal reparto operativo dei Carabinieri dei quali quasi la metà provengono da siti archeologici.
Questo fenomeno continua ad avere contorni preoccupanti nonostante l’impegno profuso dagli organi preposti (Carabinieri e Guardia di Finanza ) nell’ultimo biennio, e i dati elaborati dal Tpc infatti non sono per nulla incoraggianti se è vero che gli scavi clandestini hanno registrato solo una lieve flessione del 4,16 per cento in meno rispetto al 2006 mentre continua a rimanere pressoché invariato il numero delle persone denunciate.
I risultati positivi tuttavia non mancano: solo nel 2007, ad esempio, sono stati recuperati oltre 40.000 reperti archeologici destinati al mercato illegale, dove sono gli Stati Uniti ad essere i maggiori referenti con una quota di mercato pari al 40 per cento. Non possiamo però dimenticarci delle ingenti quantità di manufatti antichi che svaniscono nel nulla per riapparire poi in qualche lontano museo o nella collezione privata del miliardario di turno.L’archeologia rubata fa mostra di sé nei più famosi Musei del mondo anche se ultimamente sono iniziate delle rogatorie internazionali che hanno costretto vari musei d’oltreoceano a dotarsi di un codice deontologico per non acquistare più oggetti di dubbia provenienza.
Ad essere colpita maggiormente da questo fenomeno è naturalmente l’Italia, campo d’azione di schiere di tombaroli che imperterriti continuano a saccheggiare centinaia di tombe, ville e antichi insediamenti devastando siti importanti e procurando un danno irreparabile per la conoscenza della nostra civiltà, delle nostre radici storiche e culturali. Le regioni più colpite sono la Sicilia, la Puglia e naturalmente il Lazio dove nacque e si sviluppò la civiltà etrusca e dove, soprattutto nel nostro territori, vi è una fitta presenza di necropoli e vestigia etrusco-romane.
Dal colossale giro d'affari illegali ovviamente sono stati inghiottiti anche migliaia di reperti strappati alle necropoli tuscanesi, comprendenti vasellame, ori, argenti , bronzi, monete, sarcofagi e terrecotte architettoniche, e dei quali per larghissima parte non sapremo mai più nulla poichè risulta sempre più difficile riuscire a rintracciare documenti e foto di reperti legati al nome della nostra città (come nel caso descritto nel box a lato).L’intensa attività del Tpc, secondo il suo nuovo comandante generale Giovanni Nistri, porterà a breve notevoli frutti in quanto l’aumento dei controlli delle aree archeologiche e di certe attività commerciali, quali mostre, mercati d’antiquariato e sui cataloghi delle più importanti case d’asta, anche on-line, dovrebbe garantire un efficace filtro teso a scoraggiare il saccheggio archeologico.Tuttavia, ad oggi, lo sterminato elenco di desaparecidos dell’arte antica continua ad avere proporzioni agghiaccianti se è vero che nella banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti siamo arrivati all’iperbolica cifra di 3.900.000 oggetti segnalati.
Riccardo Fioretti