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La guerra procede a rilento; si invoca il Tartaglia

Contratto di condotta
Dopo tali rapidi successi, però, le truppe senesi di Ranuccio Farnese, si accamparono fra Sorano, difesa dal conte Guido Orsini, e Pitigliano, dove era accorso il fratello, il conte Nicola, evaso rocambolescamente dal carcere di Orte[46], dove, come si ricorderà, l’aveva fatto rinchiudere il Tartaglia.

Il capitano generale Ranuccio Farnese tentò qualche assalto, limitandosi a mantenere isolate le due città e a fare in modo che i contadini non potessero uscire a vendemmiare, ma senza risultati concreti, per cui, alla fine, decise che sarebbe stato preferibile attendere i promessi rinforzi del Tartaglia.

Invece, i pensieri del Tartaglia erano rivolti altrove e si prese ancora del tempo dopo le nuove richieste: si dovette scusare perché, essendo Braccio partito per la guerra contro i Malatesta, era costretto a stare attento all'evolversi della situazione dentro Roma, pronto ad intervenire, qualora avesse avuto sentore di movimenti sfavorevoli sia per lui che per l'amico Braccio ancora assente.

Per sapere come stessero procedendo le cose a Roma, rimando al § 33 dell'Introduzione, dove abbiamo visto che si inasprivano i rapporti tra i due cardinali, l'Isolani e lo Stefaneschi. Il Tartaglia venne coinvolto al punto che il 14 settembre dovette recarsi a Sutri per le trattative con il card. Stefaneschi: per questo cercava di prendere tempo prima di entrare in guerra contro gli Orsini.

Qualche giorno prima di partire per Sutri, viste le insistenze dei Senesi, mandò al campo di Ranuccio Farnese 100 cavalieri condotti dal suo cancelliere ser Giacomo da Orvieto, avvertendo la Signoria di Siena che "tornato che sirà da Roma, si bisognarà, personalmente verrà con tutta la compagnia per multiplicatione della magnificentia vostra et della vostra Comunità di Siena"[47]. I Priori della Signoria rimasero male, ma dovettero rimanere in attesa del ritorno del Tartaglia.

Dopo due giorni di colloqui, il capitolato era compilato e firmato dal Tartaglia e dal card. Stefaneschi, per cui se ne ritornò a Tuscania con la conferma dei suoi titoli: "per la sancta Romana Ecclesia et futuro sommo pontefice, capitano et rectore dello Patrimonio et terre, de special commissione", ricevendo anche uno stipendio considerevole per l'ufficio ricoperto[48]. 
 
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