In quello scorcio d'estate 1416, Tartaglia fu costretto a combattere contro alcuni signorotti della Valle del Tevere, ma quasi subito ritenne opportuno stabilire con essi una tregua fino a Natale 1416, perché comprese che nuovi impegni lo avrebbero chiamato a Roma; quindi preferì tornarsene a Tuscania, da dove poteva controllare meglio gli sviluppi politici romani, non sempre prevedibili.
Quando i Senesi seppero di questa tregua, il 12 agosto 1416 chiesero al Tartaglia la sua disponibilità ad accettare un contratto di condotta per muovere guerra al conte Bertoldo e a suo figlio Guido (Nicola era ancora in carcere ad Orte)[36]. Tartaglia, dovendo rimanere inoperoso a Tuscania, accettò l’incarico, anzi consigliò loro di iniziare subito le operazioni preliminari di guerra, ché presto sarebbe arrivato anche lui in quel di Pitigliano e di Sorano[37].
Il procuratore del Tartaglia, ser Giacomo di Antonio da Orvieto, chiese subito ai Priori della Signoria di Siena un mutuo di tre-quattro mila fiorini per i preparativi. Gliene vennero accordati solo 2000[38].
I Senesi, il 16 agosto, affidarono il comando dell’esercito a Ranuccio Farnese[39], sul conto del quale non ho trovato elementi per poterne valutare la personalità, ma, dalla documentazione reperita presso l'Archivio di Stato di Siena, mi sembra di poter affermare che la sua azione sia stata per nulla incisiva, paragonabile a quella che può offrire un uomo mediocre, certamente non all'altezza del titolo di capitano generale, di cui i Senesi l'avevano investito, anche se la sua autorità veniva assai ridimensionata dal fatto che la Signoria gli affiancava ufficialmente due commissari, che, a loro volta, prendevano ordini da Siena, e a costoro Ranuccio Farnese doveva ubbidire.