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Il seminario era stato fondato dal cardinale Antonio Gabriele Severoli nel 1816 ed era stato dotato dallo stesso porporato di una cospicua biblioteca. L’erezione dell’istituto si era resa possibile in seguito alla soppressione napoleonica degli ordini religiosi e alla successiva restaurazione dello stato Pontificio. Per iniziativa del clero locale era stata avanzata richiesta alla Santa Sede affinché la chiesa, il convento e i beni già appartenenti agli Agostiniani fossero concessi per l’istituzione di un seminario.
La domanda ebbe esito favorevole con un rescritto pontificio del 4 novembre 1814, al quale seguì un breve di Pio VII, emesso il 29 Agosto 1815 e reso esecutorio con un decreto del cardinale Severoli del 15 novembre 1816. A titolo di indennizzo veniva imposto di versare agli Agostiniani dieci scudi annui. I compiti di direzione e di insegnamento nel nuovo seminario rimasero affidati totalmente ai sacerdoti locali fino al 1861, quando il vescovo cardinale Gaetano Bedini conferì l’incarico di maestro di retorica a un padre gesuita che nell’anno successivo fu nominato rettore. In seguito furono chiamati altri padri gesuiti per l’insegnamento delle materie filosofiche e teologiche.
Il 15 agosto 1863 i Gesuiti unirono al seminario un convitto che rimase aperto fino al 1868 quando i religiosi lasciarono Tuscania per trasferirsi nel seminario di Viterbo in seguito all’invito ricevuto dal vescovo cardinale Matteo Eustachio Gonella. Nel 1870 la Giunta municipale, arrogandosi diritti sovrani, decretò l’appartenenza al Comune di tutte le proprietà del seminario. L’istituto, privo di mezzi, rimase chiuso per due anni e fu necessario ricorrere a vie legali per il recupero dei beni perduti. Fu così ottenuta la revoca della deliberazione della Giunta, ma alcuni possedimenti furono indemaniati e vennero posti all’asta con decreto del 3 novembre 1881. Nel 1879 ebbe inizio la villeggiatura estiva del seminario nel convento domenicano della Quercia a Viterbo.
Al tempo del vescovo Giovanni Battista Paolucci fu scelto per il soggiorno estivo prima il palazzo del conte Carlo Macchi a Capodimonte, e poi palazzo Balicchi, sito nella stessa località in piazza della Rocca. Lo stesso vescovo Paolucci dopo la visita pastorale del 1881 emise una serie di decreti riguardanti l’amministrazione dei beni del seminario con la raccomandazione di metterli subito in atto per promuovere maggiormente gli interessi dell’istituto che era la vera sorgente del benessere religioso e sociale e la gloria della città.
Il vescovo Antonio Maria Grasselli fin dall’inizio del suo episcopato pose tutto l’impegno affinché fossero incrementati nel seminario lo studio, la formazione religiosa e la disciplina. Nella relazione inviata a Roma dopo al sua seconda visita pastorale egli annotava che nel seminario erano frequentate le classi elementari e ginnasiali ma mancavano gli studi filosofici e teologici. Nella relazione inviata dal rettore, canonico Lodovico Campanari al vescovo Emidio Trenta in preparazione alla sua prima Visita pastorale furono elencati 14 alunni: 7 di Tuscania, 2 Tarquinia, 2 di Arlena, 1 di Allumiere, 1 di Civitavecchia e 1 di Mentana. Tra le funzioni celebrate nella chiesa di Sant’Agostino, affidata al seminario, venivano annotati il triduo alla Madonna del Carmine e la messa con la benedizione delle vesti e del pane nel giorno di San Nicola.
Nel 1928 il Vescovo Emidio Trenta, dovendosi procedere ad una organizzazione unitaria dei piccoli seminari dell’Alto Lazio, soppresse il seminario di Tuscania e lo unì a quello di Viterbo.