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IL TEATRO COMUNALE
Durante il XIII secolo, nel luogo oggi occupato dal teatro comunale, sorgeva il palazzo del nobile Paolo Romei; alla sua morte passò ai figli tra i quali la storia ricorda Angelo detto Voccacepolla. Costui fu condannato per eresia dall’inquisitore della provincia romana, Fra Bartolomeo da Amelia, e si vide confiscare tutti i suoi beni, palazzo compreso, che furono poi venduti.
Gli amministratori del Comune di Tuscania, che risiedevano nel Rivellino, destinarono il palazzo a residenza pro-
Ridotta ad un moncone di circa 8/10 metri a causa del terremoto, nella prima metà del 700 la torre fu ricostruita e con i suoi 45 metri di altezza era ben visibile da ogni angolo della città. Successivamente la residenza del podestà venne trasferita in altre sedi, fino a quella definitiva del palazzo Mansanti attuale liceo scientifico e l’ex palazzo Romei verso la metà del 700 venne trasformato in teatro comunale, seppur con la sola platea. Nella seduta consiliare del 5 febbraio del 1792 il gonfaloniere e i due anziani sottoposero all’attenzione dei consiglieri la realizzazione dei palchetti in legno nel teatro comunale.
I Palchetti sono troppo necessari – recita il secondo punto all’ordine del giorno. Quando i tre del magistrato (gonfaloniere e due anziani) nonché gli altri dell’Ordine nobile civico, si recano a teatro non riescono a trovarsi a loro agio perché in platea devono stare tutti intruppati con la gente anche più vile, che parla sfacciatamente e senza riguardi.
I 9 scudi e i 60 baiocchi necessari vennero stornati dal denaro accantonato per le feste popolari dei Santi Martiri; il Consiglio decise all’unanimità di sopprimere la corsa agli anelli. In questo modo gli illustrissimi domini annullarono per sempre una corsa di cavalli (Il cursus ad anulos documentato fin dal XV secolo) che tanto affascinava il popolo tuscanese e che tante liti provocava tra i concorrenti in lizza.
I palchetti vennero rifatti o ristrutturati nella seconda metà dell’800. Erano in legno di colore avorio con decorazioni floreali in oro simili a quelli del teatro dell’Unione di Viterbo. In molte delibere di fine ottocento si possono leggere i nomi dei cittadini che contribuirono alla realizzazione divenendone titolari.
Numerose opere liriche e teatrali di successo furono rappresentate da compagnie locali e nazionali dalla fine dell’800 alla seconda guerra mondiale.
Nella primavera del 1944 la torre del Bargello subì i cannoneggiamenti degli alleati che incalzavano i tedeschi in ritirata. Dopo la fine del conflitto il teatro continuò a funzionare prevalentemente come cinematografo, affidato alla famiglia Vigna, proveniente da Nichelino (TO). Le cannonate alleate, l’innesto male attuato sul moncone settecentesco le infiltrazioni di acqua sono da vedere come le concause che, il 19 agosto del 1954 provocarono il crollo della torre. Il giorno prima qualcuno notò che i numerosissimi piccioni insediati da sempre nelle buche pontaie della torre erano completamente spariti ma non dette importanza al fenomeno. Il giorno successivo un giovane verso le 14 mentre passava sotto la torre vide cadere alcuni conci di tufo.
Avvisato il signor Severo, messo comunale, questi ne dette comunicazione alle autorità. L’ingegner Centolani, insieme ad altri tecnici ed amministratori eseguì un sopralluogo a seguito del quale venne ordinato l’immediato sgombero delle case circostanti.
Alle 17 la torre crollava con un cupo boato in una nuvola di polvere distruggendo completamente il teatro.
Trascorsero diversi anni prima che l’incarico di progettare il nuovo teatro venisse assegnato all’ing.Franco Bartocchi. Il progetto venne realizzato. L’inaugurazione fu programmata per il 6 febbraio del 1971, ma in quella stessa sera alle 19,09 la scossa sismica trasformò il teatro in un luogo di desolazione destinato ad accogliere le salme dei primi morti scavati dalla macerie.
Negli anni successivi anche il teatro fu restaurato e cominciò a funzionare. Per iniziativa del maresciallo della resistenza Gino Rossi, il comune decise di dedicarlo ad un martire delle fosse Ardeatine, romano ma operante nella banda di Tuscania, Armando Ottaviano. Il teatro venne inaugurato con la Medea di Euripide, per la regia di Franco Enriquez e protagoniste le attrice Valeria Moriconi e Maria Carta.
Compagnie note e meno note si sono susseguite fin dall’inizio degli anni 80 quando una nuova legge sulle norme di sicurezza da attuare nei locali pubblici rese praticamente inutilizzabile il teatro. Finalmente riaperto il nome del nuovo teatro intende rievocare l’antico palazzo Comunale del Rivellino, come espressione della continuità dei cittadini tra passato e presente, ieri raccolti nella casa comune del Rivellino per la difesa delle libertà comunali oggi per intraprendere insieme la strada che conduce all’Europa.