Per quanto riguardava l'entrata in guerra, però, il Tartaglia continuava a tergiversare con delle scuse, tanto che i Senesi se ne lamentarono con il commissario Paolo di Giovanni Landi, invitandolo a recarsi subito presso il capitano per sollecitarlo a mostrare più celerità nei preparativi[58].
Non possiamo dire quanta efficacia avessero sul Tartaglia le sollecitazioni e le rimostranze dei Senesi, anche se fatte con parole cerimoniose e garbate; però sappiamo che il 15 gennaio 1417 essi tornavano alla carica con il "magnifico capitano, fratello e compare loro carissimo", ad avvisarlo che alcuni invidiosi avrebbero voluto che i Priori della Signoria di Siena gli togliessero la condotta, ma essi dichiararono di avere tanta, tantissima fiducia in lui che non cedevano ai pettegolezzi delle male lingue e lo confermavano nella condotta, pregandolo, però, "che non usi ancora longhezza o negligentia". Come ultimo, piccolo rimprovero gli comunicavano che il Grasso da San Lupidio, dopo nemmeno un mese di assenza, si trovava di nuovo a Castro e continuava a compiere le prepotenze alle quali era abituato: Vedesse un po’ il Tartaglia, se fosse il caso, di prendere provvedimenti seri verso il Grasso, una volta per tutte[59].
Riteniamo che i Senesi, per il momento, non ottenessero nulla di concreto, anche perché, un mese dopo, invitavano il capitano generale dell’esercito, Ranuccio Farnese, a scrivere ancora al Tartaglia per sollecitarlo a prendere parte alle operazioni militari con tutta la sua compagnia[60].
Ometto di riportare le numerose analoghe lamentele da parte dei Senesi. Accenno appena ad alcune, come quella relativa ai 200 porci fatti rubare a Capalbio dal Grasso, alla fine di novembre 1416; ebbene, quei porci, a metà febbraio 1417 non erano stati ancora restituiti[61]. Un’altra lamentela ci fu il 18 febbraio, perché alcune famiglie di Pitigliano (la nemica Pitigliano!) avevano chiesto al Tartaglia di potersi stabilire per sempre a Tuscania. Il Tartaglia non aveva nulla in contrario, ma, per correttezza, voleva che l'idea fosse condivisa anche dai Senesi, soprattutto perché tali famiglie dovevano lasciare Pitigliano assediata ed attraversare le file nemiche dei soldati senesi.
I Priori della Signoria risposero il 18 febbraio, rifiutando energicamente: sostenevano che l’idea di lasciar partire quelle famiglie da Pitigliano per andare a vivere a Tuscania era scaturita certamente dalla mente perfida del conte Nicola Orsini "per levarsi da dosso - spiegavano i Senesi al Tartaglia - le genti disùtili, et coll’altre rimanere rifornito di vectovaglie, per mantenersi più tempo et attendere a’ nostri danni". In sostanza, secondo i Senesi, il conte Nicola architettava tutta l'operazione "trasferimento di famiglie povere da Pitigliano a Tuscania" per evitare che, a causa della fame, scaturissero sommosse interne a Pitigliano, "perché, come scrivono i savi, el popolo digiuno non sa temere" e non ha certamente paura di scatenare una rivoluzione![62]