Il Prataccio - Toscanella - Il blog dei tuscanesi

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Il Prataccio

Luoghi di Tuscania

IL PRATACCIO

Così era chiamata quella zona adiacente le mura urbane dove oggi ci sono l’edificio scolastico, il giardino e Viale Trieste. Fino al 1822 era una zona adibita a pascolo e pressoché deserta, ma proprio nel 1822 divenne oggetto di una lunga ed estenuante trattativa tra i rappresentanti dell’Amministrazione cittadina da una parte a l’Arcipretura della Cattedrale dall’altra per il trasferimento del Campo della Fiera.

L’antica sede della Fiera tra le località Guadocinto, Olivo e Piastrella era ritenuta ormai troppo distante dal paese e gli amministratori del Comune realizzarono proprio nel 1822 un progetto confacente alle esigenze del momento che promuoveva a pieni voti il terreno del Prataccio quale nuova area della manifestazione. Ma, ironia della sorte – oggi come allora- ogni buona proposta era destinata a superare mille ostacoli prima di avere successo.

Il Campo del Prataccio era un Luogo Pio, cioè un bene ecclesiastico gestito in parte dal Capitolo di San Giacomo e in parte dalla Confraternita di San Giovanni Decollato. I canonici della collegiata, con lettera, datata 27 luglio 1822, sconsigliarono vivamente il Comune di procedere nell’affare, perché il valore della tenuta del Prataccio, secondo l’estimo catastale, ammontava a 1558 scudi, una somma troppo elevata rispetto ai 570 scudi provenienti dalla vendita dell’antico Campo della Fiera. La fase di stallo, che puntualmente si venne a creare, durò sino al 4 febbraio del 1823. Il Comune questa volta propose al Capitolo di prendere in affitto il fondo del Prataccio a canone perpetuo. Il Priore della Collegiata in un primo momento replicò al Gonfaloniere l’ennesimo rifiuto ad un accordo, giacché considerava sprecato l’utilizzo del Prataccio per il solo avvenimento della Fiera.

Quando poi le garanzie economiche del Comune divennero allettanti, tutto il Capitolo della Cattedrale approvò l’idea di concedere l’appezzamento del Prataccio in enfiteusi; a questo punto per stipulare il contratto mancava soltanto il Beneplacito Apostolico, che giunse dopo ben quattro anni, l’8 maggio del 1827 e il governatore Giuseppe Sgambella poté finalmente emanare la seguente notificazione: "Essendosi cambiato il locale della pubblica Fiera, che in ogni anno ricorre in questa città nel giorno dieci del corrente maggio, è stabilito fuori delle sue porte superiori della città medesima, nel sito detto il Prataccio, campi contigui del seminario e dell’Arcipretura nonché il pezzetto di terra a limite della strada per Piansano e parte della piazza Sant’Antonio che verrà disegnata con staccionata…"

I canonici credettero di aver fatto un affare con l’affitto perpetuo di quel Luogo Pio, ma 44 anni dopo dovettero fare i conti con gli eventi storici che decretarono l’annessione del Lazio al Regno Sabaudo. La legge delle Guarentigie, emanata dal Parlamento del Regno d’Italia il 13 maggio 1871, concedeva una serie di garanzie alla Chiesa di Roma, riconoscendo la piena libertà di esercizio dei poteri spirituali e stabiliva il passaggio allo Stato di gran parte dei beni ecclesiastici. Nel quadro di questi provvedimenti il Comune divenne proprietario del fondo del Prataccio.

I vantaggi procurati dallo spostamento della Fiera non finirono qui: il bestiame proveniente dai paesi limitrofi, per essere messo in vendita, dal 1827 percorreva un tragitto differente per arrivare alla sede della fiera. Per raggiungere il Prataccio gli armenti transitavano la strada della Cartiera, poi tagliavano la strada di Santa Maria, Via del Comune, via Rivellino, Via Sette Cannelle, Via della Lupa, Via Torre di Lavello e infine Via Roma. Molti tuscanesi, che abitavano queste contrade e che vivevano sull’orlo della povertà, giudicarono il nuovo transito come una benedizione piovuta dal cielo. Il motivo? Quando un agnello sfuggiva alla vista del pastore e si sporgeva, spinto dalla curiosità, nelle porte delle cantine, gran parte delle volte terminava l’imprudente avventura cucinato arrosto.

 
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