Ma intanto non era vero che tutto filava liscio e corretto. Gli uomini del Tartaglia avevano rubato a Capalbio 200 porci e poi li avevano condotti a Castro. A farli rubare era stato proprio il capitano del Tartaglia di stanza a Castro, il Grasso da San Lupidio, che li aveva addirittura portati a vendere dentro Pitigliano (nella tana del nemico!); il 27 novembre, i Senesi imposero al Tartaglia di recuperare i 200 maiali e farli riconsegnare ai proprietari di Capalbio. Naturalmente i Senesi si scusarono con il Tartaglia per l’incidente, e ci tennero a precisargli la loro ferma convinzione che lui fosse completamente estraneo a questi comportamenti scorretti[55].
Comunque, fossero convinti anche del contrario, i Senesi ci tenevano al Tartaglia e, affinché egli non pensasse diversamente, pochi giorni dopo gli fecero sapere di aver deliberato un dono da consegnargli per la prossima Pasqua 1417 (cioè per l’11 aprile): un regalo di ben 1.400 fiorini, "per un beveraggio per la vostra compagnia" da riscuotere così: gli mandavano subito una lettera di cambio (oggi potremmo dire: un assegno bancario) di 500 fiorini, in oro, da riscuotere a Viterbo; gliene mandavano poi altri 500 in grossi (alla valuta di 1 grosso= 15 fiorini, cioè 33 grossi e 1/3 di grosso); avrebbero consegnato il resto (400 fiorini) al suo cancelliere ser Giacomo da Orvieto. Gli aggiungevano, però, (quasi un velato rimprovero) di essere stufi del comportamento tracotante del Grasso da San Lupidio e gli chiedevano che lo trasferisse da Castro, mandandolo a controllare un altro luogo non coinvolto dalla guerra. Era il 16 dicembre 1416[56].