Intanto la guerra dei Senesi contro gli Orsini, già quasi bloccata sotto Pitigliano e Sorano, cominciò a ristagnare e, verso la fine di settembre 1416, l’esercito si ridusse alle stanze, cioè alla completa inattività: Giovannetto d’Acquasparta era stato addirittura catturato in un’imboscata; Ranuccio Farnese risiedeva a Sovana, ma non andava d’accordo con uno dei due commissari, Giacomo Massaini, e chiese di essere trasferito a Manciano; da Pitigliano assediata uscivano intere famiglie sotto il naso degli assedianti ed andavano a rifugiarsi a Castro, città compresa nei territori governati dal Tartaglia e retta da un suo capitano, il Grasso da San Lupidio; qualche capitano senese si permetteva di prendere iniziative di proprio arbitro, che fallivano regolarmente con spese e danni per Siena; e tanti altri episodi che per brevità ometto[49].
A questo punto, i Priori della Signoria non se la sentirono più di sopportare tanta incapacità e si rivolsero ancora una volta al Tartaglia, pregandolo di intervenire con decisione, una volta per tutte.
Il 26 ottobre gli furono inviati Nicolaccio di Teroccio e Cristoforo di Andrea per indurlo finalmente a prendere parte attiva alla guerra, promettendogli il mutuo di qualsiasi quantità di fiorini che gli fosse stata necessaria[50].