Dopo il colpo di mano di Siena, la guerra con il conte Bertoldo sembrò ristagnare. Fu proprio in questo periodo che il Tartaglia, di stanza a Perugia in nome di Re Ladislao, si ripresentò verso la bassa Toscana e riuscì ad occupare metà del castello Radicofani (9 gennaio 1411) e saccheggiare Corsignano, Monticchiello e S. Quirico d’Orcia[15]. Tartaglia si trovò così a possedere Radicofani in comproprietà con messer Vanni Piccolomini.
Quattro mesi dopo (6 maggio), considerando anche i buoni rapporti che Tartaglia manteneva sempre con Siena, nonostante tutto, decise di venderle Radicofani per 8.000 fiorini[16]. Questo fu certamente un gesto, grazie al quale l'amicizia tra la Signoria ed il Tartaglia produsse buoni effetti e si rinsaldò enormemente.
La pace di S. Felice del 17 giugno 1412, stipulata tra il papa pisano Giovanni XXIII ed il Re Ladislao, comprese anche Firenze e Siena (Introduzione, § 13)[17], come pure il conte Bertoldo, ma questi si sentiva troppo danneggiato dalla perdita di Sovana, per cui si rifiutò di ratificare la pace e continuò la sua guerra contro Siena. Verso la fine dell'anno papa Giovanni, invece, riuscì a concludere una tregua per un anno tra Siena ed il conte[18].
Quando Ladislao tornò minaccioso nell'estate del 1413 e vide che Siena e Firenze si erano unite alla Lega[19] formatasi contro di lui (Introduzione, §§ 15-16), chiese l'aiuto militare al conte Bertoldo Orsini contro Siena, ma questi rifiutò non tanto per non infrangere la tregua, quanto piuttosto perché il suo coinvolgimento avrebbe significato porsi anche contro Firenze, azione che egli non si sarebbe mai sentito di compiere. Per questo "tradimento", Ladislao lo fece catturare e lo condusse prigioniero con lui[20], quando lasciò Roma per rientrare a Napoli, il 1° luglio, trascinandosi dietro i 600 ostaggi romani (Introduzione, § 17)[21].