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Se per venti anni ho giocato a rugby lo devo proprio a lui, a Renato Fioravanti. Ho avuto, come tantissimi altri miei coetanei dagli anni ‘60 agli anni ‘80, la fortuna di averlo come insegnante prima alle medie e poi alle superiori ed è strano che, in tutti quegli anni, non ci abbia mai parlato della sua straordinaria carriera di calciatore (vedi articolo a pag. 2) né tantomeno ci abbia mai fatto tirare un solo calcio ad un pallone durante le ore di lezione. Con lui ho praticato tutti gli sport cosiddetti “minori”. Dalla pallavvolo al lancio del peso, dal basket alla pallammano solo per citarne alcuni. A testimoniare il suo amore per lo sport in genere e, naturalmente, la sua grande competenza in una molteplice varietà di discipline. Quando in questi ultimi anni ci si incontrava per strada mi domandava sempre: “A Gue’ come va col rugby” ed io a spiegargli i motivi di esaltanti vittorie e cocenti sconfitte.Mai avrei immaginato di vederlo, una domenica pomeriggio assieme alla moglie, sugli spalti del Sandro Quatrini (il campo da rugby di Viterbo) venuto da Tuscania solo per vedermi giocare: per me una delle più grandi soddisfazioni della mia carriera!Non amava la parte del protagonista, e certo che di consigli utili ne avrebbe potuti dare al calcio tuscanese.?Anzi, dopo avermi concesso l’intervista mi pregò di non pubblicarla fino a che lui fosse stato in vita: purtroppo quel momento è arrivato. Ora, grazie a Toscanella.it si stanno raccogliendo firme per intitolargli lo stadio dell’Olivo. Non penso che a chi compete la decisione possa fare altrimenti. Renato Fioravanti, bomber di razza e vero educatore, merita questo e altro.