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L'OCCHIALINO (di Alfredo Stendardi)
Faceva di cognome Onofri, discendeva da una nobile famiglia, aveva un fratello sacerdote. Portava due occhiali con le lenti tanto spesse che sembravano due fondi di bicchieri. Era una persona alta, dai capelli lunghi; il suo portamento era austero, con tanto di bastone e vestiva sempre di scuro. Aveva studiato, ma non aveva mai preso un diploma e si adattava a fare quello che oggi si dice un commercialista. In un tempo in cui molta gente era analfabeta scriveva lettere, domande e faceva discorsi.
E memorabili sono stati i suoi discorsi al cimitero: lui si accodava sempre ai funerali e quando la bara si fermava davanti all’ingresso del Camposanto, qualche familiare gli si avvicinava e gli diceva se voleva dire due parole; allora l’Occhialino rispondeva: "Volete un discorso da cinque, da dieci o da quindici lire?" – Con cinque lire il trapassato poteva raggiungere il purgatorio; con dieci era un’anima per il paradiso; con quindici poi, anche se aveva condotto una vita scellerata diventava un uomo probo, onesto, morigerato, grande padre di famiglia e, se aveva fatto la guerra del 15-
E mentre i familiari si struggevano in lacrime, il trapassato, nella bara, si sbudellava dalle risa a sentire tutte quelle fregnacce. Il nostro Occhialino era anche un accanito giocatore di carte, frequentatore allora del Bar Nardi, in piazza San Marco e aveva spesso come avversario il cavalier Marcoaldi, cavaliere con tanto di croce, detto Perazzolone, per la sua bassa statura e per la sua obesità.
Una volta, avendo perduto diverse partite a carte con il cavaliere, fu oggetto di salate invettive. Allora l’Occhialino rispose: -